1)COME SEI RIUSCITA A RICOSTRUIRE LA GIORNATA, CONSIDERANDO CHE C’E’ STATA UNA PRIMA ONDATA E UNA SECONDA ONDATA, E PERCHE’ DICI CHE ISRAELE SI E’ ILLUSO CHE HAMAS FOSSE INTERLOCUTORE RAZIONALE?
Il libro 7 ottobre 2023 è stato reso possibile grazie a Repubblica, ed è un progetto che serve per documentare la cronaca di questa giornata, che ha un pò rappresentato lo spartiacque di quello che è un Medio Oriente prima del 7 ottobre e un Medio Oriente dopo del 7 ottobre, di cui stiamo vivendo le ripercussioni.
Quindi il libro è un racconto giornalistico, una cronaca giornalistica dei fatti, non c’è un punto di vista personale, ma è solamente dare la voce alle vittime, ai sopravvissuti, basandomi sul materiale, in buona parte inedito delle fonti , interviste scritte ai sopravvissuti, alle persone che si erano rifugiate nelle stanze rifugio per ore, mentre veniva compiuto l’attacco organizzato da Hamas, ma a cui hanno partecipato altre sigle: Palestinesi, tra cui il fronte per la liberazione Palestina, i Tanzim e la Jihad Islamica.
Incrociando queste interviste, incrociando interviste ad alcuni ostaggi tornati dopo l’accordo di fine novembre, che hanno raccontato che cos’era essere portati a Gaza. Una delle immagini più importanti, non tanto raccontate mentre gli ostaggi venivano trasportati verso Gaza, loro vedevano nella direzione opposta da Gaza a Israele centinaia di persone civili, che sono quelli che io descrivo nel libro come la seconda ondata, cioè mentre la prima ondata era quella degli operativi di Hamas organizzata e pianificata, che a partire dalle 6,29 del mattino, con la copertura dell’attacco missilistico, hanno sfondato il confine con Israele e si sono infiltrati nel Kibbutz, nelle cittadine a ridosso della striscia di Gaza e hanno compiuto questi massacri atroci; questa seconda ondata sono persone civili, che hanno sentito e visto come tutti noi le immagini online e hanno deciso di partecipare, rispondendo alla chiamata del capo di stato maggiore di Hamas, che è stato eliminato da Israele quattro mesi fa ormai, che alle 8,00 del mattino annunciava l’inizio dell’operazione Alluvione Al-Aqsa, invitando chiunque aveva un coltello, un’ascia ,un camion a sfondare il confine e questo è effettivamente avvenuto, ed è oltre ad essere documentato in numerosi video e raccontato dagli ostaggi che sono potuti tornare.
Ricordo che ci sono ancora 101 ostaggi trattenuti a Gaza . Poi incrocio i video.
La peculiarità è che è stato documentato in presa diretta, in primis dai terroristi stessi grazie alle bodycam che indossavano perché faceva parte del piano di attacco quello di caricare subito online come strumento di guerra psicologica.
Poi incrocio anche le comunicazioni whatsApp, i messaggi delle persone coinvolte, compresi anche i soccorritori e faccio anche una ricostruzione, perché il libro è diviso in tre capitoli: c’è l’introduzione di Enrico Franceschini giornalista di Repubblica, poi c’è un primo capitolo che riguarda le prime cinque ore dell’attacco prevalentemente nel Kibbutz e il secondo capitolo si chiama “il Ground Zero” dell’attacco dove sono morte 410 persone, principalmente giovani che avevano partecipato al Festival della musica, peraltro all’insegna del pacifismo, della speranza e dell’ottimismo, invece sono stati massacrati.
Il terzo capitolo si chiama “dov’è l’esercito?
Questo capitolo è proprio focalizzato sul cercare di capire il perché del fallimento di Israele nell’ identificare e prevenire il piano di Hamas.
