Il gioco d’azzardo patologico di Antonio Antonuccio.

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Pubblichiamo nella sua stesura integrale  la dissertazione del  dott. Antonio Antonuccio, Criminologo. Docente Universitario. Direttore U. E.P.E. Cosenza. D.G.M.C. Ministero della Giustizia, in merito al gioco d’azzardo patologico.

“L’uomo conobbe l’azzardo nella notte dei tempi: non fu una scommessa il “morso alla mela” che Adamo fece (suggerito da Eva) nel giardino dell’Eden?

Sembra che circa 3.000 anni prima che Cristo venisse sulla Terra gli antichi egiziani giocassero a dadi e che proprio da questi oggetti di gioco derivi il termine azzardo. In India e in Cina sono coeve attività della stessa natura; quelle popolazioni, da reperti archeologici ritrovati, erano solite scommettere persino dei beni importanti alle corse dei carri. Se vogliamo ricordarlo, nell’antica Roma imperatori come Caligola e Nerone (personaggi piuttosto “estemporanei”) passarono alla storia anche per essere stati dediti al gambling. La forte attrazione all’alea che si trasforma in vizio, che infine conduce il giocatore in disgrazia, è chiaramente testimoniata in tantissimi reperti, manoscritti e documenti.

Sociologicamente parlando, la percezione sociale per tale attività è sempre stata molto ambigua, passando da forme di sostegno e promozione a atteggiamenti e posizioni di forte ripugnanza, fino alla proibizione imposta dall’ordine costituito, salvo, poi, con una posizione diametralmente opposta, legalizzarla. Del resto anche l’andamento dell’economia è riprova di quanto appena affermato nell’altalenanza: nei periodi di crisi il genere umano convinto di risolvere il problema di “sbarcare il lunario” si affida compulsivamente al gioco e diversamente se ne distacca facilmente nei felici momenti di florida amministrazione delle risorse.

Storicamente in Italia, in tempi non esageratamente lontani, il gioco d’azzardo ha coinvolto lo stile di vita e il comportamento dapprima delle classi sociali più abbienti, passando poi per lo “strato” borghese, fino ad approdare al ceto popolare. Oggi, tale pratica – diffusa a dismisura e ormai legalizzata – ha caratteristica imprenditoriale con un fatturato da podio poiché, da quanto riportato nelle statistiche e negli studi di settore, è terza dietro soltanto a colossi industriali come ENI e FIAT.

Da quanto riportato da Nomisma, già in uno studio del 2009, si annoverava che circa 28 milioni di italiani si erano avvicinati al gioco e la quarta parte di essi con almeno una puntata settimanale, con la conclusione che tanto non poteva che essere un grave problema di natura sociale.

Volendo fare un rapporto con altri paesi europei, il nostro, dal 2008, ha avuto una crescita esponenziale, fino a raggiungere nel 2011 un fatturato 79,9 miliardi, a differenza di Spagna e Francia che non raggiungono il quarto di tale cifra. Sembra siamo, – triste primato – i primi in Europa e i terzi nel mondo.

Volendo, tuttavia, essere sintetici, per quanto attiene alla tipologia dei giochi disponibili e offerti al pubblico – presso i tabaccai e nei bar, senza trascurare la rete internet -, si è cominciati con il Lotto, si è passati alla schedina del Totocalcio, poi al Superenalotto fino ai Gratta & Vinci, giungendo alle catastrofiche realtà delle slot-machine e dei videopoker.

Avendo riguardo per gli aspetti epidemiologici, volgendo lo sguardo alla logistica sul territorio nazionale, la distribuzione geografica dice che la leadership spetta a Campania e Calabria, rispettivamente con il 57 e il 55%, mentre quelle dove c’è un minore coinvolgimento sono l’Emilia Romagna con il 41%, il Trentino Alto-Adige con il 42% e il Veneto con il 44%, come dire che le più povere sono  problematicamente più invischiate rispetto a quelle più ricche, ciò tanto per confortare quanto detto in precedenza quando si postulava che il fenomeno è direttamente proporzionato all’andamento economico.

