La festa delle Palme commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto dalla folla che lo acclamava come re, agitando fronde e rami presi dai campi. Una tradizione che rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog, il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo. Una festa a carattere agricolo, configurata come ringraziamento a Dio per il raccolto (Giudici 9, 27) e per i frutti donati nell’anno trascorso dalla Natura. “Osserverai la festa della mietitura, delle primizie dei tuoi lavori, di ciò che semini nel campo; la festa del raccolto, al termine dell’anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi” (Esodo 23; 16-16). “Celebrerai la festa delle capanne per sette giorni, quando raccoglierai il prodotto della tua aia e del tuo torchio; gioirai in questa tua festa, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo schiavo e la tua schiava e il levita, il forestiero, l’orfano e la vedova che saranno entro le tue città. Celebrerai la festa per sette giorni per il Signore tuo Dio, nel luogo che avrà scelto il Signore, perché il Signore tuo Dio ti benedirà in tutto il tuo raccolto e in tutto il lavoro delle tue mani e tu sarai contento” (Deuteronomio 16; 13-15). Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli. Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi; Luca non ne fa menzione mentre Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16). Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenne celebrazione corale per la liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni visse sotto le tende e nelle capanne. Secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa. A Bova, nella domenica delle Palme si rinnova il rito pasquale, una festa speciale del mondo cristiano, legato a usi e costumi del passato, con puri sentimenti di devozione. Le tradizioni popolari ricorrono al canto della speranza quando abili intrecciatori e addobbatori (laboratorio attivato dal Comune) lavorano i rami d’ulivo rendendoli simili a figure femminili, madri e figlie, adornate e vestite con fiori freschi di campo e ingioiellate con frutta fresca e primizie. La funzione, sia essa legata a miti primitivi di Demetra e Persefone o di Artemide o alla religiosità bizantina, unisce antiche tradizioni del mondo greco ed esprime un modello culturale agro pastorale incorporato nella religione cristiana. Nella Chòra tu Vùa, la tradizionale cerimonia della Festa delle Palme è stata magnificata da Monsignore Don Leone Stelitano: processione per le vie del paese, benedizione degli Ulivi e delle Palme e dei fedeli con acqua e incenso Santa Messa. Durante l’omelia, Don Leone ha sottolineato l’importanza liturgica della funzione. In testa al corteo, sorreggendo le sacre bellezze artistiche, il Sindaco dott. Santo Casile e il Vicesindaco Gianfranco Marino, nonché gli amministratori e i consiglieri comunali, il comandante della Stazione dei Carabinieri Maresciallo Ord. Walter Irrera, l’Arhitetto Giovanni Malara, il Capitano CC Cosimo Sframeli “cittadino onorario” di Bova. Alla fine della funzione gli ulivi e le palme benedetti sono state smembrate e condivisi in piazza con tutta la popolazione presente. La gente, intervenuta da ogni parte d’Italia ha partecipato con i presenti di un universo unitario e monastico armonizzato dalla concezione mistica e realistica in preparazione di ciò che sarà, nella settimana santa, la passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
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