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Intelligence, Fabio Vanorio al Master dell’Università della Calabria: “Intelligenza artificiale e attività di intelligence per la sicurezza nazionale: il ruolo dell’essere umano”.

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“La geopolitica dell’infosfera” è il titolo dell’intervento di Fabio Vanorio al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Vanorio è cultore della materia tecnologica applicata all’intelligence e alla sicurezza nazionale insieme al Professor Paolo Savona.
Nel seminario, Vanorio ha posto l’accento su come l’infosfera, ossia l’insieme delle tecnologie “immersive” della Quarta Rivoluzione Industriale, abbia un impatto trasformativo sull’intelligence e sulla tutela della sicurezza nazionale. Si tratta di tecnologie anche qualificate come “invasive” perché non vi è un confine che non riescono a varcare.
Nell’avviare gli studenti alla comprensione di come le organizzazioni di intelligence stanno cambiando il loro approccio verso la tecnologia, il docente è partito dalla loro presenza sul web, utilizzando in particolare i due esordi su X (già Twitter) della Central Intelligence Agency statunitense e dell’Australian Signals Directorate (ASD, l’agenzia di SIGINT australiana) basati su frasi ironiche ma che ispiravano una volontà di engagement molto forte con il pubblico. Volontà ampiamente premiata vista la numerosità straordinaria di follower e interazioni di cui tutt’oggi beneficiano.
La narrativa (non necessariamente veritiera) delle organizzazioni intelligence basata su “una presenza sul web per interagire e non per influenzare” è servita a Vanorio per spiegare come il fornire supporto cognitivo al decisore (principale scopo dell’intelligence) sia oggi basato su strumenti totalmente nuovi.
Introducendo le quattro fasi del ciclo intelligence (pianificazione e direzione; raccolta informativa; armonizzazione del formato dei dati; loro trasformazione in un’intelligence utilizzabile sia tatticamente come risposta diretta a una situazione in evoluzione, sia strategicamente come risultato di una analisi o di una valutazione), il docente ha enfatizzato come l’intero ciclo (e i suoi obiettivi) siano oggi interamente condizionati dalla tecnologia.
Poiché, nell’era digitale, le possibilità di successo in un conflitto dipendono dalla capacità di analisi delle informazioni prima degli altri e in modo più accurato, diviene indispensabile il ricorso all’Intelligenza Artificiale (IA) grazie alla quale potenziare il ciclo di intelligence con l’uso degli immensi patrimoni oggi disponibili (c.d. “big data”) grazie alle nuove capacità di archiviazione, l’incrementata velocità di raccolta, l’analisi dei dati basata su reti neurali e l’interoperabilità dei dati
Nel nuovo “intelligence loop”, la presenza dell’essere umano rallenta il processo e introduce errori e pregiudizi. Al riguardo, Vanorio ha rappresentato l’importanza di giungere in ultima analisi ad un’interazione ibrida uomo-macchina, basata sull’apporto di creatività e intuizione (caratteristiche umane uniche) con la velocità e precisione della macchina (per l’uomo irragiungibili a quei livelli).
Tre tecnologie rappresentano i vettori direzionali della Quarta Rivoluzione Industriale nell’intelligence e nella tutela della sicurezza nazionale: Autonomia, IA e Tecnologie ubique.
L’autonomia rappresenta il cambiamento più dirompente poiché rende possibile avere entità differenziate che raccolgono le informazioni in modo indipendente (dall’uomo) e indiscriminato, in modalità singola o in “sciame”.
L’IA impatta su ogni forma di raccolta e tra queste in particolare (data la sua natura esclusivamente elettronica) sul SIGINT. Quest’ultimo aumentato con l’IA diventa un elemento fondamentale nella raccolta informativa del ciclo intelligence per l’integrazione necessaria tra l’intelligence dei segnali e l’intelligence geospaziale.
Le tecnologie ubique o Internet delle cose (IoT, Internet of Things) rappresentano la confluenza di molteplici intelligenze informatiche che, unite alla miniaturizzazione dell’IA, creano un universo all’interno del quale i dispositivi interagiscono tra di loro, acquisendo dati dall’intervento umano. L’IoT è emerso in modo pervasivo negli ultimi anni, a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina che ha rappresentato il passaggio di Internet da tecnologia trasformativa a tecnologia di guerra con un impiego diffuso delle tecnologie sempre più evolute, in particolare nell’impiego di big data in sistemi di IoT militari.
L’approccio olistico alla raccolta di informazioni che integra le diverse discipline attraverso l’uso dell’IoT genera un nuovo paradigma di intelligence, definito “temporal intelligence”, che parte dal presupposto che il capillare monitoraggio elettronico degli individui e delle infrastrutture aumenta in maniera più che proporzionale il patrimonio di dati a disposizione, e dunque l’intelligence disponibile, di qualità superiore in quanto filtrata con l’ausilio di strumenti di IA.
La pervasività della sorveglianza ha un impatto trasformativo su componenti essenziali dell’intelligence, quali la segretezza (laddove i big data e le sempre maggiori esternalizzazioni di funzioni tecnologiche aumentano i rischi e le conseguenze di violazioni della sicurezza mettendo in discussione le pratiche fondamentali di archiviazione dell’intelligence, e dei nullaosta di segretezza, aumentando la vulnerabilità nell’attività degli agenti); l’operatività (laddove in un mondo governato dai big data muta il significato di “conoscere” causato dall’abbondanza delle informazioni, nonchè nell’incertezza sul reale valore di ogni dato); il controspionaggio (oggi condizionato dal controllo della stretta dipendenza dei sistemi di IA dai big data; dalla necessità di una “superiorità temporale” in termini di maggiore velocità relativa nel processare i dati raccolti; dalla ricerca di una “potenza geopolitica” consistente nella somma di IA, big data e calcolo ad alta velocità.
Il nuovo equilibrio significativo dell’analisi intelligence diventa, dunque, tra la capacità di osservare (sensing) e la capacità di orientare (sense-making). L’uso dei big data muove l’attività intelligence dalla raccolta dei segreti alla capacità di integrare l’intelligence confidenziale con le fonti aperte.
Dalla sopra menzionata positiva interazione ibrida tra uomo e macchina nel potenziare il ciclo di intelligence a supporto del decisore politico, si passa allo scontro tra le due parti nel tutelare/contrastare le fasi di pianificazione e direzione del ciclo intelligence mediante manipolazione dei dati, dei sistemi, delle organizzazioni e delle menti umane (c.d. guerra cognitiva). Il warfare cognitivo modella e influenza le credenze e i comportamenti individuali e di gruppo per favorire gli obiettivi tattici o strategici di un aggressore, fratturando e frammentando l’intera società in modo che non abbia più la volontà collettiva di resistere alle intenzioni di un avversario.
Tra gli strumenti di guerra cognitiva, il docente ha evidenziato l’importanza dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni (Large Language Models, LLMs). Questi ultimi sono metodi basati su reti neurali, intrinsecamente probabilistici, senza capacità di “inferenza pragmatica” (ossia di codifica della comprensione di causa-effetto e le relazioni tra gli oggetti), che si pongono come obiettivo la mera emulazione dell’intelligenza cognitiva dell’essere umano, senza (per ora) oltrepassarla.
Nei loro usi operativi (militari, law enforcement, intelligence), un addestramento personalizzato su big data specifici è in grado di garantire un livello più elevato di competenza nel testo generato in termini di rigore, fattualità e mantenimento della confidenzialità dell’analisi intelligence.

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