A conclusione del ciclo di incontri promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos presso la Biblioteca De Nava e dedicati alla storia contemporanea con la partecipazione di studiosi giovani e meno giovani (Giuseppe Caridi, Antonino Romeo, Antonio Buttiglione e Fabio Arichetta) il “mistero della lapide scomparsa” di cui ha parlato Giuseppe Diaco, collezionista, cultore di storia e responsabile eventi di Anassilaos, ha particolarmente attirato l’attenzione e la curiosità del pubblico. Nel gennaio del 1878, in concomitanza con la scomparsa di Vittorio Emanuele II (9 gennaio) in tutta Italia si svolsero manifestazioni esequiali in memoria del defunto sovrano. Anche Reggio Calabria e i Comuni della Provincia reggina presero parte a tali manifestazioni. Nel Capoluogo – raccontano le cronache dell’epoca – un catafalco fu eretto nella cattedrale e intorno ad esso si svolsero numerose cerimonie al termine delle quali autorità e popolo si recarono in processione verso quella che era il centro della città, quella Piazza Vittorio Emanuele II, già Piazza della Cattolica, Piazza Gioacchino e Piazza dei Gigli, nella quale fin dal 1868 (12 settembre) era stato eretto un monumento, opera di Rocco Larussa, che rappresentava l’Italia e che sostituiva il precedente monumento che i Reggini avevano dedicato il 19 agosto del 1828 alla memoria di Ferdinando I, abbattuto il 21 agosto del 1860 da quelli che il Guarna Logoteta definisce “orda di villanzoni”, peraltro redarguiti duramente da Nino Bixio. Nella circostanza, sul lato nord del basamento del monumento fu affissa una “lapide” commemorativa del sovrano “fondatore dell’Unità Nazionale Unita”. Qualche anno dopo (1886) sul lato sud del basamento fu affissa una iscrizione commemorativa dei martiri della rivoluzione reggina del 1847, tuttora in situ e visibile anche se oggi posta a nord della Piazza. Infatti nella ristrutturazione della stessa piazza all’indomani del sisma del 1908 (1920) il monumento di Larussa fu spostato al centro della stessa, di cui divenne il perno centrale rispetto anche agli edificandi nuovi edifici pubblici (Comune, Provincia, Prefettura). Nella circostanza le iscrizioni sul basamento furono invertite e quella commemorativa del Sovrano sabaudo volta verso il Palazzo del Governo, ancora visibile nelle immagini delle cerimonie pubbliche che si svolsero in Città per tutti gli anni Trenta, compresa la visita di Vittorio Emanuele III nel maggio del 1930 in occasione della inaugurazione del Monumento ai Caduti. Se l’epigrafe dedicata ai martiri del 1847 – rileva Diaco – è tuttora al suo posto, quella dedicata a Vittorio Emanuele non c’è più. Tenuto conto che egli è stato il capostipite di una dinastia (I Savoia) che hanno retto l’Italia fino al 2 giugno 1946, è impensabile che sia stata “cancellata” negli anni del Regno. Non risulta peraltro che il Monumento sia stato danneggiato dagli eventi bellici del 1943-1944 anche se spezzoni incendiari colpirono il Teatro Comunale e la vicina Prefettura era un obiettivo sensibile. E’ possibile che essa sia stata cancellata per una sorta di “damnatio memoriae?”. Da notare – rileva Diaco, che si rivolge ai cittadini e agli studiosi affinché lo aiutino a risolvere tale mistero – che in situ compaiono le borchie che dovevano pur sostenere l’epigrafe.
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