“Soggiogato il regno dalle armi francesi, nel 19 marzo del 1806 – scrive lo storico Diego Corso in “Cronistoria civile e religiosa della città di Nicotera – venne in questa cittadina inaugurato il nuovo governo ed il 2 agosto venne abolita la feudalità che nel secolo passato, nonostante le leggi repressive del Tanucci, era rimasta in piedi. Furono cancellati i privilegi, tolte le proibizioni feudali, tramandataci da secoli di servitù, abolite tutte le tasse.
Ad esse venne sostituita un’unica tassa fondiaria, la quale ricadeva sopra ogni sorta di beni stabili, senza esenzione a favore dei feudatari e dei corpi morali. Il regno venne diviso in provincie e queste in distretti. Ogni comune ebbe un Consiglio o Decurionato in surrogazione del Parlamento. Venti decurioni scelti dal Governo su una lista di eleggibili, reggevano la cosa pubblica. Ogni Circondario – oggi Mandamento – composto da più comuni, aveva un giudice di pace con due supplenti eletti dal Municipio. Rappresentavano il Municipio un Sindaco e due eletti.
La istruzione elementare venne introdotta in tutte le città ed in tutti i borghi e ogni provincia ebbe un Collegio. In quel torno vennero arrestati e tradotti in Cosenza per essere giudicati da una commissione militare dodici popolani nicoteresi imputati di essere borbonici e di aver sollevato la plebe nel 1799 contro i giacobini Andrea Coppola e Filippo Lupari di Palmi. Intanto i borbonici comandati dal principe di Philistphat sorpresi dalle truppe francesi di Regnier presso Mileto furono sperperati e vinti. Nel 1807 la città fu visitata dai briganti sotto il comando del capomassa Decosatis e poi dalla banda del Francatrippa. Comandava allora la nostra piazza il Martel che fortificò la rupe a cavaliere della rada detta Fossa di Sant’Antonio.
Succeduto Gioacchino Murat a G. Bonaparte, nel Regno delle due sicilie, Nicotera divenne piazza di armi e centro delle operazioni militari e il 10 maggio di quello istesso anno re Murat giungeva in città assegnando alla Chiesa Cattedrale tutti i beni dell’abolito convento dei Paolotti, 30 once d’oro per il compiersi della Chiesa di S. Maria della Scala” e lire 850 per i poveri intascati dal sindaco del tempo e in seguito sospeso dalla carica”.