Acqua e Sapone: Racconto di Caterina Sorbara

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Acqua e Sapone

Acqua e sapone è un film commedia del 1983 diretto da Carlo Verdone, con Natasha Hovey, Florinda Bolkan, Elena Fabrizi e Fabrizio Bracconeri .

Verdone, allora era alla  sua quarta regia,  protagonista del film ed  anche uno degli  autori del soggetto e della sceneggiatura.

Verdone aveva preso spunto da un servizio giornalistico della Rai, realizzato da Carlo Sartori, che raccontava il fenomeno delle cosiddette baby modelle, appena esploso nei primi anni ottanta con il caso di Brooke Shields, per lamentare lo sfruttamento delle madri sulle loro figlie prodigio.

Adolescenti che venivano  private di una serena infanzia a causa di tappe forzate al successo.

Avevo 14 anni e adoravo questo film, come del resto tutti i film  di Carlo Verdone , per esempio Borotalco e Bianco, Rosso e Verdone.

Li vedevo alla TV a Reggio Calabria insieme a zia Caterina(zia Cata).

Guardavo i film e sognavo, mentre la zia, ad ogni scena faceva un commento o una battuta rigorosamente in dialetto ed io mi sganasciavo dalle risate.

In quel periodo dei mitici anni 80, frequentavo l’Istituto Magistrale T. Gulli di Reggio Calabria e adoravo le lezioni di Filosofia del prof. Antonio Pettinato.

Al mattino mi svegliava, il suono delle campane di una chiesa vicina e zia mi preparava il latte con dei buonissimi biscotti.

Per andare a scuola scendevo tante scale che, partivano da via  Villini Svizzeri( chiamata così perché dopo il terremoto del 1908 la Croce Rossa Svizzera  aveva offerto ai terremotati, degli chalets: case di legno, piccole, semplici, ma dotate di tutti i confort)fino ad arrivare al Corso Garibaldi, dove c’era l’ingresso dalla scuola, l’altro era dalla via Marina.

Scendendo ero velocissima, al ritorno invece, andavo piano perché le salite   anche se hai solo  15 anni sono faticose.

Zia Caterina era un’ottima cuoca, anche una cosa banale, fatta da lei diveniva una prelibatezza .

A volte la sera mangiavamo una focaccia gustosa, farcita con la provola.

Tante volte ho comprato focacce in diversi posti, ma quel sapore non l’ho più trovato.

Quando zia preparava la pizza, per me era una festa, io  ogni volta le dicevo:

”Zia sei così brava, perché non apri una pizzeria?”

A proposito di pizza.

Ricordo  una sera, erano gli ultimi giorni di maggio, io ero contenta perché la scuola stava per finire e, presto sarebbe iniziato  il Festivalbar, una gioia per me che ho sempre amato le canzoni e  la  buona musica.

Quella sera zia Caterina aveva preparato delle  pizzette fritte, semplicissime con pomodoro e provola, di un buono mostruoso.

Io mangiavo felice per l’arrivo dell’estate, poi ad un tratto avevo realizzato che il mio ciclo di studi  stava volgendo alla fine,  stavo diventando grande e dietro l’angolo c’era l’Università e l’incognita futuro e la tristezza  si era impossessata di me.

Ma Zia Caterina e le sue battute in dialetto, avevano subito  cancellato la tristezza e il bis della pizza,  aveva portato definitivamente la serenità.

Il tempo è volato come un ladro, oggi  c’è un canale alla TV che trasmette i vecchi film, ma io purtroppo non riesco a vederli, mi si strazia il cuore.

Volevo crescere e ora che il tempo è passato  veloce,  un velo di tristezza, avvolge la mia anima.

Riporto al mio cuore l’estate 1982, avevo 12 anni e Reggio Calabria, per me era la città più bella del mondo, la sera ai Villini Svizzeri seduta sul muretto  ascoltavo i discorsi di Rossana,  e dei suoi amici Paola  e Piero.

Erano più grandi di me, io mi limitavo ad ascoltare e c’era un profumo di fiori  che arrivava da una siepe vicino e  accarezzava la mia anima.

Non ricordo che fiori erano, ricordo che avevo battezzato quel profumo come

”il profumo di Reggio Calabria”.

Non ho più sentito quel profumo, fino all’ altra sera, passando per caso davanti ad un’abitazione di Gioia Tauro, la mia città.

Ad un tratto è arrivato alle mie nari  il profumo di Reggio Calabria, mi sono fermata e ho pianto.

Ho ricordato l’estate dell’82, le canzoni, i sogni, i Bronzi di Riace, la voglia di vivere, di crescere e di sognare.

Ho pianto il tempo della mancata felicità, dei sogni non realizzati, ho pianto stordita dal profumo di Reggio Calabria.

Un altro odore che associo a  Reggio Calabria è quello del  caffè,  che si avverte vicino agli stabilimenti della Mauro.

Ero piccola e quando arrivavamo lì, papà diceva :”siamo quasi arrivati a Reggio”.

Ed è proprio con zia Caterina che ho iniziato a bere il caffè, a volte lo prendevamo anche la sera, mentre guardavamo i mitici film.

Lei mi raccontava che lo beveva insieme allo zio Luigi, il suo unico e grande amore, per me grande zio, immenso, importante ,unico.

La sera in cui  è morto, zio  Luigi partiva per Roma per ricevere una promozione, stava per andarsene e le disse:” Caterina mi fai partire senza un caffè?”

Lei lo  aveva subito preparato,  e come sempre l’avevano bevuto insieme.

Zia non immaginava che quello  era il loro ultimo caffè.

Ogni sera prendo il caffè, mentre lo preparo penso a zia Caterina.

E’ estate sul lungomare della mia città, il tramonto bacia lo Stromboli e i gabbiani danzano nel cielo.

Mentre preparo la cena mi accorgo che alla TV trasmettono  il film Borotalco, non riesco a vederlo.

Penso a zia Caterina, a zio Luigi, alla cara  Rossana.

Le campane di san Gaetano suonano, annunciando la sera ed io ringrazio Dio di avermi fatto percorrere un pezzettino della mia vita accompagnata dalla zia Caterina e la tristezza e la nostalgia lasciano il posto alla gratitudine e alla serenità.

 

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