Oggi in tutto il mondo la Giornata della Memoria per ricordare il genocidio degli Ebrei.

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Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata della Memoria per commemorare l’Olocausto degli Ebrei. Ma come si arrivò ad uno dei più satanici eccidi di massa della storia dell’umanità?

Cominciamo col dire che l’antisemitismo non nasce con il nazismo. “Esso – scrive infatti lo storico Enzo Collotti – risiede nell’oscuro senso di catastrofe della civiltà che si accompagnò generalmente alla constatazione del declino dell’Europa e della sua egemonia per effetto dei nuovi equilibri scaturiti dalla Prima guerra mondiale (…) divenendo uno degli strumenti di più facile accesso e successo per demagoghi politici di ogni risma”. L’antisemitismo inoltre era diffuso ancor prima in Francia (come dimostra il caso Dreyfus) e in altri paesi e all’atto della sconfitta trovò terreno fertile in Germania, dove le vecchie classi dirigenti, trovarono nell’ebreo il colpevole della capitolazione, naturalmente dimenticandosi che 85mila di essi avevano partecipato al conflitto e diecimila di loro si erano sacrificati per la Germania stessa.

Così già nel 1920, Hitler proclama che “Nessun ebreo può essere fratello di razza” e quindi “soltanto un compatriota di pura razza tedesca può essere (Volksgenosse) può essere un cittadino”. E quando el 1933 i nazisti salgono al potere, non fanno altro che mettere in pratica un programma già annunciato. Con le Leggi di Norimberga – uno dei più odiosi provvedimenti legislativi mai stesi da mano umana – vengono vietati i matrimoni e le relazioni tra tedeschi ed ebrei e si arriva persino al punto di ordinare ai piccoli comuni rurali di vietare agli ebrei di portare le loro vacche alla monta del toro comunale. Scrive infatti lo storico Poliakov: “l’ebreo non soltanto è esso stesso impuro ma contamina con la sua stessa esistenza tutto quanta rientra nella sfera della sua vita”. Successivamente – nel 1938 – gli ebrei devono consegnare le loro imprese ai tedeschi. Gli stessi vengono poi espulsi dalle scuole e viene loro vietato l’accesso ai luoghi di cura.

Lo scoppio del secondo conflitto mondiale imprime una macabra accelerazione a questi già tristissimi eventi.  L’invasione e l’occupazione della Polonia portò sotto l’ala del Terzo Reich un territorio dove vivevano almeno tre milioni di ebrei. Il 21 settembre 1939, il capo del Servizio di sicurezza del Reich, Heydrich, impone il concentramento della popolazione ebraica in dei ghetti, operazione preliminare, indispensabile per disporre degli ebrei a piacimento e quindi preparatoria della cosidetta “Soluzione finale”. I tedeschi inoltre, affidano questi ghetti a dei consigli ebraici – gli judenrat – facendo così dare agli stessi ebrei gli ordini per il loro stesso genocidio. E’ chiaro che stipare la popolazione ebraica in questi spazi angusti fece salire immediatamente il tasso di mortalità. La fame e il tifo, mieterono infatti migliaia di vittime.

Ma il peggio arriva con la decisione nazista di invadere l’Unione sovietica. Con l’invasione di questi territori vengono a trovarsi sotto il controllo germanico tra i più consistenti nuclei di popolazione ebraica allora presenti in Europa. La lotta contro il bolscevismo diventa quindi l’occasione di regolare una volta per tutti i conti con gli ebrei poichè come disse Hitler “dietro i comunisti c’è il programma ebraico della dittatura del proletariato e poi l’avvento al potere di una minoranza ebraica stante l’incapacità del proletariato stesso di governarsi da solo”. Quelle regioni inoltre erano destinate alla colonizzazione dei futuri dominatori tedeschi nell’ambito di un preciso programma – detto Generlplan Ost – che prevedeva l’eliminazione degli ebrei e l’eliminazione il trasferimento coatto di cechi, polacchi, baltici, bielorussi e ucraini per far posto a colonie di tedeschi.

Durante i primi mesi della guerra contro l’Unione sovietica furono uccisi almeno un milione di ebrei. A dicembre 1941 poi, con l’arresto dell’offensiva tedesca alle porte di Mosca, la consapevolezza di non essere riusciti a spezzare i russi, impresse un altro giro di vite, poichè se la guerra non poteva essere più vinta allora gli ebrei ne avrebbero pagato il conto.

