“Per un nuovo sistema di intelligence italiano nel contesto globale” è stato il titolo della lezione tenuta da Alberto Pagani, docente all’Universutà “Alma Mater” di Bologna e Parlamentare della Repubblica dal 2013 al 2022, ha tenuto al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Pagani ha proposto un’analisi approfondita del concetto di intelligence e del suo ruolo preminente nel contesto politico contemporaneo.
Ha ribadito la necessità per qualsiasi agenzia di intelligence di affrontare il futuro con la consapevolezza del passato, precisando che “Così come il futuro, anche il passato è essenziale, poiché ogni sistema di intelligence è il derivato dalla storia e del contesto in cui opera”.
Ha poi proseguito ribadendo che l’intelligence deve fornire al decisore politico un supporto informatico utile nel processo decisionale, con informazioni ed analisi tempestive e accurate per poter neutralizzare le minacce o cogliere le opportunità che si possono presentare.
Tuttavia è sempre utile chiedersi se l’attuale assetto dell’apparato intelligence può soddisfare appieno questo compito, sottolineando l’urgente necessità di adeguare le pratiche di intelligence ai mutamenti dello scenario generale e degli obiettivi nazionali.
Pagani ha quindi tracciato un profilo storico relativo all’origine e allo sviluppo delle agenzie di intelligence italiane, incentrando l’attenzione sulla Guerra Fredda e sull’importanza cruciale che l’Italia assumeva in tale scenario, data la sua posizione geostrategica e la presenza del Partito Comunista più grande d’Europa.
Ha di conseguenza evidenziato la fase della ricostruzione post-bellica, caratterizzata dal coinvolgimento delle potenze vincitrici nella creazione di un apparato d’intelligence funzionale.
Successivamente, il docente ha analizzato il momento di crisi che ha interessato il sistema di intelligence a seguito del crollo del Muro di Berlino nel 1989, ricordando le prospettive ottimistiche di Francis Fukuyama sulla “fine della storia” che prevedeva la diffusione inarrestabile della democrazia liberale sostenuta dal capitalismo di mercato.
Tuttavia, è emersa con forza la contraddizione tra tale visione e la realtà, anticipata da Samuel Huntington, che aveva in modo previgente prefigurato conflitti culturali e religiosi in conseguenza della globalizzazione.
Pagani ha proseguito analizzando in profondità la trasformazione geopolitica e strategica globale, con particolare attenzione alla rivoluzione del concetto di minaccia e alle implicazioni che essa comporta per le agenzie di intelligence.
Inizialmente, ha posto l’attenzione sulla riforma dell’intelligence italiana operata dalla legge 124/2007, che ha trasferito la responsabilità politica dell’intelligence dal Ministero della Difesa e dal Ministero dell’Interno direttamente al Presidente del Consiglio.
Questo cambiamento ha creato un nuovo quadro istituzionale, con la costituzione di due agenzie AISI e AISE, caratterizzato dall’intenzione politica di avere una maggiore centralizzazione e coordinamento delle attività di intelligence, coordinate dal DIS.
Il docente ha quindi approfondito l’evento catalizzatore dell’11 settembre 2001, che ha ridefinito il concetto di nemico, orientando maggiormente le agenzie di intelligence anche verso una minaccia asimmetrica rappresentata da nemici non statali, come nel caso della lotta contro il terrorismo internazionale.
Pagani ha allora analizzato i cambiamenti mondiali, evidenziando il declino del dominio occidentale e l’emergere di nuove grandi potenze, in particolare modo della Repubblica Popolare Cinese.
Questo cambiamento è accompagnato da una ridefinizione delle strategie globali, con la Cina che ha adottato una politica di espansione economica e infrastrutturale attraverso iniziative come la “Nuova Via della Seta”.
Questo nuovo paradigma strategico si contrappone al modello occidentale, caratterizzato da una visione lineare del potere, mentre la Cina adotta una strategia flessibile e circolare, che Kissinger esemplificava con la strategia di
accerchiamento , caratteristica del gioco e del Wei Ch’i, cercando di espandersi attraverso la costruzione di reti infrastrutturali ed economiche, per accerchiare il suo nemico, invece di affrontarlo direttamente.
A questo punto, il docente ha rappresentato i nessi tra le ragioni storiche del collasso dell’Unione Sovietica e le motivazioni delle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente.
Ha sottolineato la complessità delle cause che scatenano i conflitti armati, evidenziando come questi siano spesso il risultato di molteplici fattori incidentali.
Una prima causa riguarda il fallimento dell’idea che dopo il 1989 si potesse ricostruire un ordine mondiale centrato sul dominio della sola superpotenza americana e sullle regole economiche basate sul Washington consensus.
Quel che è emerso dal fallimento di un processo di globalizzazione pacifica è un contesto geopolitico instabile che fornisce un terreno fertile per i conflitti regionali, come quelli in corso in Ucraina e nel Medio Oriente.
Il collasso dell’Unione Sovietica è l’evento cruciale che ha generato un processo di disgregazione economica e politica che ha permesso nei Paesi del vecchio blocco sovietico il riemergere delle loro identità nazionali e la ricerca di nuove alleanze, spesso rivolte verso l’Occidente.
Questo però ha portato la Russia ad indicare l’Occidente come il nemico necessario a mantenere una sufficiente coesione interna.
Il docente ha poi approfondito sugli eventi che hanno avuto luogo il 7 ottobre 2023 e le conseguenti azioni militari in Medio Oriente.
Pagani ha ipotizzato che dietro queste azioni, che per i palestinesi hanno portato solo conseguenze tragiche, possa celarsi un’agenda geopolitica più ampia, con l’Iran e le fazioni alleate che cercano di minare il processo di riavvicinamento tra paesi arabi e Israele, costringendo Israele ad una reazione smisurata agli attacchi del 7 ottobre proprio distruggere ogni speranza di pace tra arabi ed israeliani.
Nella parte finale della lezione, per completare la sua riflessione sulle guerre asimmetriche contemporanee, il docente ha introdotto il concetto di “tecnologie emergenti e distruttive”, sottolineando l’importanza di affrontare sfide complesse integrando le competenze mutisisciplinari di esperti che provengono da campi di studio molto diversi tra di loro.
È in questo modo che si affrontano anche le nuove dimensioni della minaccia, in particolare nel cyber, nell’economia e nella guerra dell’informazione, che richiedono nuove capacità alle agenzie di intelligence per affrontare le sfide del mondo contemporaneo sempre più interconnesso.
In conclusione, Pagani ha evidenziato che le future guerre si combatteranno sempre più nelle “zone grigie” della mente e della società, sottolineando l’importanza di rivedere le strategie di intelligence e di mantenere una superiorità tecnologica per proteggere la società da minacce invisibili e insidiose.
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