Ultimo incontro del 2020, in remoto, promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos congiuntamente con lo Spazio Open nell’ambito delle conversazioni curate dal Dott. Vincenzo Musolino disponibile su You Tube e sul sito facebook di anassilaos. Al centro della riflessione dello studioso, avente per tema “Il Vangelo è di sinistra, è socialista?” la figura di Wilhelm Röpke. Rileggendo Wilhelm Röpke a più di 50 anni dalla morte – rileva Musolino – e dalle battaglie di una vita intera spesa contro il collettivismo, l’attualità di questa domanda si rileva come decisiva. E per questo la risposta, da posizioni cristiane e liberali, non può che essere un no! Purtroppo, l’impegno concreto di molti cristiani, ancora oggi, è politicamente mosso da un giacobinismo pseudo-pauperistico e da una visione “necessaria” e “giusta” del corso storico che contraddice la libertà, la società aperta, il culto della persona e del suo valore. Röpke, nei suoi scritti fino al 1965, si oppose a quel fatalismo storico-filosofico che pretende di aver scrutato le carte del destino e di possedere le mappe dell’itinerario storico corretto. E a tutto questo contrappose un vero e proprio “scetticismo cristiano” che demitizza e desacralizza ogni opzione politica od economica che venga presentata come salvifica. Ed oggi, la fede cristiana è libera dal rischio della statizzazione dell’individuo? Dalla paradossale incomprensione delle regole spontanee e sussidiarie dell’economia di mercato? Dall’esame di non poche prese di posizione ecclesiastiche contro il “capitalismo” ed il c.d. neoliberismo sembrerebbe proprio di no. Una incomprensione paradossale ed antistorica che non tiene conto del fatto che proprio l’affermazione della globalizzazione e del libero scambio ha consentito, negli ultimi 30 anni, la più formidabile uscita di massa dallo stato di povertà mai avvenuta nella Storia. Ancora, la vulgata della critica “evangelica” alla società dei consumi è davvero imputabile ai fondamenti della società aperta basata sulla libera circolazione delle merci e delle persone? I frutti marci della società dei consumi illimitati, della domanda insaziabile non sono i frutti propri del mercato, della concorrenza, di quello che molti chiamano capitalismo. Il mercato, la società della libera circolazione, non si fonda, infatti, sul consumo facile, ma sul risparmio; la sua sede naturale è il libretto di risparmio e non il portafoglio bucato. E mentre il “conservatore” Hayek invitava cittadini e statisti ad avere una visione di lungo periodo nella gestione delle risorse e mentre il “cristiano” Röpke fondava la propria difesa del mercato sul valore spirituale della persona, i “progressisti” keynesiani rinnegavano il problema del lungo periodo. Ancora oggi intellettuali ed economisti spingono per lo sbilanciamento come risposta a tutte le crisi, per l’amministrazione “facile”, refrattaria alle regole, dei soldi pubblici, magari ancora nel nostro Sud dove il problema non è quello delle scarse risorse statali e parastatali, ma è, al contrario, difficoltà di gestione efficace, mancanza di meritocrazia, assenza di servizi idonei, oblio della cultura del lavoro, sostituita dalla droga assistenzialistica, cui si aggiunge, ora, la facile quanto irresponsabile retorica del c.d. reddito di Stato per gli inoccupati. Contro “valori statolatrici” Röpke rappresenta la convinzione che l’individuo è l’homo agens che resiste ad ogni generalizzazione. Il soggettivismo cattolico e liberale mostra l’impossibilità di ridurre la complessità umana ad un modello massimizzatore di soddisfazioni e bisogni catalogati rigidamente. L’homo oeconomicus, al contrario, è fortemente connesso all’imporsi dirigista di sistemi welfaristici che necessitano dell’individuazione di precisi beni pubblici e bisogni globali per la cui produzione e soddisfazione di massa sarebbe moralmente legittimo anche il ricorso alla coercizione statale e, dunque, alla concussione dei diritti individuali. Tutto ciò urta con la varietà delle preferenze e dei bisogni del Singolo. In tal senso, un programma autenticamente cristiano di economia umana è ben espresso dal titolo più famoso di Röpke: da quella “civitas humana” che esprime la fonte di una ispirazione preoccupata dal fatto che l’economia in quanto tale non venga disgiunta –attraverso la retorica della società del benessere o quella demagogica della spesa pubblica e dell’indebitamento – dalla filosofia morale, dalla puntualizzazione squisitamente storicista della centralità del cristianesimo della storia d’Occidente.
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