I riti pasquali della Nicotera di un tempo. I giovani potrebbero aiutare la chiesa locale a recuperarne qualcuno.

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La storia di una qualsivoglia comunità è in pratica “una grande narrazione” di sé nella quale occupano un posto di grande valenza anche le varie tradizioni locali espresse dal popolo di cui quella stessa comunità è costituita. E una parte considerevole di queste tradizioni è a sua volta costituita dai riti religiosi che da sempre attraggono non solo i credenti ma credo appartengano anche alla cultura dei laici – che dal fenomeno religioso sono certamente incuriositi sotto l’aspetto storico, culturale e antropologico – perché fanno parte di quella spiritualità che accomuna un po’ tutti. Tra le sue tante attrattività Nicotera – città di rito latino, greco e con una antica presenza ebraica, nonché sede vescovile per centinaia di anni – include anche un affascinante patrimonio religioso che purtroppo è ignorato soprattutto dalle nuove generazioni.

La colpa è ovviamente dell’incedere di una certa modernità, del fatto che questi riti necessitano di una organizzazione che certo non può gravare solo sulle spalle del parroco e dei suoi pochi collaboratori (mentre un tempo vi era un intero Capitolo cattedrale), che non ci sono più le associazioni cattoliche come la FUCI e le Confraternite che erano custodi gelose di queste tradizioni (qui vi erano quella della chiesa del Rosario, poi quella della Santa Croce, di Gesù e Maria, di San Giuseppe – unica rimasta – del Purgatorio, e il Terzo ordine francescano), che invece altrove sono ancora attive come a Mileto, Serra e Pizzo solo per restare nel vibonese. Eppure certi aspetti spettacolari e simbolici dei riti, contribuiscono anche ad un’educazione estetica, oltre che ad una cultura religiosa più approfondita e, soprattutto, collettiva e inoltre sono un potente richiamo a  livello turistico. E la Calabria, è disseminata di città e paesi che hanno fatto un punto di forza della propria offerta culturale, proprio la salvaguardia di tale riti.

Ma quali erano questi riti di cui possiamo solo leggere come si svolgevano solo grazie agli scritti degli storici locali (Barbalace, Gligora e altri)?

La Domenica delle Palme ad esempio i fedeli portavano in chiesa lunghi rami di ulivo e pesci di palma finemente lavorati. Ai rami venivano appesi alcuni oggetti ricavati dalla lavorazione delle foglie di palma: piccoli cuori, croci, panieri, le anterne. La processione con il Vescovo ed il clero si formava nella chiesa del Rosario, percorreva Via Umberto I°, Corso Cavour, Corso Medameo, Via Benni ed infine faceva il suo ingresso in Cattedrale, allietata dal fruscìo intenso dei grossi rami d’ulivoche venivano scossi dalle robuste braccia dei giovani contadini del luogo. Le celebrazioni che avevano inzio alla chiesa del Rosario, si concludevano poi col pontificale in Cattedrale, celebrato dal Vescovo con la partecipazione dell’intero Capitolo che per l’occasione indossava la Cappa Magna. Per queste cerimonie – dette “pontificali” – molto suggestivo era il rito della vestizione del vescovo che avveniva sul trono vescovile con un cerimoniale dalle forti reminiscenze spagnole.

Il Mercoledì santo, poi, era legato alla recita, da parte del Capitolo Cattedrale dell’Ufficio delle tenebre, rito in latino nel quale un grande candelabro ligneo a forma di triangolo a quindici fiamme veniva posto al centro del corridoio del presbiterio, e durante il quale ogni membro del Capitolo stesso, una volta che terminava la sua lettura, nell’allontanarsi dal coro, spegneva una candela. Il Venerdi santo, dopo la celebrazione della Messa “a storta” (o “missa paccia”) vi si svolgeva un’altra processione che partiva dalla chiesa cattedrale, la più solenne con tutti i partecipanti – Capitolo Cattedrale, Autorità civili e componenti delle associazioni – disposti su due file secondo un rigido cerimoniale e vestiti in nigris. La città era poi animata dalle processioni animate dalle varie confraternite che nel primo pomerioggio del Giovedì santo uscivano in processione pervisitare i sepolcri delle sette chiese sostando al Calvario, sito in Via Umberto I°, (ove in ginocchio i fedeli cantavano: “Viva, Viva, Maria Addulurata,cadendo la spata lu cori passò. Viva, Viva, Gesù crucifissu, ditri chiova trafittu, a la cruci spirò“) con in testa tre uomini in camice bianco, con il cingolo ai fianchi, la corona dispine al capo e la stola viola atracolla mentre un confratello posto al centro reggeva una grande croce nera ai cui bracci pendeva una stola bianca e altri due portavano i lampioni, illuminati dalla luce fioca di una candela. La più bella era forse quella che usciva dalla chiesa di Gesù Maria con la seicentesca statua (“a monacheja”) vestita a lutto, portata a spalla dai confratelli incappucciati. La Madonna veniva portata di chiesa in chiesa alla ricerca del figlio perduto. In ogni chiesa poi si svolgeva una specie di dialogo tra la stessa ed il priore della Confraternita poiché L’Addolorata entrando in chiesa chiedeva se avessero visto suo figlio e a questa domanda il priore rispondeva negativamente. Il Cristo, infine veniva ritrovato, al termine della processione, proprio nella chiesa di Gesù Maria e le veniva posto tra le braccia. Il Sabato santo, poi, di buon mattino, uno stuolo di bambini con le “troccole” in mano e guidati dal sacrestano della chiesa cattedrale andavano per i vari rioni dell’intera città ad annunziare che alle ore undici iniziava la solenne liturgia pontificale della resurrezione di Cristo dove nella Cattedrale, addobbata a festa con i parati in damasco rosso settecenteschi, all’annuncio del Gloria in excelsis, sull’altare maggiore della chiesa, nascosto dietro un telone, compariva il Cristo risorto, mentre le campane suonavano a festa e tutti i presenti, si scatenavano a battere le mani ed i piedi.

Ovviamente anche a Nicotera l’essenza della spiritualità pasquale – come ci ha ricordato l’anno scorso sui social network lo stesso parroco Don Francesco Vardè – è ancora viva e per chi vuole come vero credente forte (Quarantore, Mercoledì delle ceneri, Via Crucis per le vie della Città, Messa nella Cena del Signore con lavanda dei piedi, il Venerdi santo con la Solenne Passione del Signore, Sabato santo la giornata dedicata da tempi immemorabili alle Confessioni e Visita ammalati, la notte la Madre di tutte le Veglie con solenne lucernario e messa in resurrectione Domini, la Domenica, la S. Messa Pontificale con il Vescovo, ecc. ) ma sarebbe bello se – i giovani sopratutto – potessero recuperare parte di quelle tradizioni che sono andate perdute e che di certo invece fanno parte del tessuto connettivo della memoria storica del paese e riproporle come persino Joppolo fa con la passione di Gesù o Comerconi con il presepe vivente.

 

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