Il referendum sul cambio di denominazione del comune è ormai in archivio. Domenica notte, appresi i risultati, sono subito scattati i festeggiamenti dei sostenitori del “no”. Urla, abbracci, sfilate d’auto per le strade. Un paio d’ore di comprensibile baldoria, poi tutto è andato scemando nel corso della notte. Oggi è già il tempo della riflessione e dei commenti. Fra qualche giorno non se ne parlerà più. Rimarranno solo le scorie di una competizione iniziata sotto tono e ravvivatasi oltre misura in dirittura d’arrivo. Sulla sconfitta del “no”, in realtà, erano in pochi a scommettere. La sensazione più diffusa era quella che si sarebbe dovuto aspettare sino allo spoglio dell’ultima scheda per avere la certezza del risultato. Così è stato. E non è mancata la sorpresa, cioè la vittoria di quanti non hanno voluto credere alla bontà della proposta avanzata dal consigliere regionale Michele Mirabello le cui parole trasudano amarezza. <Il mio comune – afferma – ha perso un grande occasione, ma le regole della democrazia dicono che il popolo sovrano ha scelto, bocciando nettamente la proposta di cambiare la denominazione di Ricadi in Ricadi-Capo Vaticano. Grazie di cuore – continua – a tutti quelli che ci hanno creduto>. Mirabello prova a dare anche una motivazione alla sconfitta. <Non ce l’abbiamo fatta – sottolinea – perché s’è giocata una partita politica perdendo di vista l’obiettivo principale. Non siamo riusciti a tenere separate le vicende politiche dai contenuti del referendum. Alla fine ha avuto gioco facile chi, mosso da motivi politici, ha speculato sui disagi del territorio muovendosi in un’ottica distruttiva. La politica – conclude – riserva vittorie e sconfitte.
Gioie ed amarezze. Purtroppo, a differenza di tutte le altre competizioni elettorali, in questo caso non c’è un secondo tempo per rifarsi>. Sulla vicenda si sofferma, tra il serio ed il faceto, anche Michele Garrì, vecchio leone della carta stampata. <Quella del “no” – rimarca – è una vittoria di Pirro. Un voto irrazionale, populista e qualunquista in sintonia con quanto sta serpeggiando in Italia e in Europa. Mirabello – prosegue – aveva riproposto un’antica aspirazione senza con questo voler intaccare le radici del capoluogo. Forse pensavano bene i fautori del solo nome di Capo Vaticano. Gli altri, con la benedizione di Tropea, vadano a crogiolarsi nel loro brodo di cottura>. Tra i più amareggiati per l’esito del referendum c’è anche Giacomo Benedetto, funzionario Eni, responsabile del coordinamento del “sì”. Manifesta stima per Mirabello al quale riconosce <il merito di essersi preoccupato di portare avanti qualcosa per il bene del Capo>. Condanna <le troppe bassezze constatate> rimarcando che <noi abbiamo perso il referendum, ma abbiamo vinto in dignità perché non perdonerò mai menzogne e falsità che, pur di vincere, sono state raccontate a ignari elettori>. Benedetto, tra l’altro, punta il dito <contro la sfilata di auto strombazzanti davanti casa mia, adiacente alla Casa degli anziani, e allo studio di Michele Mirabello e dei consiglieri comunali Patrizio Cuppari e Mario Rizzo. Gesto indegno di una comunità civile>.
A spingere alla vittoria il “no” ha contribuito non tanto il voto del capoluogo dato per scontato, quanto quello di Santa Domenica. Franco Saragò, sostenitore del “no”, non nasconde la sua soddisfazione. <Ha vinto la gente – asserisce – un dato inconfutabile che segna un’inversione di tendenza per il territorio. C’è stato un risveglio sociale che ha ribaltato un risultato dato per scontato. E’ la vittoria della democrazia, ma anche una protesta dei cittadini che chiedono la soluzione di problemi quali acqua, strade, depurazione>. Pino Pontoriero, ex consigliere comunale di centrodestra, è anche uno dei tanti imprenditori che ha votato “sì” senza preoccuparsi degkli steccati ideologici. <Il voto per il “no” – rimarca – è stato personalistico e pretestuoso. E’ una sconfitta per tutto il territorio, per lo sviluppo, per il turismo. Il cambio di denominazione ci avrebbe aiutato a veicolare meglio i nostri prodotti>. Sull’esito del referendum si sofferma anche l’ex sindaco Mimmo Larìa. Da residente nella frazione di Santa Domenica legge il dato referendario e prova a spiegare il sorprendente risultato. <E’ partito tutto col piede sbagliato – spiega – perché, anziché calare ogni cosa dall’alto, bisognava prima riunire cittadini, partiti e associazioni e decidere assieme. Sarebbe stata un’altra cosa. Il “no” – aggiunge – è stato non solo un voto di protesta contro Michele Mirabello e l’amministrazione comunale, ma anche il risultato di strascichi che risalgono alle scorse amministrative>. A suo avviso, <la protesta ha coinvolto anche Ricadi capoluogo dove, tra l’altro, alla contestazione contro chi gestisce l’ente comunale si è aggiunto un acceso campanilismo>. Il tutto s’è tradotto, tra Santa Domenica e Ricadi, in 425 “no” in più rispetto al “sì”. Un distacco che la vittoria del “sì” a Brivadi non ha colmato.