Ho riletto quest’estate “Quasi una vita” di Corrado Alvaro edito da Bompiani.
L’ avevo letto per la prima volta a vent’anni, sempre d’estate, tra gli ulivi del borgo natio.
Meravigliosa lettura accompagnata dal frinire delle cicale e dal rosso del tramonto che dondolava sugli ulivi.
Ora dopo tanti anni un po’ per nostalgia, un po’ perché adoro Corrado Alvaro, ho decido di rileggerlo.
Il libro, vincitore del Premio Strega, nel 1951 è diverso dagli altri di Alvaro, non è un romanzo, né un’autobiografia, né un diario.
In origine era una raccolta di appunti dello scrittore: venti anni di quaderni segreti, i quali hanno custodito pensieri, riflessioni, spunti narrativi, dal 1927 al 1947. Leggerlo equivale a sfogliare un album di famiglia, intriso di ricordi, pensieri intimi, centinaia di incipit per potenziali romanzi e racconti i, curiosi ritagli di cronaca, spunti per saggi di costume o di socio-politica.
Ci sono le amare considerazioni sulle donne, la lucida osservazione dei suoi conterranei e anche la consapevolezza dei limiti del meridionalismo paternalista, l’analisi graffiante di popoli e costumi italiani e stranieri.
I primi anni sono ambientati in prevalenza a Berlino.
Nel 1934 vi è il racconto molto articolato di un viaggio di Alvaro in Unione Sovietica, sogno di gran parte degli intellettuali del tempo. Avverso al regime fascista, l’autore ebbe tuttavia alcune opportunità dovute alla sua scelta di lavorare in Germania.
Alvaro scrisse con chiarezza che, se avesse seguito le orme degli antifascisti emigrati in Francia, avrebbe in qualche modo perso l’identità di oppositore.
Ma chiaramente non è la politica l’argomento del libro, ma la vita che trascorre velocemente e che lui vuole a tutti i costi fissare sulle bianche pagine.
Dal 1939 Alvaro risiede in Italia e da qui scrive un po’ di notizie sulla guerra.
Emerge che un suo figlio è tornato a fine conflitto dalla prigionia in Polonia.
Sulla famiglia sono molti pensieri di questi anni, epoca in cui il padre muore e da dove emerge il suo amore di figlio devoto anche se lontano.
E’ un libro che fa sognare, che commuove, che fa riflettere.
I pensieri di un grande uomo, un grande poeta, un grande giornalista.
Ma soprattutto un uomo del Sud.
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