Il 20 gennaio del 1942, la conferenza di Wansee definisce quindi la Soluzione finale del problema ebraico in questi termini: “Gli ebrei dovranno essere trasferiti nei territori occupati e usati come manodopera. E’ evidente che in gran parte soccomberanno durando questo lavoro. I sopravissuti che saranno senza dubbio i più resistenti dovranno essere trattati di conseguenza“. I primi esperimenti con camere a gas erano già stati effettuati nel campo di Chelmo giusto un mese prima. In pochi mesi sorgono cosi i cosiddetti Vernichtunglager (Campi di sterminio) di Belzec, Treblinka, Soribor e naturalmente Auschwitz-Birkenau.

Gli ebrei vengono condotti in questi campi, dove sono sottoposti ad una prima sbrigativa selezione. Da un lato gli uomini abili al lavoro, dall’altro le donne, i vecchi e i bambini. Costoro vengono fatti svestire e chiusi in dei locali che vengono fatti passare per delle docce in cui disinfestarsi e capaci di contenere anche duemila individui. Nel giro di pochi minuti, gli internati invece vengono uccisi con il gas – lo Zyklon B – poi una squadra lava i cadaveri, tagli i capelli, estrae i denti d’oro dalle bocche dei cadaveri stessi e porta le vittime ai forni crematori. Dopo aver quindi spogliato l’ebreo dei suoi beni, averlo deportato e poi averlo fatto esaurire fisicamente mediante il lavoro, lo si uccide usando persino le sue ossa per farne fosfati e sapone e i suoi capelli per calze destinate ai soldati, come prova l’agghiacciante memoriale del SS-Gruppenfuhrer Richard Gluks datato 6 agosto 1942 nel quale si afferma: “… i capelli femminili tagliati e pettinati saranno usati come filato per confezionare calzettoni destinati agli equipaggi degli u-boote (i sottomarini tedeschi) e feltri per le ferrovie. I capelli dei prigionieri maschi son utilizabili solo se almeno di 20 mm di lunghezza. La quantità dei capelli raccolti ogni mese dovrà essere comunicata il 5 di ogni mese a questo ufficio a partire dal 5 settembre 1942“.

Per giustificare l’ingiustificabile – cioè persino l’uccisione di bambini inermi – invece così si espresse il Capo delle SS Himmler, il 4 ottobre 1943 in una adunanza dei governatori nazisti: “(…) Ci è stato domandato: “e come la mettiamo con le donne e i bambini?” Ho trovato una risposta chiara. Infatti non mi tenevo autorizzato a estirpare gli uomini e a fare diventare grandi i loro vendicatori nei confronti dei nostri figli e nipoti, sotto veste dei loro figli. Questo è stato un incarico difficile ma è stato portato a termine. Forse in un epoca successiva potremmo informare il popolo tedesco di qualcosa di più in proposito ma io credo che noi abbiamo fatto bene ad assumercene la responsabilità e ce ne porteremo il segreto nella tomba“.

Il genocidio proseguì e oggi gli storici ci dicono che una cifra oscillante tra 5.2 milioni e 6.1 milioni di ebrei furono uccisi. Il 72% per cento degli ebrei europei. Oltre settemila di questi erano italiani. Si dice spesso che il genocidio fu opera di una minoranza ma sono numerose le testimonianze che invece ci dicono che larghi strati dell’opinione pubblica tedesca era al corrente – seppur in modo vago e nebuloso – della sorte toccata agli ebrei. Così come ci furono tedeschi che misero a repentaglio la loro vita per salvare vite ebree come l’imprenditore Oskar Schlinder (nella foto).

La fine del nazifascismo non ha purtroppo portato però alla scomparsa dell’antisemitismo e di quello atteggiamento secondo cui forse, in fondo, gli ebrei “se lo sono meritato”. Per questo la Giornata della Memoria è importante, affinchè eventi del genere non abbiano più a ripetersi e che tutti possano vivere in pace, indipendentemente dalla razza, dalla religione e dalle proprie convinzini filosofiche, politiche, culturali e personali.

 

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