Cesare Battisti è stato arrestato dalla polizia brasiliana mentre tentava la fuga, destinazione Bolivia. Al valico di Corumbà-Puerto Suarez è stato fermato per un pugno di dollari, infatti, l’ex terrorista è stato ritrovato con una somma di denaro ben superiore alla soglia massima consentita che ha insospettito le guardie. La sede diplomatica italiana è in allerta, in cima alla lista dei problemi da sbrigare per l’ambasciatore Antonio Bernardini c’è senz’altro il caso Battisti.
Da sempre in salita, la strada per l’estradizione di Cesare Battisti è da molto tempo una trattativa di rilievo tra il nostro governo e quello brasiliano. Una mediazione con tanti segreti diplomatici su cui ha lavorato il quotidiano brasiliano «Il Globo» che negli ultimi giorni rivela nuove ipotesi in grado di spiegare il tentativo di fuga da parte di Battisti. La possibilità più accreditata è la paura dell’ex terrorista di perdere lo status di rifugiato, accordatogli nel 2010 da Lula, e non più garantito dal nuovo governo verdeoro.
Un cambio di aria, un vento politico diretto verso l’Italia che avrebbe spaventato Battisti al punto di scegliere per la fuga ed evitare di scontare la condanna all’ergastolo emessa dalla giustizia italiana per quattro omicidi, due commessi direttamente e altri due in concorso. Il contatto più recente si è svolto con il governo Gentiloni a New York durante l’assemblea generale dell’Onu lo scorso 18 settembre. Un’intesa che aveva ancora bisogno di qualche dettaglio e che sarebbe dovuta restare segreta. Il presidente Temer, secondo il Globo, avrebbe dichiarato in via confidenziale che la restituzione di Battisti all’Italia “sarebbe un gesto auspicato e diplomaticamente molto importante”.
Battisti ha vissuto fino ad ora almeno tre vite. La prima inizia quando da delinquente comune nel carcere di Frosinone viene “politicizzato” dai racconti di Arrigo Cavallina, ideologo dei Proletari armati per il comunismo. Con il piccolo gruppo terrorista Battisti commette i crimini più spietati in cui sono morti il gioielliere Pierluigi Torregiani, il macellaio Lino Sabbadin, uccisi il 16 febbraio del 1979 a Milano e a Mestre perché militanti del Movimento Sociale Italiano. E ancora, la guardia carceraria Antonio Santoro a Udine e il poliziotto Andrea Campagna. Una breve e folle stagione che si conclude con il carcere. La seconda vita, ha inizio con l’evasione. La fuga dal carcere avviene nel 1981, la destinazione è quella che va per la maggiore nel terrorismo rosso: Parigi. Non mancherà una fase in Messico. Ma di grande aiuto risulterà la “dottrina Mitterand” gli concede l’asilo politico, in caso specifico concede l’asilo a chi non si è macchiato di sangue, non è il caso di Battisti ma non sono mancati equivoci in suo favore. Nel 1981 è un clandestino, vive in una soffitta, fa il portiere di uno stabile. Inizia a scrivere libri gialli con un discreto successo che gli aprono le porte della comunità parigina di Expat dove si incontravano personaggi come Toni Negri e Oreste Scalzone.
Tornano i problemi e i guai per Battisti quando nel 2003/04 il Consiglio di Stato francese pensa all’estradizione, ma, in questa vita non è più un assassino o un criminale comune, in Francia gli intellettuali, tra cui Daniel Pennac, si schierano in sua difesa. Il grande pensatore Bernard-Henri Lévy scrisse da in sua difesa con un esordio ambiguo ed eloquente allo stesso tempo: “ignoro se abbia commesso o no i crimini che gli sono imputati”. Nel frattempo che si attendeva una decisione sulla richiesta di estradizione, Battisti fugge di nuovo. La leggenda narra il tentativo di raggiungere l’Africa, passando per la Corsica con una barca ma poi retromarcia e via, destinazione Sudamerica, per la precisione in Brasile, dove vive la sua terza vita fino all’arresto al confine con la Bolivia. La quarta e possibile ultima vita di Battisti potrebbe essere in Italia, o forse no. Staremo a vedere.
Ennio Remondino. Per approfondimenti: remocontro.it
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