Gli addetti ai lavori, ma anche fonti di ricerca istituzionale riportano che la manifestazione coinvolge maggiormente individui di genere maschile con un lavoro precario o scarsamente specializzato, generalmente di carattere gioviale, tuttavia impulsivi e con propensione al mancato rispetto delle regole e dediti a dipendenza da sostanze (sia alcool, sia droga), con un passato scolastico e/o universitario non particolarmente brillante, provenienti da famiglie non sempre assolutamente multiproblematiche, ma con genitori che hanno adoperato un controllo particolarmente lasco, quindi con una disciplina inconsistente; soggetti che hanno palesato da giovanissimi disturbi nell’attenzione, iperattività, e, poi da adulti, problemi emotivi, in tal senso, fino ad aver sviluppato una personalità ansiosa con anche l’ulteriore problema della depressione. Significativa è anche la provenienza dalle fasce sociali più deboli che aspirano al coronamento di un sogno, ovvero poter accedere a più beni materiali.

E l’altra metà della luna?

Esiste un nesso con la rappresentazione di tale devianza nel genere maschile, che può legare il comparire della necessità e la dedizione all’alea fino alla compulsione al gioco d’azzardo nelle donne: la solitudine. E’ questa una fetta della popolazione che non ha mai costruito una propria famiglia, ovvero ha rotto il legame matrimoniale (o di convivenza), o, ancora, ha perso il compagno di vita. Per i numeri, secondo un’indagine del 2011, rappresentano il 38% (si avvicinano agli 8 milioni) di quei giocatori che si sono affacciati al gioco almeno una volta. Il loro inserimento nel mondo del lavoro spazia dall’essere semplici impiegate (ma anche con ruolo dirigenziale) con un impegno a tempo indeterminato, fino ad imprenditrici se provenienti dal mondo del lavoro autonomo. Dal punto di vista della formazione scolastica, la fetta più coinvolta ha un percorso di scuola media inferiore.

Non meno allarmante è il coinvolgimento degli adolescenti, che secondo quanto riportato dall’Osservatorio Internazionale del Gioco coinvolge un numero spropositato di giovani italiani.

Per quanto attiene al percorso dell’evoluzione sociale (in questa, quando con possibili fattori di rischio), per i giocatori in genere, è utile sottolineare quanto sia più facile cadere nel vizio per soggetti che hanno una bassa scolarizzazione rispetto a chi ha concluso un percorso accademico, e, in un crescendo di “scostamento”, chi è un forte tabagista, chi fa uso di alcoolici e chi utilizza sostanze stupefacenti (ma anche semplicemente dei tranquillanti) ha una possibilità numericamente esponenziale di caduta nella ludopatia.

Il gioco d’azzardo patologico (G.A.P.), come descritto e proposto dal medico psicanalista Otto Fenichel ed altri, è da considerare sic et simpliciter una vera e propria dipendenza alla stregua dell’abuso di droghe, di alcool, di cibo, etc., poiché in esso avviene certamente un disturbo del comportamento dell’uomo che può renderlo schiavo, il G.A.P., pertanto, è stato ricompreso tra le New Addiction (Sesso, Internet, Shopping, Cibo, etc.).

Secondo il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) gli elementi che contraddistinguono il comportamento di disadattamento relativo al gioco d’azzardo sono:

 

  1. A) Comportamento da gioco d’azzardo problematico ricorrente e persistente che porta a stress o a un peggioramento clinicamente significativo, come indicato dalla presenza nell’individuo di 4 (o più) dei seguenti sintomi per un periodo di almeno 12 mesi:
  • ha necessità di giocare una quantità crescente di denaro con lo scopo di raggiungere l’eccitazione desiderata;
  • è irritabile o irrequieto quando tenta di  ridurre o interrompere il gioco d’azzardo;
  • ha effettuato ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o interrompere  il gioco d’azzardo;
  • è spesso preoccupato per il gioco d’azzardo (per esempio, ha pensieri persistenti di rivivere esperienze passate del gioco d’azzardo, di problematiche  o di pianificazioni future, pensando  come ottenere danaro con cui giocare);
  • spesso gioca quando si sente in  difficoltà (per esempio, assenza di speranza, in colpa, ansioso, depresso);
  • dopo aver perso soldi al gioco, spesso  torna un altro giorno (perdite “inseguite”);
  • racconta bugie per nascondere il coinvolgimento nel gioco d’azzardo;
  • ha messo a repentaglio o ha perso  una relazione significativa, il lavoro, lo studio o una opportunità di carriera  a causa del gioco d’azzardo;
  • si basa su altri per cercare denaro  per alleviare le disperate situazioni  finanziarie causate dal gioco d’azzardo.
  1. B) Il comportamento da gioco d’azzardo non è meglio descritto da un episodio maniacale.

