Un viaggio tra arte e bellezza nel libro di Don Francesco Vardè.

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Bellezza ed arte nella vita della comunità cristiana. E’ questo il titolo che Don Francesco Vardè – sacerdote dal 1993 e parroco di Nicotera dal 1998 – ha scelto per il suo libro, pubblicato nel 2014 da Editoriale progetto 2000. Un campo che potrebbe sorprendere un osservatore non attento, quello scelto dal presule – l’arte per l’appunto – ma non per Don Vardè che appassionato da sempre da questa materia (al punto da seguire i corsi di Architettura e arti sacre presso l’Università europea di Roma) ci vuole far capire il nesso inscindibile tra la parola di Dio e la bellezza stessa che, proprio nell’arte, trova una delle sue principali espressioni seconda sola alla Vita e alla Natura.

Non è un caso che nella premessa dell’opera, lo stesso autore ci ricorda che “a tutti noi è di certo capitato davanti a un quadro o ad una scultura, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare un intima e forte emozione, un senso di gioia, di percepire cioè chiaramente che di fronti a noi, non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere e suoni ma qualcosa di più grande, qualcosa che parla, capace di toccare il nostro cuore e di elevare l’animo”.

E se già Florenskij nel suo “Le porti regali, saggio sull’iconia” (Milano, Adelphi 1977) scriveva che tra i tanti attributi e nomi di Dio, vi è quello della bellezza, Enzo Bianchi, priore di Bose ci rammenta nel suo “Nuovi stili di evangelizzazione” (San Paolo 2012), che “i grandi maestri della spiritualità cristiana hanno sempre ripetuto che o il cristianesimo è filocalia – amore della bellezza e via della bellezza  – o non è.

E tale bellezza – per Don Vardè – si è manifestata nella storia attraverso capolavori architettonici, cattedrali, monasteri e conventi, chiese, e ciò che di prezioso, in queste, vi è contenuto. Un patrimonio di cui la Chiesa è custode e che opera per valorizzare, come lo stesso autore ci documenta in maniera molto dettagliata. Già nel 1924 infatti, Pio XI° promuove la costituzione della Pontificia commissione centrale per l’arte sacra in Italia. Il Concilio Vaticano II°, pose poi le premesse a riprendere il contatto con il multiforme mondo dell’arte sacra e liturgica in tutte le sue espressioni e a tutti i livelli. Vennero così erette in tutte le diocesi, apposite commissioni per l’arte sacra e la musica sacra, si potenziarono gli archivi e le biblioteche. Infine sotto il pontificato di Giovanni Paolo II°, con la costituzione apostolica Pastor bonus (1988) venne costituita la Pontificia Commissione per i beni culturali della chiesa. Poi unita, dal suo successore, al Pontificio consiglio della cultura.

Dopo aver tracciato il quadro in cui queste istituzioni agiscono e si muovono, Don Vardè compie un excursus sulle strutture culturali ecclesiastiche: le biblioteche ecclesiastiche che “non sono il tempio di uno sterile sapere ma il luogo privilegiato della vera sapienza che narra la storia dell’uomo”; gli Archivi ecclesiastici che “non conservano solo tracce di umane vicende ma portano anche alla meditazione sull’Azione della Divina provvidenza nella storia” i musei ecclesiastici che ci ricorda sempre l’autore “sono depositi di reperti inanimati ma perenne vivai nei quali si tramandano nel tempo, il genio e la spiritualità della comunità dei credenti”.

Nel secondo capitolo Don Vardè, invece, dopo averci spiegato le norme che regolano la salvaguardia del patrimonio dei beni ecclesiastici nell’ordinamento canonico, illustra i compiti dei diversi attori preposti alla salvaguardia di questo patrimonio – CEI, Conferenze episcopali regionali, vescovi – il rapporto con le autorità italiane e la collaborazione della chiesa con le istituzioni civili nazionali e internazionali.

Nel terzo capitolo invece l’autore ribadisce l’importanza della formazione dei candidati al sacerdozio in materia di beni culturali, il rapporto da instaurare con gli artisti e della formazione, tra i christifidelis laici, di operatori culturali. Non mancano inoltre preziosi suggerimenti: dalla celebrazione ogni 18 febbraio, giornata del Beato Angelico, come valida occasione di incontro e di scambio con gli artisti, la necessità degli interventi di restauro del patrimonio religioso, la realizzazione di mostre e l’importanza del turismo religioso. Non mancano poi altri buoni consigli sulla buona gestione degli archivi diocesani (ad es. un maggior collegamento tra archivi e archivi ecclesiastici e l’emanazione di direttive comuni per tutti gli archivi parrocchiali ecc.) delle biblioteche ecclesiastiche (ad es. favorendo il collegamento tra le biblioteche locali e quella diocesana, valorizzando le forme associative esistenti come l’ABEI e garantendo di norma la presenza di un esperto nell’organo preposto alla cura dei beni culturali diocesani, ecc.) dei musei diocesani nei quali – scrive sempre l’autore – le raccolte di beni vanno conservate “solo quando la conservazione nei luoghi originari non sia più possibile” dato che “le opere d’arte devono restare nei luoghi di culto per conservare alle chiese, agli oratori, ai monasteri l’aspetto della fisionomia originaria di luoghi destinati agli esercizi di pietà” – come dice la stessa CEI in una sua nota del 1974 – rilevando altresì che invece, “troppe chiese sono state spogliate di ogni suppellettile sacra, recluse poi in vetrine per la smania di musealizzare tutto propria di qualche patito ecclesiastico o laico”.

Tutti consigli che certamente Don Francesco indica non solo come guida della comunità cristiana locale ma anche con il cuore di cives nicoterese gettando lo sguardo alla realtà in cui egli opera, dove buona parte del patrimonio storico artistico monumentale e archivistico-bibliografico rientra proprio nella categoria dei beni culturali religiosi e attende, sia processi di adeguata valorizzazione che di fruizione,  ben consapevole del fatto che da ciò, può scaturire un processo virtuoso che abbia ricadute benefiche sull’asfittico panorama socio-economico-culturale nicoterese e che la cultura in generale – in tutte le sue forme ed espressioni – possa essere un volano di sviluppo territoriale. E in questo il volume – scorrevole, coinvolgente, ricco di citazioni e rimandi bibliografici e di facile comprensione – è anche quindi un atto di civismo e di riscoperta di quell’Amor loci che è e rimane la chiave per risollevare le sorti della comunità, che come dicevamo anche noi di Mediterraneinews.it, necessita di un nuovo vangelo sociale.

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