“La Porta Aperta Dell’Orizzonte” Storia Di Un Lungo Viaggio, di suor Mirella Muià  Edizioni Bit Culturali.

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“La Porta Aperta Dell’Orizzonte” Storia Di Un Lungo Viaggio, di suor Mirella Muià  Edizioni Bit Culturali.

Una sorta di viaggio circolare, questo che  viene narrato  da  madre Mirella Muià,  in questa sua preziosa opera.

Una storia  dove la tematica principale è il viaggio: la vita come un viaggio.

Una storia fatta anche  di passaggi, attraverso porte che a volte si socchiudono senza far rumore e altre volte si aprono all’improvviso, lasciando intravedere un paesaggio nuovo.

La storia  di una  donna meravigliosa, infinita, che parte da Siderno da bambina,  e va ad abitare a Genova insieme alla sua famiglia.

Da piccola desiderava  vivere come il profeta Elia, “sul monte, nella grotta”, ma poi, all’età di 15 anni “accadde qualcosa, che non saprei definire: era come se le esperienze passate nel vivere e nel vedere la povertà e l’umiliazione di tanti, e l’indifferenza e l’ingiustizia che mi circondava, mi avessero scavato dentro un solco invisibile, emergendo dalla coscienza. Allora sorse la domanda: perché? E la rivolsi proprio a lui, al Dio dell’universo e delle piccole cose: “Dove sei? Perché non fai nulla? Non vedi, non senti?” E un giorno gli dissi: ‘Se te ne stai a guardare, io non starò con te. Se mi vuoi, mi cerchi tu!’. E quel giorno durò per venticinque anni…”

Nel 1969, dopo aver partecipato, come studentessa di un liceo di Genova, alle lotte rendere la scuola più aperta e meno classista, Mirella vince una borsa di studio per un periodo di studio in Germania, per proseguire la preparazione della tesi in letteratura tedesca.

L’identità di figlia di emigrati e di un padre navigante avvicina Mirella a tutti gli esuli, e questo lo esprime e lo rivendica quando insegna in un liceo di Parigi, quando si tratta di coinvolgere e far sentire partecipi i figli degli algerini e di tanti paesi africani che negli anni ‘70 arrivano sempre più numerosi a riempire le periferie delle città francesi: “Era come se mi riservassi il diritto di essere me stessa solo in alcuni brevi momenti: nel dialogo con un poeta o un filosofo, oppure nel contatto con quelli che sarebbero stati, negli anni successivi, i miei studenti, con cui mi aprivo comunicando spontaneamente quel che avevo dentro, o nell’aprirmi ai luoghi che attraversavo, le isole della Senna, i Boulevards, le stradine di Montmartre e dei quartieri più antichi: parlavo con ciò che mi parlava…e mi sentivo ‘parlata’ da tutto ciò che aveva una storia umana di erranza, di bellezza, di povertà, di solitudine comunicativa – allora mi sembrava di essere a casa ovunque”.

Poi, passati i venticinque anni da “quel giorno”, arriva l’incontro con quel Dio con cui aveva “litigato” a 15 anni: “Sulla soglia di casa, mi fermai un attimo, giusto il tempo di realizzare che un sentimento sconosciuto aveva preso dimora in me, e mi abitava: la figlia di un padre errante sugli oceani aveva accolto, in quel giorno nuovo, la richiesta d’asilo di una paternità errante nel mondo, ricevuta da quel corpo che portava in sé stesso tutto l’esilio di Dio…”

Sonia ed Esther, sono come due fari per Mirella, nel suo cammino di migrante tra Italia e Francia, fondamentali le figure di Sonia ed Esther:

La prima è una maestra delle scuole elementari di quando era a Genova, la seconda è una donna di Parigi. Anche grazie a loro trova dei libri, tra cui la biografia di Santa Teresa d’Avila e la Bibbia. La lettura della Genesi e del Vangelo di Giovanni aprono delle finestre da cui arriva una luce per tanto tempo ignorata o covata: “Ecco la luce che splende nelle tenebre e non si spegne, ma le percorre, le attraversa come un fiume carsico, o come il sangue nelle vene del corpo umano”. Finestre come ferite:“Le divisioni sono come le ferite di quell’essere uno, e quelle ferite, se lo vogliamo riconoscere, sono le porte stesse della luce…”.

Mirella, oltre a scrivere e pubblicare libri di poesia e un romanzo in francese, inizia a dipingere icone bizantine, frequentando, a Parigi, un corso con un maestro.

Poi c’è il ritorno in Calabria,  prima a Cosenza e poi verso l’eremo dell’Unità,  presso il santuario della Madonna di Montserrat. Una “casa” affidatale nel 2002, che era quasi un rudere, dall’allora vescovo di Locri-Gerace Giancarlo Bregantini che un tempo era sede di una Laura, cioè del punto di incontro per le celebrazioni domenicali, degli anacoreti che in quella zona vivevano fin dai primi secoli dell’era cristiana: giunti in fuga dal decadimento sociale e morale del Nord Africa imperiale e poi ancora dalle invasioni barbarica e islamica. L’eredità e lo stile più che millenari di quegli uomini e donne di preghiera sono come rinati in lei, che li ha assunti quale compimento della sua vita nuova.

Il finale del libro riprende un aneddoto dell’inizio, quello del rabbino Yehoshua ben Levi, ripreso dal Talmud babilonese. “La sorte del suo popolo esiliato lo addolorava al punto da rivolgersi al profeta Elia, pregandolo di supplicare Dio perché inviasse presto il Messia. Elia gli rispose: ‘Il Messia è già venuto!’

Un libro meraviglioso , scritto con il cuore e l’anima,  un invito per tutti a mettersi in viaggio verso se stessi per ricercare il vero senso della propria vita e riflettere.

Non ultimo un libro che fa amare ancora di più la Calabria e la calabresità, nonostante potremmo affermare che madre Mirella è cittadina del mondo.

Un libro che tutti dovrebbero leggere.

Suor Mirella Muià  è nata a Siderno (RC),  è laureata in Lingue e Letterature straniere.

E’ stata ricercatrice presso la Sorbona di Parigi dal 1977 al 1989.

In Francia ha pubblicato due libri in versi, La toile ed Empèdocle e il romanzo Portrait  de père inconnu.

Consacrata monaca eremita diocesana nel 2012 da monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, a lei è stato affidato l’eremo dell’Unità e la Chiesa di Santa Maria di Monserrato in Gerace.

 

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