NAVE RIGASSIFICATRICE E ACCIAIO A TARANTO: UNA CONVIVENZA CHE SOLLEVA DOMANDE NAVE RIGASSIFICATRICE E ACCIAIO A TARANTO: UNA CONVIVENZA CHE SOLLEVA DOMANDE

NAVE RIGASSIFICATRICE E ACCIAIO A TARANTO: UNA CONVIVENZA CHE SOLLEVA DOMANDE

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Il contesto italiano: decarbonizzazione o pressione politica?

Nave rigassificatrice

Il piano presentato dal Ministro delle Imprese e del Made In Italy Adolfo Urso per la decarbonizzazione dell’ex ILVA di Taranto prevede la costruzione di tre forni elettrici alimentati da impianti DRI (Direct Reduced Iron), una tecnologia in grado di ridurre le emissioni climalteranti rispetto agli altoforni tradizionali.

Tuttavia, uno degli aspetti più controversi è il vincolo imposto dal Governo: l’avvio degli impianti DRI sarebbe possibile solo se nel porto di Taranto venisse installata una nave rigassificatrice. La motivazione ufficiale è che la fornitura di gas tramite gasdotto non sarebbe sufficiente ad alimentare i nuovi impianti, rendendo necessario un ulteriore approvvigionamento di LNG e che una nave rigassificatrice comporterebbe più rapidi tempi di operatività, oltre ad essere più economica rispetto ad altri tipi di impianto.

In questo quadro, Urso ha menzionato anche un “Piano B” nel caso in cui la nave non fosse accolta: il gas necessario verrebbe fornito dalle FSRU già operative in altri porti, come Piombino o Ravenna.

Proprio questa ammissione — che esistono alternative tecnicamente praticabili — solleva perplessità sull’effettiva necessità del vincolo.
Se le alternative sono disponibili, perché insistere proprio su Taranto?
E soprattutto, perché citare Piombino se la nave rigassificatrice Italis LNG, attualmente ormeggiata lì, dovrebbe lasciare il porto entro luglio 2026?

È lecito chiedersi se ci troviamo di fronte a un’esigenza tecnica reale o a una forma indiretta di pressione istituzionale su una comunità già segnata da decenni di crisi ambientale e industriale.

Un ulteriore elemento di rischio per Taranto

L’installazione di una nave rigassificatrice nel porto di Taranto non comporterebbe solo scelte energetiche: introdurrebbe nuovi fattori di rischio.
Un impianto di questo tipo, per la sua stessa natura strategica, è considerato a livello internazionale un’infrastruttura sensibile. Ciò lo rende un potenziale bersaglio in caso di atti terroristici o sabotaggi, con possibili effetti a catena sulla sicurezza dell’intera area urbana.
In caso di incidente grave — sia esso di origine tecnica o dolosa — la zona interessata potrebbe includere non solo lo scalo portuale, ma anche aree densamente popolate della città, con ricadute sulla salute pubblica, sull’ordine sociale e sull’immagine internazionale dell’Italia.

Approfondimento – Rischi FSRU: scenari di incidente e protezione civile

Le navi rigassificatrici (Floating Storage and Regasification Units, FSRU) sono impianti complessi che trasformano il gas naturale liquefatto (GNL) in forma gassosa.

Nel caso della Italis LNG, il GNL è stoccato in serbatoi criogenici a pressione atmosferica (circa -160 °C).

Questa configurazione riduce i rischi legati a sovrapressioni interne, ma non elimina quelli connessi a eventuali fughe, incendi o esplosioni in presenza di innesco.

Gli scenari d rischio comunemente considerati includono quelli che si riportano di seguito.

  • Incidente tecnico: guasti nei sistemi di trasferimento o rigassificazione possono causare perdite di GNL. Il gas, evaporando rapidamente, può creare nubi fredde e dense che, in determinate condizioni, possono propagarsi verso aree urbane. In caso di innesco possono generarsi incendi e esplosioni localizzate.
  • Collisione navale: il porto di Taranto è caratterizzato da traffico commerciale e militare significativo. Una collisione con altre unità navali potrebbe danneggiare la FSRU o le condotte di collegamento.
  • Attacco terroristico o sabotaggio: per la loro natura strategica, le FSRU rientrano nelle infrastrutture critiche nazionali. Un’azione ostile mirata potrebbe avere conseguenze estese, interessando un raggio ben oltre l’area portuale e richiedendo evacuazioni di quartieri cittadini.
  • Eventi meteorologici estremi: forti venti, mareggiate e variazioni repentine di temperatura possono influire sulle operazioni di carico/scarico e sull’ormeggio, aumentando i rischi operativi.

