I tanti volti di Medea nella trasfigurazione dei grandi Scrittori.

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Leggere questo libro, curato da Maria Grazia Ciani equivale a fare un viaggio attraverso quattro diverse figure di medea.

Medea è la figlia del re dei Colchi Eeta, la sua patria è appunto la Colchide, una regione del Caucaso, dove il greco Giasone dovrà recarsi per recuperare il famoso Vello d’oro, che apparteneva al mitico eroe greco Frisso.

La principessa Medea conoscitrice del potere delle scienze occulte ed esperta di pozioni magiche, si innamora di lui, tradisce suo padre e lo aiuta a compiere l’impresa.

Per Giasone, Medea arriva ad uccidere anche suo fratello Apsirto.

I due amanti fuggono insieme a loro figli, e trovano riparo a Corinto, presso il re Creonte. Qui si compie la sequenza più famosa della storia di Medea, quella dell’abbandono.

Giasone abbandona Medea per Creusa la figlia di Creonte, colei che gli promette una piena reintegrazione in Grecia e un nuovo regno.

Medea si vendica, ricorrendo alle sue arti magiche e distruggendo la dinastia regnante di Corinto, la figlia insieme al padre. Anche se il gesto più tragico è l’uccisione dei figli che ha avuto da Giasone, gesto che la impone all’immaginario occidentale.

Il libro inizia con la Medea più famosa: la  Medea di Euripide.

Quando Euripide inizia il dramma, l’evento scatenante ha già avuto luogo: Giasone ha abbandonato Medea per sposare la figlia del re di Corinto.

Quest’ultimo temendo Medea a causa dei suoi poteri magici, ordina che venga esiliata da Corinto assieme ai figli.

Medea si vendica e invia al re di Corinto e a sua figlia dei doni stregati, che li faranno morire, e,in seguito, uccide i suoi figli.

Di fronte a Giasone, che la maledice, Medea rivendica i suoi diritti di moglie offesa e donna oltraggiata e, alla fine, sul carro del sole se ne va via da Corinto.

La Medea che Euripide ci presenta è una donna disperata, una donna che per amore del suo uomo ha dato tutto, è una donna abbandonata, una donna considerata straniera, senza protezione e senza difesa, una donna che grida il suo dolore e che si vendica come atto necessario.

Sulla falsariga del dramma di Euripide, si svolge anche il dramma di Seneca, che presenta, però, uno spirito completamente diverso.

La Medea di Seneca, fin dall’inizio è concepita come un personaggio infernale, sulla scena, Medea non fa che manifestare la sua natura selvaggia e la cattiveria di un essere dedito alle potenze oscure.

La sua esistenza è una trama di delitti e, alla fine, dice che due figli sono pochi per soddisfare la sua vendetta.

Nella Medea di Seneca, è palese l’idea che distruggere i figli equivale a distruggere il padre.

Seneca fa finire il dramma quando Medea  sale sul tetto di una casa con un figlio morto e l’altro pronto per essere ucciso e scaglia i due corpicini contro Giasone, gridando:” Tieniti i tuoi figli padre”.

La Medea di Franz Grillparzer, invece, non ha un indole malvagia.

E’ una ragazza buona che vuole disfarsi dei suoi poteri magici, che non è responsabile della morte del fratello.

Però, la sua esistenza è legata al vello d’oro e perciò dominata dalla maledizione che il Vello porta con sé.

Per sottrarsi al suo dominio, Medea lo seppellisce.

Ma, quando il vello viene ritrovato, elle si arrende al destino e lo invia a Creusa, insieme con il veleno.

L’uccisione dei figli, in questo caso,  non è un atto necessario, e Grillparzer non chiude il dramma con l’infanticidio, ma con l’ultimo incontro di Medea e Giasone.

Qui, Giasone è disperato e Medea lo esorta a sopportare il dolore.

La Medea di Grillparzer  è vittima del destino e vuole iniziare un cammino di speranza.

Veniamo, ora, alla Medea  di Corrado Alvaro.

La Medea di Alvaro è una donna esule, straniera, esclusa e respinta dalla comunità che la ospita.

Medea uccide i suoi figli per sottrarli all’odio razziale, all’intolleranza umana.

In Alvaro, l’infanticidio appare dettato da un’estrema necessità di proteggere e amare, da un esasperato senso di amore filiale.

In questa accezione, il dolore di Medea è il dolore di molte donne abbandonate.

Chissà quante donne abbandonate ed esiliate, come Medea, hanno almeno una volta nella vita gridato:” Lui che era tutto per me e si è rivelato il peggiore degli uomini”.

 

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