Il DSM 5 inoltre classifica il disturbo in lieve, moderato, grave.

 

E’ bene ricordare, allora, facendo un rinnovo di idee, che il gioco, in verità, nasce come momento di piacevole distrazione, pertanto ben lungi dall’avere una connotazione di azione umana malata. La trasformazione dell’attività ludica in processo patologico è, invece, frutto del concorso di più aspetti e/o vicende sociali come certi accadimenti nelle dinamiche in famiglia e nell’ambiente di vita (gruppo dei pari, socialità in genere), in una determinata fase storica, sia economica, sia culturale con fattori peculiari della persona, quali possono essere quelli biologici, quelli evolutivi nella formazione della personalità. Quando ciò avviene, tuttavia, il percorso è quasi sempre silente fino al parossismo e poi alla compulsione.

Ma quali sono gli step per la comparsa della ludopatia?

Secondo il SAP BSR gli stadi del gioco d’azzardo sono:

  • Il gioco d’azzardo informale e ricreativo è un comportamento fisiologico che necessita di una consapevolezza dei suoi potenziali rischi. Normalmente vi è una fruizione saltuaria; la motivazione prevalente al gioco sono la socializzazione o la competizione ed i costi per il soggetto sono contenuti.
  • Il gioco d’azzardo problematico è da considerare un “comportamento volontario a rischio per la salute” dell’individuo (mentale, fisica e sociale), con necessità di diagnosi precoce e di intervento. Normalmente si ha un aumento della frequenza di gioco o della periodicità della ricerca dello stimolo. Il soggetto aumenta la quantità di “lavoro” che è disposto a fare per fruire dello stimolo ed aumentano anche il tempo di gioco ed il denaro ad esso dedicato.
  • Il gioco d’azzardo patologico è una dipendenza patologica e quindi una malattia neuro-psico-biologica con conseguenze sanitarie e sociali che necessita di diagnosi, cura e riabilitazione. La fruizione del gioco diventa quotidiana o intensiva, con conseguenze negative per l’individuo sia dal punto di vista sanitario che sociale. Si manifesta il craving ed è frequente la recidiva. L’andamento della malattia è spesso cronico, caratterizzato da alti costi, anche con debiti. Il gioco d’azzardo patologico si manifesta di frequente nelle persone con carattere “impulsivo”, contraddistinto da eccessiva attenzione alla ricompensa potenziale e al desiderio immediato del rinforzo, alla tendenza a rispondere impetuosamente senza badare alle conseguenze negative, alla eccessiva sensibilità alla minaccia di punizione (non ricompensa) e al deficit del controllo inibitorio che induce a reagire nonostante il rischio di conseguenze negative.

Il soggetto all’inizio sente la gradevolezza dell’atto, che vive come il desiderio del passatempo; la vincita gli appare facile e frequente e, al contrario, la perdita episodica e senza rilievo. E’ eccitato dal gioco e crede di poter smettere in qualsiasi momento. A questa prima fase ne segue una seconda caratterizzata da evidenti perdite già significative. E’ in questo momento in cui l’attore diviene sempre più solitario ed è già preoccupato per il denaro perso e per come procurane dell’altro per recuperare le perdite; appare in questi frangenti un crescendo di rabbia, irritabilità e poi depressione. E’ proprio in questa circostanza che si cade nel vortice del prestito, fino all’usura. La comparsa della sensazione di avere presto una vincita cospicua porta il giocatore – che, intanto, incorre in piccole vincite – in una sorta di frenesia per rifarsi delle perdite, quindi il falso convincimento di estinguere il debito ed abbandonare il gioco e non ricaderci più, ma ciò è solo una bugia che si racconta.

E’ in questo stadio che si concretizza la devianza tout court e si compiono i primi reati come distrazione di denaro e furti.

Lo stato delle cose, ovviamente, si aggrava, la vincita non arriva e il giocatore, ormai consapevole della sua posizione, cade nell’angoscia e nella disperazione e matura l’idea del suicidio.

A questo punto, volendo senza dubbio dover scartare le ipotesi connotate negativamente (il suicidio, come l’arresto per l’eventuale reato commesso), non resta che chiedere aiuto.

