In merito alla messa in suffragio di Giovanni Tegano, al fine di riportare i fatti così come realmente accaduti, l’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova specifica che il suffragio non è stato applicato in una messa riservata su richiesta della famiglia, ma, su richiesta dei congiunti, si è aggiunta un’intenzione a quelle già previste per la messa parrocchiale di sabato scorso.
Non è stato in alcun modo “solennizzato il ricordo” del Tegano, che non è mai stato neanche citato dal sacerdote celebrante.
L’arcidiocesi ha ritenuto che, data la fitta rete di relazioni criminali intessuta dal Tegano e la forte territorialità della ‘ndrangheta, l’applicazione del suffragio in altre chiese, compresa quelle del quartiere di origine del boss ed in qualsiasi altro territorio della Diocesi (soprattutto le periferie aspromontane, della jonica e della tirrenica), avrebbe attribuito dei connotati celebrativi o assunto una chiave di lettura strumentale a rafforzare l’idea di determinate alleanze territoriali tra clan o famiglie mafiose. La Cattedrale ha garantito un contesto anonimo, “asettico” e spersonalizzante rispetto ai legami del Tegano con il territorio di Archi e di altri quartieri centrali e periferici della Città e della Provincia. Certamente la pubblicazione dei manifesti è stata inopportuna, ma l’affissione di tali avvisi non è soggetta all’autorizzazione dell’autorità ecclesiastica.
Si precisa, altresì, che al boss Tegano sono stati negati i funerali. Tuttavia, a norma delle disposizioni canoniche e civili, non poteva essere proibito ai familiari di partecipare ad una celebrazione eucaristica aperta al pubblico e di pregare in suffragio per il defunto, anche se scomunicato. È noto, infatti, che ogni fedele abbia il diritto di chiedere di applicare la celebrazione eucaristica in suffragio dell’anima di un defunto anche se in vita questi sia stato scomunicato, si sia trovato in situazioni irregolari, abbia abbandonato notoriamente o con atto formale la Chiesa Cattolica, o appartenente ad altre confessioni.
Rispetto, poi, alla vicenda legata al giornalista Klaus Davi, l’arcidiocesi sottolinea la propria estraneità al suo allontanamento dalla celebrazione, avvenuto per intervento delle Forze dell’Ordine. Il giornalista non ha impedito il regolare svolgimento della celebrazione, né il parroco ne ha mai chiesto l’allontanamento.
L’arcidiocesi reggina prosegue il proprio impegno a sostegno della promozione della legalità che – oltre a trovare spazio nelle innumerevoli azioni di carattere educativo e pedagogico promosso dalle parrocchie e dalla diocesi – trova applicazione concreta anche nel sostegno economico al Protocollo “Liberi di Scegliere” del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, che permette ai figli delle famiglie mafiose di allontanarsi dal loro nucleo familiare. Tale Protocollo, che trova radici nelle iniziative della Chiesa reggina promosse fin dal 1987, è finanziato con i fondi 8xmille della Chiesa Cattolica.
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