Misericordia e Giustizia: i mafiosi sono nostri fratelli? Tavola Rotonda a dieci anni dalla visita di Papa Francesco a Cassano all’Jonio a cura di Michele Munno. Shalom Editrice

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Il volume curato dal Prof. Michele Munno raccoglie gli Atti della Tavola Rotonda promossa dalla Conferenza Episcopale Calabra per riflettere, a dieci anni dalla visita di Papa Francesco, sul fenomeno mafioso con equilibrio tra misericordia e giustizia.

Attraverso temi come la scomunica ai mafiosi e l’evangelizzazione in terre contaminate dalla mafia, il libro riafferma la ferma condanna della Chiesa e l’importanza della misericordia verso chi si pente.

Dagli atti del convegno riportati nel libro si evince, in particolare, la necessità di   costituire un Centro regionale di formazione per sostenere la pastorale antimafia, affermata  da  Don Ennio Stamile, il sacerdote simbolo della lotta alla mafia nell’alto Tirreno cosentino, referente di Libera.

La Chiesa calabrese sente il bisogno di attivarsi nella lotta concreta al fenomeno mafioso che, come si sente dire spesso nei convegni, va combattuto a livello culturale.

Tema che mette tutti d’accordo.

In particolare,  il punto di vista della Chiesa Cattolica passa attraverso concetti come la misericordia, il perdono che, non necessariamente, devono coincidere con la giustizia terrena.

Il messaggio molto chiaro della Cec parte da tre concetti fondamentali su cui si deve poggiare la lotta alla mafia: la condanna, il biasimo e l’isolamento.

Questa la strada che la Chiesa calabrese indica oggi ai cristiani.

La chiara condanna che, comunque  non esclude la speranza ed il perdono cristiano.

Don Stamile cita due simboli della lotta alla mafia.

Monsignor Bregantini che aveva già dato l’esempio concreto con le sue battaglie per le cooperative sociali e Peppino Impastato che, tra le altre cose, predicava la bellezza come antidoto alla mafia.

Altra voce autorevole quella di Don Pino De Masi, anche lui  referente di Libera, il quale  afferma che attraverso il sistema dei rapporti che costruisce, la mafia regola la società.

E la Chiesa in tutto questo come si pone? L’equivoco di fondo nasce dalla religiosità mafiosa, cristallizzata nel tempo, che la criminalità usa non solo strumentalmente ma, fatto ancora più inquietante, come sovrastruttura, come potere che si appropria della simbologia, di riti e, perfino dello stesso  potere divino.

“Ecco perché non esistono mafiosi atei ed anticlericali, ecco perché i mafiosi sono in testa alle processioni e le organizzano, in maniera ossessiva. Non è solo opportunismo ma una vera e propria religione di servizio”.

Don Pino De Masi ricorda le preziose figure   Falcone e Gratteri.

Altri interventi autorevoli  presenti : Don Roberto Oliva, Don Giuseppe Fazio, Don Antonino Iannò, Giancarlo Costabile e tanti altri.

Importante il messaggio sottolineato:  non basta il sacramento per definirsi cristiani ma serve una nuova pastorale.

La postfazione  è stata curata da Don Luigi Ciotti.

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