Non è un luogo comune affermare, tuttavia, che riconoscere di avere un problema è sicuramente il primo passo per risolverlo. Ma la questione, in verità, che rimane fondamentale, è che molto spesso il giocatore d’azzardo non ammette di avere il “grattacapo”; come già anticipato con lo schema del DSM 5, al punto 7, egli “racconta bugie per nascondere il proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo”, ovvero a minimizzare o comunque non riesce a chiedere aiuto nel modo corretto.

Allo stato, la legge, in generale, prevede dei meccanismi di tutela civile attraverso i quali anche persone diverse dal soggetto incapace – in tutto o parzialmente – possono intervenire, affinché vengano presi una serie di accorgimenti diretti a tutelare e contenere i rischi a cui il medesimo espone sé stesso e la propria famiglia.

In tal senso, per il ludopatico, con la L. n° 6 del 9 gennaio del 2004, è stata introdotta la figura dell’amministrazione di sostegno. Esso consente di affiancare un amministratore nominato da un giudice ad un soggetto che si trova in uno stato di difficoltà fisica o psichica, anche parziale o temporanea.

Con l’art. 1 di questa legge sono stati forniti i più giusti termini di azione, ovvero, la tutela della persona inidonea alla cura dei propri interessi deve realizzarsi con il minor sacrificio possibile per la sua capacità d’agire. La norma si risolve in una direttiva impartita che offre al giudice tutelare il campo d’azione per delineare l’oggetto dell’amministrazione e l’ambito degli atti rispetto a cui il beneficiario deve essere sostituito o assistito. Pertanto, il legislatore, nello stabilire gli effetti derivanti dall’apertura dell’amministrazione, dispone che il beneficiario possa in ogni caso compiere «gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana».

Il successo del ruolo dell’amministratore di sostegno si riassume nella ratio stessa della figura che «è una presenza da concepire, sulla carta, come qualcosa di non molto distante da una sorta di fratello maggiore un individuo equilibrato, disponibile “come testa e come gambe”. Possibilmente una creatura generosa, non troppo impaziente, con doti spiccate di buon cuore, una presenza attenta alle esigenze, al limite ai capricci, comunque alle necessità materiali e spirituali della persona amministrata».

Va da sé che la figura dell’amministratore di sostegno da sola non può risolvere il dramma del ludopatico, ciò potrà avvenire soltanto quando lo stesso soggetto avrà maturato la piena coscienza del suo stato di necessità, tanto lo indurrà a decidere di intraprendere un percorso di piena riabilitazione che lo condurrà alla riappropriazione delle sue piene facoltà per una sana autodeterminazione nella conduzione della vita quotidiana.

Trattandosi di una vera e propria forma di dipendenza, allora, il giocatore d’azzardo potrà rivolgersi alla propria ASL, che, con la strutture del Ser.D., prevede anche percorsi terapeutici comunitari di riabilitazione.

Giova ricordare che le comunità terapeutiche nascono come luogo di convivenza di persone che, spontaneamente, decidono di affrontare un problema che li affligge per superarlo unendo le loro forze, nel modello dell’auto-aiuto (vis unita fortior), con l’intento di autodeterminarsi intraprendendo la direzione del loro cambiamento di stile di vita.

Per giungere, pertanto, ad una conclusione, il problema legato al gioco d’azzardo patologico, così come per le altre dipendenze, pone l’esigenza del dover riflettere su quanto avviene.

In generale, la prevenzione associata all’informazione non può che essere l’impegno principale da offrire alla società, che mai come l’attuale momento storico, sembra dia l’idea che sia governata dal culto della persona e dall’edonismo. Il genere umano – proprio per questo – appare sempre più bisognoso di stimolazione a comportamenti virtuosi e a proposte di buoni esempi a cui tendere.

È fondamentale non distrarre l’attenzione da fatti e comportamenti che all’inizio possono sembrare poco significativi per la propria vita, al contrario, essi, alla fine, possono dar origine a delle vere e proprie débacle. Può succedere che, rivolgendosi al cassiere dell’esercizio commerciale per il pagamento del prodotto richiesto, egli offra anche la vendita di uno di quei giochi (che lo Stato ha considerato commerciali) apparentemente “fugaci e innocui”, ma che, in mano a soggetti fragili, diventano l’anticamera di una vera e propria dipendenza. La casistica è lapalissiana in questo, Il rischio è dietro l’angolo, e ciò può facilmente indurre ad organizzare dei comportamenti compulsivi e anche ossessivi che tout court sfociano in eventi così come fin qui descritti”.

 

 

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