Associazione Culturale Anassilaos: Premio per la Poesia Ibico Reggino.

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Con il 2022 il Premio Anassilaos torna alle sue origini (al 1988) con il Premio per la Poesia Ibico Reggino promosso congiuntamente con Ideocoop-Media Service Società Cooperativa Sociale e Città del Sole Edizioni. Una iniziativa che non poteva che essere dedicata a Ibico, uno tra i poeti lirici (corali) più celebrati e famosi del mondo antico. Il poeta nacque a Rhegion verso la metà del VI secolo a.C., ed era figlio di Phytios, uno dei legislatori della città, esponente di una famiglia aristocratica. Secondo le fonti gli fu prospettata la possibilità di diventare tiranno di Reggio, ma il poeta declinò questa responsabilità. Pure nell’incertezza delle fonti, sappiamo che egli si formò alla scuola lirica di Stesicoro, anche se, per motivi anagrafici, non poté esserne diretto discepolo. Forse in relazione al suo rifiuto di diventare tiranno della polis, si allontanò da Reggio e viaggiò per molte città e corti aristocratiche, vivendo della sua arte. Certa è la sua presenza a Samo, dove fu per molti anni ospite del tiranno Policrate, come prova un suo carme, nel quale, dopo aver rifiutato di cantare le gesta degli eroi, celebra i giovani più belli, concludendo proprio con l’elogio della bellezza di Policrate. Partito da Samo dopo la morte di Policrate, secondo una leggenda Ibico morì per mano di briganti, che lo avrebbero aggredito a Corinto, oppure presso Reggio. Plutarco racconta: “Ferito a morte dai ladri nei pressi di Corinto, il poeta in punto di morte vide uno stormo di gru e le pregò di vendicare la sua morte. I ladri nel frattempo giunsero a Corinto e, poco dopo seduti nel teatro, videro le gru sopra le loro teste. Uno di loro, sorpreso, esclamò: “Guardate, i vendicatori di Ibico!”, così la gente capì cosa era successo, accusando gli autori del delitto.” Secondo Ateneo di Naucrati, Ibico sarebbe stato l’inventore della lira fenicia, detta anche sambuca, mentre Anacreonte, che il poeta reggino aveva incontrato a Samo presso la corte di Policrate, aveva creato il barbiton. Annoverato dagli alessandrini tra i nove poeti lirici, Ibico scrisse vari carmi, che vennero raccolti in sette libri: abbiamo carmi lirici di contenuto eroico, sulle orme di Stesicoro, e poesie di amore. Al poeta,  qualche secolo dopo la morte,  Prassitele dedicò una statua, forse commissionata nell’ambito dell’Accademia Platonica, magari da qualche reggino che l’Accademia frequentava, di cui restano purtroppo pochissime tracce e notizie incomplete e incerte. Di Ibico, nella città che pure gli ha dato i natali, oggi rimane ben poco. Il monumento sul lungomare Falcomatà, opera di Michele Guerrisi, realizzato a cura di quella che era un tempo l’Azienda di Soggiorno e Turismo e una iscrizione sul già  Corso Vittorio Emanuele III, che ricorda una celebre ballata del poeta tedesco Friedrich Schiller “Le gru di Ibico” (Die Kraniche des Ibykus) composta nel 1797 e pubblicata per la prima volta  nel Musen-Almanach  per l’anno 1798. Di recente l’artista Sergej Tikhonov ha realizzato una serie di ritratti di reggini illustri del passato, oggetto di una mostra di Anassilaos,  e tra essi quello di Ibico.  La città comunque negli anni 60’ si apprestava a dedicare a Ibico un monumento più significativo e importante. Ne ha parlato Giuseppe Diaco nel corso di uno  dei briefing organizzativi di Anassilaos, che si tengono ogni lunedì presso la sede del Sodalizio, nel corso dei quali gli amici comunicano notizie di particolare interesse storico-artistico. L’Amministrazione Comunale si apprestava a modificare la fontana di Piazza Indipendenza, quel fontanone al quale Nicola Giunta aveva dedicato una delle sue più irriverenti liriche (A funtana i Riggiu)  con la celebre chiusa “fissa cchiù fissa da funtana ‘i Riggiu!” e a tale scopo aveva rivolto un invito a scultori e architetti per la realizzazione di un bozzetto.  Esiste il  progetto dello scultore Celestino Petrone, inviato  il 4 settembre 1964 all’Amministrazione Civica (e alla stampa dell’epoca) dedicato proprio ad Ibico e alla sua morte Come si evince dal bozzetto al centro della fontana (un cerchio in mosaico con elementi greci) si eleva un groviglio di ali di gru che rimanda alla morte del poeta secondo quanto sopra  tramandato da Plutarco.  “Ferito a morte dai ladri nei pressi di Corinto, il poeta in punto di morte vide uno stormo di gru e le pregò di vendicare la sua morte. I ladri nel frattempo giunsero a Corinto e, poco dopo seduti nel teatro, videro le gru sopra le loro teste. Uno di loro, sorpreso, esclamò: “Guardate, i vendicatori di Ibico!”, così la gente capì cosa era successo, accusando gli autori del delitto.” L’opera che poteva “…inorgoglire per il suo valore altamente rappresentativo l’intera comunità reggina” (sono parole dello stesso Petrone) rimase soltanto un bozzetto e a Piazza Indipendenza venne realizzata una fontana senza cuore e senza storia.

 

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