Sul litorale calabrese sbarcano le prime comitive di turisti provenienti da tutta Italia e anche da numerosi paesi europei. Le strutture balneari sono quasi tutte aperte, filari d’ombrelloni sugli arenili e, soprattutto, tanta gente già pronta a tuffarsi in un mare cristallino che richiama i suoi antichi splendori. Sarà così per tutta l’estate? Sarà così per sempre? Difficile dirlo. La notizia del ritrovamento, da parte dei tecnici della Stazione zoologica “Anton Dhorn”, sezione di Amendolara, di un tubo che scarica liquami a poche decine di metri dalla riva nello specchio d’acqua antistante la Piana di Gioia Tauro rinfocola nuovi dubbi, nuove paure. Il “vulcano ribollente” sottomarino, con tutti i suoi veleni sparsi sui fondali, riporta a galla verità datate, denunce e azioni di proteste fatte più volte da associazioni e movimenti di protesta e, puntualmente, cadute nel vuoto. Il silenzio delle istituzioni, nel corso degli anni ripetutamente e vanamente sollecitate ad intervenire, a poco a poco, ha soffocato le speranze di cittadini e operatori turistici. Di tutte le ricerche fatte a mare da gruppi speciali di sommozzatori della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza, degli scavi effettuati per chilometri sulla battigia che dalla foce del Mesima porta alla scogliera di Nicotera Marina, dalle ricerche portate avanti dalle forze dell’ordine non si è mai saputo nulla.
Una sorta di pesante indifferenza contro la quale il “Comitato spontaneo di cittadini per la tutela dell’ambiente e della costa tirrenica”, guidato da Giacomo Saccomanno e ancora attivo, ha “sparato” qualcosa come 55 tra esposti e denunce inviandoli a tutti gli uffici e ministeri competenti senza mai ricevere, però, una risposta. Nessuna reazione neppure di fronte alla denuncia dei responsabili delle principali istituzioni per “connivenza in disastro ambientale”. A poche son valse pure le proteste del movimento “14 luglio” alla fine sfociate nell’occupazione della sede municipale e dei binari della stazione di Rosarno, nonchè in una “serrata” dei lidi e degli esercizi commerciali in piena estate. Oggi, tuttavia, la situazione sembra lentamente incanalarsi su nuovi percorsi. Durante tutto l’inverno, le procure di Lamezia e Vibo, l’Arpacal, i Carabinieri, la Polizia e la guardia di Finanza, nonchè la Capitaneria di porto di Vibo Marina e la Stazione zoologica di Amendolara guidata da Silvio Greco hanno lavorato per tracciare linee d’intervento efficaci e tempestive.
Tutto il litorale e l’entroterra, da Tortora a Nicotera e alcune zone del Reggino, è stato passato al setaccio e i corsi dei fiumi sono stati controllati sino alla sorgente. Azioni a tutto campo che si sono tradotte in sequestri di depuratori, decine di denunce a danno di persone e aziende, numerosi arresti. Un lavoro senza precedenti, un chiaro avvertimento rivolto agli “inquinatori” per significare loro che ogni azione rivcontro l’ambiente e contro la salute delle persone non resterà impunita. In altre parole, c’è una diversa sensibilità istituzionale, una volontà sbandierata ai sette venti di voler fare fronte comune contro tutte le forme di scarichi abusivi che, ad oggi, hanno devastato l’immagine del mare calabrese con ricadute negative sull’economia della regione. Di più, ancora. C’è una diversa sensibilità di cittadini, associazioni e comitati, che ormai hanno non solo messo radici su tutto il litorale tirrenico, ma sono pronti a cooperare per evitare che si ripetano le “sconcezze marine” del recente passato. Partendo da Nicotera, dove a vigilare c’è il movimento “14 luglio”, si arriva a Tropea dove sventola la bandiera dell’ agguerrita associazione “Mare pulito Bruno Giordano” guidata da Francesca Mirabelli. Poco più a Nord, sul litorale lametino, a vigilare contro l’inquinamento ci sono 14 associazioni che hanno unito le loro forze dando vita al “Gruppo uniti per il golfo di Lamezia”. Il senso civico non dorme neppure sul litorale paolano dove a tenere sotto pressione gli “inquinatori” è nata l’associazione “Mare pulito” sottoscrittrice, nello scorso dicembre, di un protocollo per la salvaguardia del mare al quale hanno aderito la Provincia di Cosenza, l’Arpacal e i delegati dei comuni costieri compresi tra Paola e Tortora. In altre parole, la tolleranza per il mare inquinato è finita. Chi scarica abusivamente a mare o nei corsi d’acqua ne prenda atto.