Israele pensava che Hamas non avrebbe mai fatto un attacco di questo genere, questo è un errore, perché Hamas è un attore che è disposto a sacrificare la propria popolazione civile per un’ideologia terrorista, fondamentalista, che non prevede nessuna presenza ebraica dal fiume Giordano al Mediterraneo, quella per i Palestinesi è un’area colonizzata e non c’è una soluzione per Hamas di due stati possibili, non c’è un compromesso con Israele.
Questo è stato l’errore di valutazione per Israele per molti anni.
Infine faccio un analisi dell’anno trascorso dall’attacco.
Ho incrociato tutte queste fonti, ed è la prima volta che in qualsiasi lingua esce una cronaca dettagliata di questo evento, e per ricordare e capire l’atrocità di questo attacco, l’intenzionalità che voleva andare a colpire civili, la maggior parte infatti sono civili Israeliani e molti di loro sono pacifisti.
2) COSA RAPPRESENTA IL 7 OTTOBRE?
Il 7 ottobre rappresenta una data storica perché credo che il Medio Oriente che stiamo vivendo ora sarà un Medio Oriente profondamente diverso da quello che conoscevamo prima, in quanto stiamo vivendo lo sbaragliamento di tutte le alleanze.
E’ importante ,tra le altre cose, capire cosa succederà dopo le elezioni americane, chi sarà il prossimo presidente, perché tutta la partita in Medio Oriente è legata al sostegno degli Stati Uniti, quindi capire quali saranno le decisioni della nuova amministrazione americana.
Nelle prossime settimane si potrebbe vedere la fine della fase acuta della guerra e iniziare a parlare di una fase politica, perché dobbiamo capire che chi dovrà entrare a Gaza e investire per la ricostruzione vuole avere garanzie, e ricordiamoci che Hamas aveva fatto fuori il partito di Fatah, che da allora non ha potuto mettere piede a Gaza e quindi bisogna capire quale potrà essere il ruolo dentro Gaza, se sarà legittimato o non o sarà
3)QUANTO INCIDONO I SOCIAL?
Le nuove generazioni, si basano sia per informarsi che per comunicare sui social media che sono di per se uno strumento estremamente dicotomico e manicheo: messaggi brevi e sintetici, bianco o nero, senza capacità di approfondimento di questioni estremamente complesse per tutte le tematiche, ma se parliamo di questo argomento è molto difficile, perché si tratta di un conflitto secolare che ha delle basi ideologiche e i social media, non rendono tutte queste complessità e vediamo un incremento dell’antisemitismo online, che poi ha una ripercussione in tutto il mondo, nei campus americani e questo è molto problematico perché non si riesce ad approfondire e a ragionare su quali possono essere le soluzioni alternative, e a vedere diversamente le cose, da come potremmo banalmente descriverle con uno smile, perché si riduce tutto ad un’icona, invece bisogna studiare, leggere e approfondire.
Credo che quello che sarebbe importante, è cercare di approfondire, cercare un dialogo con chi la pensa diversamente.
Per quanto riguarda Israele e Palestina è una grande sfida e ci vorrà un percorso lungo, però dobbiamo guardare al passato, per esempio la Seconda Guerra Mondiale, che era il culmine di secoli di rivalità tra le varie entità europee, culminata in 60 milioni di morti , che hanno portato alla costruzione dell’Unione Europea, un lungo periodo di pace, però oggi minata ,se pensiamo al conflitto Russia-Ucraina e anche se vogliamo rimanere all’arena Medio-Orientale, ricordiamo che nel 1973 nella guerra del Kippur, quello fu fino al 7 ottobre 2023 il grande conflitto che c’era stato, e pensate che quattro anni dopo Israele ed Egitto fecero pace, l’allora presidente egiziano Sadat venne nel 1977 in visita storica a Gerusalemme, e fu accolto con grande calore dalla popolazione civile israeliana, nonostante la guerra era stata dolorosa e sanguinosa.
Forse purtroppo la natura umana deve portare sempre a vedere sangue, disperazione e distruzione per poi capire che bisogna ricominciare da zero e si possono palesare alleanze che non avremmo mai immaginato.
