Intelligence, Luciano Romito al Master dell’Università della Calabria: “181 milioni di intercettazioni all’anno e nessuna professione scientifica”

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“La linguistica forense nei processi di Intelligence” è il titolo della lezione di Luciano Romito, Presidente dell’Osservatorio sulla Linguistica Forense e docente di Glottologia e Linguistica presso l’Università della Calabria al Master in Intelligence, diretto da Mario Caligiuri. Nell’ambito della costante ricerca di soluzioni innovative in grado di affrontare le sfide complesse del sistema giudiziario italiano, la linguistica forense – scienza non ancora completamente riconosciuta nel panorama giuridico italiano, al contrario di altri Paesi – si impegna nell’analisi scientifica di testi e di registrazioni vocali legate a procedimenti legali, contribuendo così alla ricerca della verità e alla giustizia. Nonostante il numero elevato pari a 181 milioni di intercettazioni annuali, non esiste ad oggi in Italia una figura professionale adeguatamente formata in tale ambito. Tale vuoto formativo e professionale rappresenta oggi uno dei principali ostacoli che tale disciplina deve affrontare nel nostro Paese. Emerge, così, l’urgenza di una formazione specialistica, nonché di un coinvolgimento attivo di istituzioni, associazioni professionali ed esperti del settore, al fine di garantire un’efficace gestione delle prove linguistiche nei procedimenti legali. In tale contesto, l’Osservatorio sulla Linguistica Forense (OLF) svolge un ruolo cruciale, fornendo linee guida e risoluzioni per affrontare le sfide legate all’analisi del parlato in ambito giudiziario. L’azione principale dell’analisi forense del parlato consiste, quindi, nella corretta interpretazione delle registrazioni audio. La Corte di Cassazione ha stabilito che le trascrizioni delle registrazioni devono limitarsi alla mera riproduzione grafica delle parole pronunciate, senza aggiungere interpretazioni o valutazioni aggiuntive da parte del perito. L’uso degli “omissis” nelle trascrizioni – che consentono di omettere parti del parlato ritenute non rilevanti o non sensibili per l’indagine in corso – solleva interrogativi sulla completezza e l’imparzialità delle trascrizioni stesse. Un altro aspetto critico dell’analisi forense del parlato riguarda l’effetto “priming”: fenomeno mediante il quale la presenza di informazioni pregresse influenzano la percezione e l’interpretazione delle prove presentate durante il processo. Ciò sottolinea l’importanza di condurre analisi linguistiche e interpretative il più obiettivamente possibile, evitando qualsiasi forma di bias o influenza esterna. Per comprendere appieno la dinamica delle conversazioni e le intenzioni dei partecipanti – spiega Romito – è necessario analizzare una serie di parametri linguistici e comunicativi. La velocità di eloquio, le pause e i turni di parola possono fornire preziose informazioni sul dialogo e sui ruoli dei partecipanti. Tali elementi possono essere misurati e analizzati in modo oggettivo, contribuendo così a una valutazione più accurata delle prove. Infine, si riscontra spesso un errore concettuale nella considerazione del supporto fisico della registrazione come prova effettiva di una indagine, mentre quest’ultima dovrebbe essere rappresentata unicamente dal contenuto della registrazione, indipendentemente dal supporto utilizzato. In conclusione, affrontare le complesse sfide poste dalla gestione delle intercettazioni e dall’analisi forense del parlato per Romito richiede un impegno collettivo da parte di tutti gli attori coinvolti nel sistema giudiziario italiano. È essenziale garantire l’accesso a competenze specializzate e ad approcci metodologici rigorosi per assicurare la correttezza e l’affidabilità delle prove linguistiche presentate nei procedimenti legali, contribuendo così a una maggiore equità e trasparenza nel sistema giudiziario del nostro Paese.

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