Il ministro dell’Interno Marco Minniti, titolare del Viminale, ha illustrato oggi, in audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia una sorta di “dichiarazione programmatica”, che vede nella lotta alle mafie un “elemento democratico di irriducibilità”, perché le mafie sono una minaccia diretta alla funzione della democrazia.
Una lotta articolata su “due principi molto importanti”, ha spiegato il ministro: la cattura dei latitanti – 23 quelli catturati nei primi mesi del 2017, e l’aggressione ai patrimoni criminali, con il sequestro di 5,1 miliardi di beni e la confisca di altri 2,5 miliardi nel 2016.
Numeri rilevanti che impongono un potenziamento delle capacità dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc): con la possibilità di nominare al vertice anche figure professionali con competenze specifiche, diverse dai prefetti, ha spiegato lo stesso Minniti, augurandosi che entro la legislatura vengano approvate le relative modifiche al Codice antimafia, ora al vaglio del Senato.
Il ministro si è poi soffermato sull’apporto dei testimoni e collaboratori di giustizia, sui quali il ministero ha recentemente presentato la relazione al Parlamento dichiarando che vedrebbe positivamente, in attesa di norme legislative in questo senso, la messa a punto di una Carta dei diritti e dei doveri di questa categoria di persone, che comprende anche 2122 minori coinvolti nei programmi di protezione.
Minniti si è poi soffermato anche sullo scottante tema dello scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni della criminalità organizzata – 62 durante la legislatura in corso, definendolo “uno strumento fondamentale ma da usare come extrema ratio”. Secondo il ministro la normativa potrebbe essere rivista introducendo una forma di «accesso positivo», una sorta di affiancamento dei comuni a rischio, per evitare le infiltrazioni e lo scioglimento nonchè rafforzando il potere delle commissioni statali che gestiscono temporaneamente l’ente sciolto.
Il ministro si è poi soffermato sugli investimenti pubblici per il Mezzogiorno, dove l’attività delle prefetture – con 610 interdittive antimafia emesse nel 2016, 290 nel 2017 – è fondamentale per i controlli sulle imprese, funzionali al dovere di garantire legalità e sviluppo a questi territori.
Davanti alla Commissione il ministro ha infine fatto il punto della situazione dedicando un ampia pagina alla ‘Ndrangheta calabrese che per Minniti rimane attualmente l’organizzazione più pericolosa perchè è un “player della criminalità nazionale e internazionale”, punto di raccordo del traffico di stupefacenti tra Sud America ed Europa, operativa a 360 gradi in attività che vanno dagli appalti al gioco on line fino alla penetrazione nel mondo del calcio e delle scommesse, la cui forza risiede nel saper tenere insieme arcaicità e radicamento nel territorio con modernità e capacità di crescere anche a livello internazionale.
Capitolo a parte per l’indagine sui centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) dove Minniti dopo essere ritornato sul caso di Isola Capo Rizzuto, ha dichiarato come vadano subito avviate due iniziative, rispettivamente nel campo degli appalti pubblici e delle ispezioni nei centri: l’accordo con l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) per l’individuazione di un contratto-tipo già operativo, che prevede il superamento del gestore unico e la suddivisione dell’appalto in lotti; e il programma Mireco sulle ispezioni nei centri, 2.130 quelle già disposte. Ma l’elemento più importante, secondo il ministro, è la scelta strategica di superare i grandi centri per puntare sull’accoglienza diffusa, per piccoli numeri, spezzettando gli interessi, se si vuole “costruire un argine ai tentativi di infiltrazione mafiosa e corruzione in questo ambito”.