 Implicazioni per la Protezione Civile

La presenza di un FSRU richiede l’aggiornamento costante del Piano di Emergenza Esterna (PEE), esercitazioni periodiche con la popolazione e coordinamento tra Autorità Portuali, Vigili del Fuoco, Capitaneria di Porto e Forze dell’Ordine. L’esperienza internazionale mostra che la rapidità di risposta e la chiarezza delle procedure di evacuazione sono fattori determinanti per ridurre l’impatto di un eventuale incidente.

Ostacoli alle attività portuali e impatto economico

Il porto di Taranto è già un nodo strategico per traffici commerciali, cantieristica e attività industriali. La presenza di una nave rigassificatrice occuperebbe spazi e canali di manovra, imponendo restrizioni alla navigazione e possibili rallentamenti nelle operazioni portuali.
Ciò potrebbe ridurre l’attrattività del porto per armatori e operatori logistici, con effetti indiretti sull’economia locale e sulle prospettive di crescita del traffico marittimo. La convivenza tra un FSRU e un porto commerciale di questa portata non è priva di complessità tecniche e gestionali.

Impatto ambientale e qualità dell’aria

La rigassificazione comporta anche effetti ambientali non trascurabili. Le operazioni di scarico, stoccaggio e rigassificazione possono incidere sugli ecosistemi marini attraverso variazioni termiche e chimiche delle acque di scarico.
Sul fronte atmosferico, l’uso di LNG e i processi ausiliari legati alla rigassificazione possono determinare un aumento delle emissioni di ossidi di azoto, metano non combusto e altre sostanze inquinanti. In una città come Taranto, già pesantemente segnata dall’inquinamento industriale, ogni incremento della pressione ambientale rischia di compromettere ulteriormente la salute della popolazione e di ostacolare il percorso verso un reale risanamento.

Il caso Piombino: due pesi, due misure?

Il confronto con Piombino è istruttivo. Qui la Italis LNG è stata autorizzata in via emergenziale, con forte opposizione della cittadinanza, e con l’impegno del Governo a rimuoverla entro tre anni dal luglio 2023. Ad oggi, però, nessun piano di trasferimento è stato definito chiaramente.
Nonostante ciò, a Piombino non è mai stato condizionato alcun investimento siderurgico alla presenza della nave, né si è vincolato il futuro industriale della città a quell’impianto.

Questo doppio standard solleva le domande legittime riportate di seguito.

  • Perché Taranto sì e Piombino no?
  • Il Governo considera implicita la permanenza della nave a Piombino o ci sono motivazioni politiche più profonde dietro queste scelte?

E all’estero? Modelli avanzati di acciaio senza imposizioni

Nel mondo esistono esempi concreti di transizione verso l’acciaio a basse emissioni senza ricorrere a rigassificatori o imposizioni territoriali:

  • H2 Green Steel (Svezia) – Produzione con idrogeno verde e impianti DRI, riduzione del 95% delle emissioni. Nessun LNG previsto;
  • Hybrit (Svezia) – Primo impianto al mondo a testare acciaio privo di combustibili fossili, esclusione totale del gas;
  • Boston Metal (USA) – Produzione mediante elettrolisi degli ossidi metallici, senza uso di gas, obiettivo 2028;
  • CELSA Group (Spagna) – Acciaio da rottami al 97% riciclati, alimentazione elettrica, nessuna dipendenza da LNG;
  • CELSA (Regno Unito) – Acciaio riciclato a Cardiff, energia elettrica da rete o rinnovabili, nessun vincolo di rigassificazione.Questi casi dimostrano che la vera innovazione industriale nasce da scelte tecnologiche e pianificazione, non da pressioni territoriali.

La partecipazione senza potere: un problema di fiducia

Il sociologo Jeffrey Pfeffer definisce “potere illusorio” la condizione in cui si chiede partecipazione senza concedere reale influenza.
A Taranto si parla di “riconversione verde”, ma senza ascoltare una cittadinanza che chiede da anni una transizione trasparente e giusta.
Come ricorda Dacher Keltner con il “paradosso del potere”, l’assenza di margini decisionali reali genera frustrazione e disimpegno: elementi che rischiano di compromettere l’efficacia di qualunque piano industriale.

Conclusione: né ideologia né rassegnazione

L’Italia ha bisogno di riconvertire i poli industriali, ma con regole uguali per tutti e puntando a tecnologie d’avanguardia, come avviene in molte realtà internazionali.

Vincolare il futuro dei forni elettrici di Taranto a una nave rigassificatrice significa introdurre rischi aggiuntivi — di sicurezza, ambientali, economici e sanitari — in una città che avrebbe invece bisogno di ridurli.

Il Governo dovrebbe chiarire con dati alla mano se tale vincolo sia davvero una necessità tecnica o una forma di pressione politica.

Una riconversione giusta deve essere trasparente, partecipata e fondata su criteri condivisi, non su logiche che mettono un’intera comunità davanti al ricatto implicito di dover scegliere tra sviluppo industriale e nuove minacce.

Giovanni Tonini, italienspr.com

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