“Ultimi canti da Shangri-La” del giornalista  Luigi Mamone

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E’ il tema del viaggio , elevato a paradigma della vita,  il filo conduttore delle liriche  che il giornalista Luigi Mamone ha raccolto  nel volume “ Ultimi canti da Shangri-La”   edito da Città del Sole e che sta riscuotendo  ampio  gradimento  dai lettori e aperti consensi della più qualificata critica. Luigi Mamone propone in un affabulante mix fra storia, cronaca, memorie e momenti certamente personali tratti dal proprio intenso vissuto   il tema di un viaggio, attraverso il tempo e la storia.Il viaggio, di un viandante sulla scena della vita diviene così pertanto il paradigma stesso della vita, fatta di sogni, speranze, illusioni delusioni, vittorie e sconfitte, l’ultima della quale, la “sconfitta finale” è quella della vita che finisce o della morte che trionfa sulla vita,  ma che il poeta grazie alla forza di versi “ graffiti con forza nella roccia”  esorcizza e lascia  così alle future    generazioni  traccia della propria vita e della vita di quel mondo in cui è stato “viandante pellegrino con la bisaccia  dei sogni sulle spalle e i calzari consunti”, quasi con un subliminale richiamo alla poetica ungarettiana  del ricordo, la celebre lirica  dedicata da Ungaretti  all’amico   Mohammed Shoab morto suicida e che  grazie ai versi  Ungaretti restituisce a vita eterna . Pienamente calato  in una dimensione  cosmica della vita e del mondo, Mamone  diviene  testimone e  spettatore di quanto  avviene nel villaggio galattico, percorrendo  un lungo arco temporale  a cavallo fra il vecchio e l’attuale secolo.  Un affascinante viaggio che vede sempre e comunque la Calabria, terra natale del poeta,  al centro del suo cosmo.  Il fascino della Calabria, intrisa  di storia magno greca, bizantina, normanna e spagnola,  fra abetaie, selve, valli aspromontane dove  risuonano  echi lontani di zufoli e nenie che improvvisamente si confondono con l’eco del boato delle bombe che in Kossovo sul finire del secolo straziarono vite innocenti nella reviviscenza di barbarie incomprensibili diviene un  grande canto d’amore verso una terra che forse troppo spesso si è trovata genuflessa, tradita, violentata ma sempre capace di rispondere alle ingiurie del tempo e degli uomini  con la dignità  che deriva dalla forza di una storia millenaria.  A queste,  tematiche si aggiunge una forte testimonianza della partecipazione al dramma e alle tragedie di interi popoli, in una commistione voluta  di momenti di alto lirismo che  traggono  spunto dall’intimo del poeta e, spesso, dal proprio vissuto segnato dal ricorrente pensiero della morte e dalla finitezza della stessa vita di ogni uomo letta con i segni della passione civile e di una proposta politica  costantemente rivolta  ai deboli e agli oppressi di ogni tempo: versi  di luminosa  fascinazione e   vicende storiche, anche tragiche, come la strage degli Alberti   il cui ricordo  viene stemperato  nella immensa luminosità delle fiumare, nella lacustre silenziosità delle rive dell’antico Metauroa ridosso della sua foce,  nella quiete bucolica di sentieri  aspromontani e valli oscure  dove l’acqua dei torrenti gorgoglia  e scende verso il mare “sentiero mai percorso eppur noto”  Il mare, a sua volta,  è l’elemento unificante della  proposta poetica; immensità di un azzurro in cui è bello perdersi inseguendo sulle ali del vento sogni di libertà e ansia di infinito  divenendo  ventre sicuro ove nascondersi nei momenti più duri di  un viaggio catartico che lo vede “inseguire correnti e stelle  oltre i lidi delle memoria” e dilaniati dal dubbio  sotto la sferza del sole o  lo schiaffo del vento  perdere lo sguardo oltre la linea di un orizzonte che evoca  fascinazioni  magnogreche – di  “ navi   a   vela quadra  e insegne d’oro” . Le stesse che  salperanno verso Citera quando “la beffa del tempo è consumata”  nello stillicidio di giorni che viene raffigurato da    donne “ si ritroveranno ”  insieme ogni mattina  per la prima messa nella Chiesa dell’Ospedale: la Chiesa di Santa Lucia di Jatrinoli     di alcune fra le più belle pagine de ”Le storie dal Mauros” viene ancora una volta evocata a conferma di essere  un luogo simbolo nella poetica e nella narrativa di Mamone, ed è parte non solo del mondo poetico e narrativo ma del vissuto stesso del poeta che sulle ali della memoria   vorrebbe irridere il tempo  e cercare perennemente l’aura che ogni vivente ha lasciato dietro se ed ha eternizzato trasmettendone la sua essenza. Ecco l’amore per l’Africa e l’evocazione di personaggi resi desueti dalla storiografia ufficiale  ( Menelik, Menèm,  Omar El Muktar)  che il poeta – sulla spinta emotiva del ricordo paterno –  evoca e consegna ad una dimensione che travalica lo storicismo e vince la morte  e l’oblio del tempo andando  poi –  nel ricordo della madre  – oltre il dolore della perdita e il grigiore dei giorni alla ricerca di una pace interiore e di quel mondo che non c’è e che forse fra i silenzi eterni delle valli aspromontane  o di immaginarie  montagne tibetane lo porteranno un giorno  – a far tappa nel suo viaggio di poeta e di viandante alla ricerca dell’Uomo – nell’immaginaria Shangri–La: il luogo dove, bellezza e pace interiore  potrebbero mettere fino al suo peregrinare. Il volume che ha riscosso   positivi giudizi   di critica  si caratterizza per i  versi  brevi e franti e una aggettivazione ricercatamente scarna e straordinariamente moderna  fusa nel  ritmo narrativo di una incalzante serie di immagini e di emozioni che prendono il lettore e lo accompagnano nel viaggio,   a volte iniziatico, del Poeta.

 

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