La “Grotta del Romito” a Papasidero: echi dalla Preistoria.

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La Grotta del Romito è un sito risalente al Paleolitico superiore contenente una delle più antiche testimonianze dell’arte preistorica in Italia, e una delle più importanti a livello europeo, situata in località Nuppolara nel comune di Papasidero, in Calabria, provincia di Cosenza

La Grotta del Romito contiene evidenti e abbondanti tracce di frequentazione umana, nonché tra le maggiori testimonianze dell’arte preistorica in Italia, tra le più antiche d’Europa e si trova in località Nuppolara in agro del Comune di Papasidero, a 296 metri di quota tra gli anfratti della Valle del Lao. L’area archeologica ricade nel territorio del Parco Nazionale del Pollino e venne individuata nel 1961.

Il sito archeologico è infatti diviso in due distinte aree : la Grotta vera e propria contenente i graffiti del Paleolitico superiore che si addentra nella formazione calcarea con un cunicolo stretto e oscuro; e il Riparo che si estende per circa 34 metri in direzione est-ovest a monte della grotta. Nell’area di scavo sono state rinvenute in totale 4 sepolture distinte e tre di queste sono datate tra i 9.000 e 10.000 mila anni a.C. Ma la quarta, scoperta di recente è datata a 16.000 anni fa. Ogni sepoltura presenta una coppia di scheletri disposti secondo un rituale ben definito. Nell’area del Riparo sono state rinvenute tracce di La frequentazione neolitica consistenti in una cinquantina di cocci di ceramica che rivelano l’esistenza di un commercio della ossidiana proveniente dalle isole Eolie. Tali reperti sono datati intorno al 4.450 anni a.C. L’importanza del sito di Papasidero a livello europeo è legata all’abbondanza di reperti paleolitici, che coprono un arco temporale compreso tra 23.000 e 10.000 anni fa, ed hanno consentito la ricostruzione delle abitudini alimentari, della vita sociale e dell’ambiente dell’ Homo sapiens. Il sito è visitabile grazie alla realizzazione di passerelle e impianti di illuminazione adeguati alla circostanza.

Gli scavi – effettuati tra il 1963 e il 1967 – hanno permesso di appurare che l’interesse dell’uomo per questa grotta risale ad una fase avanzata dell’Epipaleolitico Antico. All’interno della Grotta del Romito, scavata nella roccia calcarea per 20 metri di profondità, è stato rinvenuto un graffito raffigurante due bovidi (Bos primigenius) che gli esperti di paleontologia fanno risalire al Paleolitico superiore, circa 16 mila anni fa. Il graffito, inciso su un masso di 2,30 metri di lunghezza ed inclinato di 45°, mostra la figura di un toro preistorico lungo circa 1,20 metri, disegnato con tratto forte e sicuro. Le corna, viste ambedue di lato, sono proiettate in avanti e hanno il profilo chiuso. Sono rappresentate con cura alcuni particolari del primo bovide come le narici, la bocca, l’occhio appena accennato, l’orecchio. Nello stesso graffito, al di sotto della grande figura di toro vi è incisa, in maniera più sottile, un’altra figura di bovide di cui sono eseguiti soltanto il petto, la testa e una parte della schiena. La sensazione di vigore trasmessa dal disegno complessivo della figura e l’accurato trattamento dei particolari anatomici, ne fanno probabilmente l’espressione più felice del verismo paleolitico nel Mediterraneo. Le caratteristiche stilistiche di quest’opera la avvicinano sia all’arte paleolitica franco-cantabrica, sia a quella mediterranea.

Sono poi presenti dei ‘segni lineari’, semplici tratti rettilinei o leggermente curvilinei, più o meno profondamente incisi, disposti in tutte le direzioni e variamente intersecantisi, senza alcun significato apparente che sono stati datati intorno all’11.000 A.C. circa.

La valenza strettamente cultuale dei tori del Romito, come anche dei segni lineari, è evidenziata anche dagli importanti contesti sepolcrali messi in luce. Alla base del masso con i tori difatti, è stata rinvenuta una doppia sepoltura che conteneva i resti di un giovane affetto da nanismo acromesomelico (h 115 cm), che cingeva con il braccio una donna più anziana (h 146 cm). Questa sepoltura era corredata di corna di Bos primigenius, elementi di Columbella rustica forati e utensili di selce. Un’altra sepoltura bisoma, nello stesso livello, conteneva anch’essa i resti di un uomo e di una donna, di altezza intorno a 150 cm. Altre due sepolture monosome, rispettivamente di un uomo e di una donna, sempre con caratteri cromagnoidi, sono state rinvenute nella grotta interna.

La frequentazione umana del sito, dopo un’interruzione di alcuni millenni, è attestata nuovamente durante il Neolitico medio (4770 a.C.), facies delle ceramiche a bande rosse. In questa fase la grotta rientra nell’importante network commerciale dell’ossidiana liparese, di cui le popolazioni neolitiche della Calabria detengono il controllo. Il ruolo di stazione intermedia per il trasferimento dell’ossidiana dalle coste tirreniche a quelle ioniche e adriatiche, è attestato dall’impressionante quantità di industrie e schegge di ossidiana rinvenute negli scavi.

Al Neolitico Recente risale il deposito ceramico dello stile di Masseria Bellavista ed è probabile che la frequentazione della grotta sia continuata nell’Età dei Metalli, nonostante non vi sia traccia documentaria.

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