Intelligence, Alberto Pagani al Master dell’Università della Calabria: “C’è bisogno di un nuovo sistema di intelligence italiano”.

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Alberto Pagani, docente e advisor nel settore sicurezza e Parlamentre della Repubbica nelle scorse legislature, ha tenuto la lezione “Per un nuovo sistema di intelligence italiano nel contesto globale” al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Pagani ha introdotto la lezione ricordando che l’intelligence è osservazione e analisi, citando Karl Popper, secondo cui non esiste l’osservazione pura, e Sigmund Freud, per il quale vi è un tempo per guardare e un tempo “per pulire le lenti”.

Ha poi spiegato che, come tutti i sistemi, quello dell’intelligence si perfeziona e cambia partendo da sé stesso, attraverso una logica autoreferenziale.

Il docente ha quindi indicato i due compiti fondamentali dell’intelligence e cioè quello di fornire informazioni al decisore politico, affinché sia posto nelle condizioni di adottare le scelte migliori, necessarie alla tutela della sicurezza e dell’interesse nazionale, e quello di operare attivamente, al fine di produrre vantaggio per il sistema nazionale e neutralizzare le possibili minacce.

Pagani ha ricordato che il sistema dei servizi di intelligence del nostro Paese trae origine dal contesto sociale e politico dell’Italia del secondo dopoguerra, quando, all’indomani della Liberazione, con la divisione dell’Europa in due blocchi contrapposti, la Guerra Fredda si palesava in maniera sempre più evidente, mentre nel nostro Paese si affermava il più grande partito comunista dell’Occidente.

Inquadrata all’interno dell’Alleanza Atlantica e proiettata verso il Mediterraneo, l’Italia ricopriva un ruolo strategico particolarmente delicato per cui ereditò il sistema degli apparati di sicurezza e di intelligence degli Stati vincitori del conflitto, in particolare della Gran Bretagna degli Stati Uniti, che hanno esercitato sempre un’importante influenza sull’Italia.

Dal momento che la principale minaccia per l’Occidente era costituito dal blocco dei Paesi dell’Europa orientale, sottoposti all’influenza dell’Unione Sovietica, ai servizi segreti era essenzialmente affidata una funzione di controspionaggio e di mantenimento di strutture segrete di natura militare, come Gladio, concepite con lo scopo di contrastare un’eventuale invasione da parte delle forze sovietiche.

Nel 1977 la legge 801 ha ridefinito il sistema di intelligence del nostri Paese, strutturandolo attraverso la creazione del Sismi, Servizio Informazione e Sicurezza Militare, con funzioni di controspionaggio interno ed esterno e dipendente direttamente dal Ministero della Difesa, e del Sisde, Sistema di Informazione per la sicurezza e la tutela delle istituzioni democratiche, dipendente dal Ministero degli Interni; strutture entrambe soggette al coordinamento politico tramite il Comitato parlamentare di controllo sui servizi.

Con la caduta del muro di Berlino, nel 1989 è finita quella “semplice divisione” del mondo in due blocchi contrapposti, rimettendo in discussione i modelli di funzionamento dei nostri servizi e le finalità per cui furono pensati.

Gli anni successivi, con l’illusione che il capitalismo democratico e liberale, vincente sul modello socialista sovietico, avrebbe conquistato e pacificato il mondo, si è assistito all’allargamento dell’Unione Europea e della Nato verso i Paesi dell’Europa dell’Est, all’avvicinamento della Russia all’Occidente, all’apertura della Cina al mercato mondiale del WTO, alla rapida affermazione di una globalizzazione dei mercati, ispirata ai paradigmi del Washington consensus.

La globalizzazione, però, ha spiegato Pagani, se da un lato ha avvicinato i popoli, dall’altro li ha allontanati. Questo perché, come aveva predetto Samuel Huntington ne “Lo scontro delle civiltà”, a fronte di un’azione volta alla esportazione del modello democratico liberale capitalistico, le diverse civiltà hanno reagito con la riesumazione delle proprie tradizioni culturali e religiose. Nella sua previsione gli Stati nazionali rimarranno gli attori principali, ma i conflitti più importanti avranno luogo tra nazioni e gruppi di diverse civiltà. Lo scontro di civiltà dominerà la politica mondiale. Le linee di faglia tra le civiltà saranno le linee sulle quali si consumeranno le battaglie del futuro.

L’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 ha mostrato agli occhi di tutti questi cambiamenti, evidenziando i nuovi assetti geopolitici e le relative conseguenze sulla sicurezza globale, causate dalle trasformazioni mondiali.

Le nuove minacce, come il terrorismo di matrice jihadista, hanno posto la necessità di ripensare la struttura delle agenzie di intelligence, per farvi fronte più efficacemente.