Il prezzo è caro e disgustoso.
Speriamo che questa guerra possa finire e si possano piantare le basi per un Medio Oriente migliore e di pace.
4)NEL LIBRO C’E’ UN CAPITOLO DEDICATO AL DOTTOR YUVAL BITTON ED E’ UNO DEI CAPITOLI PIU’ SIGNIFICATIVI.
LO DESCRIVE BREVEMENTE?
Yuval Bitton è una delle testimonianze dolorose cui ho dato spazio nel libro. Ha iniziato la sua carriera come dentista del servizio penitenziario israeliano, per poi arrivare a essere il capo dell’intelligence dello stesso istituto. Quindi ha ore e ore alle spalle di conversazioni con Sinwar e altri detenuti ora nella leadership di Hamas. «Ora siete forti, ma forse tra dieci o vent’anni sarete deboli, e attaccherò», glielo ripeteva sempre Sinwar. Bitton ha contribuito alla diagnosi che ha salvato la vita a Sinwar mentre era detenuto. Il 7 ottobre suo nipote Tamir viene ucciso a Nir Oz e portato ostaggio a Gaza. Anche Bitton è una delle figure che ho seguito dall’inizio della guerra in diverse tappe e abbiamo avuto conversazioni anche profonde su questo destino atroce che ha accompagnato la sua storia personale in questa tragedia. Sembra un perfetto script di Hollywood, una storia da Fauda. E invece è pura realtà.
5)NELL’ULTIMA PAGINA C’E’ UNA DEDICA. CHI E’ OLIVER?
Oliver è il figlio di Nadav Kipnis e Sharon Lavon, sfollati dal Kibbutz Be’eri. È nato il 16 agosto 2024. Il suo nome racchiude la memoria dei suoi nonni, uccisi il 7 ottobre, con l’acronimo della frase in ebraico: “Eviatar e Lilach manterranno la gioia nei nostri cuori”. I genitori di Nadav sono stati uccisi nel pogrom del 7 ottobre insieme ad altri due famigliari, mentre altri nove venivano rapiti. Uno tra loro è ancora ostaggio a Gaza. Ho conosciuto Nadav nei primi giorni dopo l’attacco, quando ancora non sapeva quale fosse il destino dei suoi genitori (che inizialmente sono stati dati per rapiti, poi dispersi, infine identificati come morti con l’esame del dna sui loro resti). La famiglia Kipnis ha anche cittadinanza italiana, quindi si è sviluppato un rapporto stretto con Nadav, che ho seguito dagli inizi della crisi. Siamo anche venuti in Italia a novembre, quando c’è stato l’incontro con il Papa. Oliver è stato concepito poco dopo la tragedia, la più concreta testimonianza della forza insita nel cerchio della vita e della morte. Mi auguro che possa tornare a Be’erì quanto prima, e crescere come quarta generazione della sua famiglia nel Kibbutz, nella speranza che la sua possa essere la prima a vivere un futuro di pace.
6) QUALI SENTIMENTI HANNO ALBERGATO NELLA SUA ANIMA DURANTE LA STESURA DI QUESTO LIBRO?
Sentimenti che hanno albergato nella mia anima: io sono stata sul campo da subito e devo dire che dopo uno shock iniziale, perché il primo nome reso noto era una persona che conoscevo, Ofir Libstein , Sindaco di Shaar Hanegev una delle aree prese di mira dall’attacco, che era uscito per difendere i suoi concittadini ed è stato ucciso.
Da subito ho capito che stavamo andando di fronte alla guerra più disastrosa della storia di Israele, e questo mi ha portato un pò avanti nel creare una cortina di ferro tra me e i sentimenti, per andare avanti, analizzare la situazione e cercare di raccontare questa storia, questa giornata dalle dimensioni inimmaginabili e inspiegabili e per capirla e raccontarla ci voleva del fegato, che io continuo ad avere, ed è importante mantenere un distacco quando si raccontano i fatti.
Per chi volesse acquistare il libro:
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