2016-12-03 Fonte: L’Osservatore Romano
L’Egitto ha avviato la catalogazione delle Antichità giudaiche nel tentativo di proteggerle da furti e abbandono. È un passo avanti importante per la conservazione e la valorizzazione della memoria del patrimonio ebraico. Ancor più significativo perché avviene in un Paese a stragrande maggioranza musulmana.
«Le Antichità giudaiche sono sempre state considerate patrimonio culturale dell’Egitto e appartengono a tutto il mondo non soltanto a noi egiziani»; per questo Saeed Helmy, il capo del dipartimento dei Monumenti islamici e copti presso il ministero delle Antichità, lancia un appello a tutti i Paesi perché aiutino finanziariamente l’Egitto a preservare le antichità.
Oggi, delle tante sinagoghe costruite dagli ebrei in Egitto ne rimangono dieci al Cairo e quella di Eliahu Hanavi ad Alessandria. Al loro interno sono conservati migliaia di manoscritti che documentano la storia della comunità insieme ai registri di nascita e di matrimonio degli ebrei egiziani. Molte sinagoghe nel cuore del Cairo sono visitate da turisti e studiosi, in particolare Ben Ezra, Ashkenazi e Sha’ar Hashamayim.
La sinagoga di Ben Ezra al Fustat (il Cairo vecchio), è la più antica ancora esistente nel Paese e la sua ghenizah (la parte destinata a servire da deposito) conserva 280 mila frammenti datati per la massima parte fra il 1028 e il 1266, che formano una delle più importanti documentazioni dell’attività commerciale e della vita sociale dell’ebraismo in Egitto e che testimoniano anche l’esistenza di società miste ebraico-islamico-cristiane in un clima di sostanziale tolleranza garantito dal regime ismailita dei Fatimidi del Cairo tali da obbligare a una riscrittura della storia economica dei secoli IX, X e XI. I testi — redatti in ebraico, arabo, giudeo-arabo, giudeo-persiano e aramaico su diversi supporti, dalla carta al papiro, al tessuto e alla pergamena — comprendono anche traduzioni della Bibbia, copie della Torah, grammatiche ebraiche e commentari del Tanakh.
Questo ritrovamento fortuito nella ghenizah della sinagoga del Fustat si deve al fatto che le opere ebraiche che trattano argomenti religiosi una volta diventate inutilizzabili devono essere sotterrate in un cimitero. Quando questo non avviene è categoricamente proibito distruggerle se compare uno dei sette nomi sacri di Dio, comprese le lettere personali e i contratti legali che si aprono con un’invocazione a Dio. Il Fustat è anche il luogo dove si trova la prima moschea, Amr ibn al-As, costruita in Egitto nel 642, ed è pure il luogo dove sono state edificate le più antiche chiese copte, tra le quali la famosa chiesa detta La Sospesa.
La sinagoga Ashkenazi che si trova in Attaba el Khadra Square, costruita nel 1887, ha bisogno di una manutenzione completa, oltre a lavori di ristrutturazione dei suoi pavimenti e delle pareti. Gli ebrei ashkenaziti, provenienti dall’Europa orientale, hanno fondato nel Paese la loro comunità nel 1865 e hanno rappresentato circa l’8 per cento di tutti gli ebrei d’Egitto. Negli anni Quaranta la sinagoga è stata oggetto di atti di vandalismo, fu saccheggiata e incendiata. Venne ricostruita nel 1950; a inaugurarla fu Liscovitch, un gioielliere del Cairo, in quegli anni il capo di quella comunità. Significativo fu che l’Arca Santa di questa sinagoga ashkenazita fosse ornata con una tenda del xvii secolo proveniente dalla sinagoga perduta nota come “Torkiya” che si trovava a el Haret Yahoud (il quartiere dei Giudei) tra i brulicanti, al tempo, mercati di Mousky e il bazar di Khan el Khalili.
La sinagoga Sha’ar Hashamayim (Porta del Cielo) si trova al numero 17 di Adly Street nel quartiere Ismailia della capitale cairota. Costruita nel 1899, ricorda nello stile gli antichi templi egizi e allora era il più grande edificio che si affacciava sul viale. È una sinagoga sefardita, ma molti ebrei ashkenaziti erano membri della sua congregazione e hanno contribuito alla sua costruzione e manutenzione.
Oggi, nonostante il loro piccolo numero, i membri della comunità ebraica in Egitto continuano a curare e a valorizzare il patrimonio ebraico. Incessante in tal senso è l’impegno di Magda Haroun, attuale presidente della comunità ebraica egiziana, che in una recente intervista al quotidiano «Al-Youm al-Sabeh» aveva lamentato le mancate promesse dei funzionari egiziani responsabili della documentazione e del restauro degli edifici ebraici. Ma Magda Haroun, nota in Egitto per la sua tenacia, si è rivolta direttamente al presidente Abdel Fattah al-Sisi chiedendo un suo intervento affinché i responsabili avviassero un progetto per preservare questo patrimonio culturale, soprattutto dopo che infiltrazioni d’acqua avevano danneggiato le pareti di alcune sinagoghe.
«Sono consapevole delle priorità di questo Paese e delle grandi responsabilità che il presidente al Sisi deve fronteggiare, ma sono stata costretta a rivolgermi a lui per cercare di preservare questo grande patrimonio», ha detto Haroun. E al Sisi pare avere accolto la richiesta di aiuto con l’annuncio fatto dal ministero della nascita di un comitato speciale per fare il punto sulle Antichità giudaiche nelle sinagoghe e per catalogarle.
di Rossella Fabiani