Tale processo di riforma si è concretizzato nella legge 124/2007 che ha ristrutturato il sistema di intelligence italiano, istituendo il DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) con a capo il Presidente del Consiglio, per coordinare l’Aisi (Agenzia di Informazioni per la Sicurezza Interna) e l’Aise (Agenzia di Informazioni per la Sicurezza Esterna).

Un sistema binario, dunque, con a capo l’organo di vertice del potere esecutivo.
La riforma ha significato anche un cambio di paradigma, determinato dalla consapevolezza delle nuove sfide da affrontare, che ha visto una maggiore apertura al mondo civile, alle università, alle professioni, prevedendo il reclutamento del personale intelligence, non più proveniente solo dalle forze armate o dalle forze di polizia.

Citando il libro di Jared Diamond, “Armi, acciao e malattie” in cui l’autore spiega come l’Occidente ha dominato il mondo per cinque secoli, il docente ha evidenziato come tale supremazia sia stata possibile grazie alle capacità tecnologiche e belliche.

Nel nuovo millennio, però, la trasformazione geopolitica è più profonda e radicale di quanto potesse sembrare. Il sociologo tedesco Ulrich Beck, uno dei massimi teorici della globalizzazione, impiega il termine “metamorfosi” per individuare una trasformazione diversa dell’evoluzione, come avviene nel campo etologico.

La globalizzazione dei mercati e dell’economia capitalistica ha visto l’ascesa di nuove grandi potenze economiche, prima tra tutte la Cina, divenuta anche leader “intellettuale” mondiale, tanto che nel 2021 ha registrato, tra tutte le grandi potenze economiche, il numero più alto di brevetti.

Il successo economico della Cina ha provocato profonde conseguenze sull’equilibrio geopolitico e sulla mappa delle alleanze, generando una nuova conflittualità latente.

Abbandonato il Washington Consensus la potenza cinese aspira a nuovi spazi e, in tale prospettiva, il docente, riprendendo l’espressione coniata da Graham Allison, la “trappola di Tucidide”, richiama i risultati di uno studio condotto dallo studioso statunitense che ha esaminato i precedenti storici di confronto e scontro tra potenza sfidante e potenza dominante, constatando che il conflitto armato è deflagrato in quindici casi su venti.

Due ufficiali dell’Aeronautica militare Cinese, Qiao Liang e Wang Xiangsui, predissero la nuova conflittualità celata dietro la trasformazione dei rapporti di forza globali, teorizzando la “guerra senza limiti”, combattuta non più a livello militare, cinetico, ma, in modo asimmetrico, in campo economico, informativo, cibernetico.

In questo, i due ufficiali cinesi anticiparono di quasi un ventennio il concetto strategico di guerra condotta nelle “zone grigie”, teorizzata dal generale russo Gerasimov.

La Cina ha quattromila anni di storia taoista, ispirata al confucianesimo e al pensiero de “L’arte della guerra” del generale Sun Tzu, sintetizzato nel motto “conosci te stesso, conosci il nemico, conosci il campo di battaglia”, evita il confronto diretto, men che meno armato. E con questa tradizione cutlurale trasla la minaccia verso una prospettiva asimmetrica, pereeguendo un predominio attuato attraverso la leva economica.

Secondo Pagani, due eventi segnano il nuovo contesto geopolitico mondiale: l’aumento dell’opportunismo politico ed economico, conseguente alla fine dei due poli, e l’avvento della “Nuova via della seta” che, attraverso le connessioni economiche, sociali e politiche, consente alla Cina di imporre un forte condizionamento sul Paese ospitante, per cui avere tanti alleati significa avere tanti voti di sostegno all’Onu.

La domanda che si pone il docente a questo punto è: “il nostro sistema di intelligence è in grado di rispondere alle minacce proveniente da così lontano?”

Riprendendo il pensiero di Carl Schmitt in “Terra e mare” in cui si ipotizza che la storia del mondo sarebbe il risultato dello scontro tra le potenze di mare contro quelle di terra, afferma che oggi il confronto avviene nel cyberspazio e che occorrono le capacità per prevenire e contrastare tali minacce.

Nel cyberspazio, infatti, sono condotte azioni di spionaggio industriale e atti di guerra vera e propria consistenti nel danneggiamento di infrastrutture informatiche e fisiche.

Bisogna, allora, prendere atto del nuovo ruolo dell’intelligence, rispetto a un sistema ideato nel 2007, allorquando non si poteva avere contezza delle nuove minacce, proveniente da Paesi lontani o condotte nel cyberspazio, rimettendo alla politica il compito di riformare il sistema.

Infine il docente ha evidenziato l’approccio multidisciplinare che deve necessariamente caratterizzare un sistema di intelligence efficiente. A riguardo ha sottolineato che l’operatore di intelligence dovrebbe assumere sempre di più le caratteristiche dello “specialista delle connessioni”. Pertanto, una delle difficoltà maggiori è sapere esaminare le informazioni già in possesso. Emerge quindi la necessità di orientare maggiori risorse nell’analisi dell’Infosfera.

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