Andando in giro per la Calabria, è possibile accorgersi del fatto che in tanti paesi è rimasta ancora intatta la tradizione dei maestri vasai che già in epoca greca realizzavano anfore, kantaroi, lucerne.
Tra questi paesi vanta – assieme ai comuni di Soriano calabro (soprattutto per la produzione di giare detti giarri ) e di Mileto (in questo caso per la produzione di brocche dette vozzi) – una nobile tradizione il piccolo ma grazioso borgo di Gerocarne, in provincia di Vibo dove il rione dei vasai si trovava pressa la chiesetta della Madonna di Pompei e dove questa nobile attività della lavorazione dell’argilla è stata descritta fin dal 1500 nel libro “De Situ et Antiquitate Calabriae” dello storico Michele Barrio per il quale tale attività era indubbiamente favorita dall’abbondanza in loco di alcuni materiali quali gesso e caolino presenti in alcune cave frazioni urbane di Ciano e di Ariola. L’attività dei maestri vasai è poi attestata sia dal Catasto onciario del Regno di Napoli che dall’archeologo francese Lenormant.
Le fasi di produzione dei manufatti in argilla si declinano in quattro procedimenti. Durante la prima fase infatti si precede all’estrazione e alla battitura della terra argillosa, la pulitura delle eventuali impurità e la preparazione dell’impasto. Nella seconda fase invece si bagna il piano di lavoro dove va appoggiato il pane di creta affinchè non si attacchi troppo, poi si pone lo stesso pane di pietra sulla girella e si modella l’oggetto per poi staccarlo con il fio o laccio, mettendolo poi ad asciugare. proseguendo, dopo una prima cottura, gli oggetti vengono decorati con appositi colori ricavati da alcuni metalli come il cobalto, il manganese, l’ossido di rame e ferro detti stagni. Segue indi la lucidatura che avviene con una tecnica assai antica detta ingabbiatura, ottenuta mediante l’immersione dell’oggetto di argilla rossa in un impasto liquido di caolino.
Oggi questa tradizione è portata avanti ancora da un pugno di maestri che nel chiuso delle loro piccole botteghe, sanno realizzare veri e propri oggetti d’arte come i vasi dalle forme tradizionali come le caratteristiche “legane” screziate di verde e i “salaturi”, recipienti in cotto usati dalle brave massaie di tutti i tempi, per conservare gli alimenti sotto sale e sott’olio.
Ed è notizia di poche settimane fa che questi oggetti – grazie ad un recente accordo firmato tra l’amministrazione comunale di Gerocarne e l’orafo Gerrdo Sacco usciranno dalle cucine, dove ottimamente svolgono uno “squisito” lavoro, per entrare nelle oreficerie in giro per il mondo nella veste di eleganti elementi d’arredo.