Le prime genti elleniche che si stanziarono nella terra detta Italia (con questo termine veniva indicato quel tratto di territorio che da Lamezia giunge fino all’ingresso di Catanzaro) furono gli Arcadi (regione storica della Grecia, nella penisola del Peloponneso) guidati da Enotrio (personaggio della mitologia greca trasferitosi nel sud dell’Italia e questa che prima si chiamava Ausonia fu detta Enotria. Secondo alcuni studiosi come Ettore Pais (1984:25) questo termine traduce semplicemente terra del vino da oinos, o più precisamente terra dei pali che reggono le viti da oìnotron. Una storia che rende la Calabria la terra del buon vitigno rosso, bianco o rosé. Una storia lunga quanto il tempo le cui coltivazioni della vitis vinifera si fa risalire a 7500 anni a.C. tra le fonti più antiche non si può non citare la Bibbia (gense,9) in cui si racconta di Noé che terminato il diluvio universale piantò la vite si ubriacò di vino.
Il Mediterraneo, crocevia del mondo di sapori e di colture, di lingue e di saperi divenne l’area principale della coltivazione della vite e del vino scintillante ricavato dai grappoli neri della vigna stracarica che veniva raccolta e trasportata nei palmenti dalle fanciulle in canestri di vimini (Iliade XVIII). Sempre nell’Iliade di Omero alla sazietà del cibo viene sottolineato quanto il bere doveva accompagnare il mangiare dei pasti doveva essere accompagnato dal vino corposo anche perché all’uomo stanco il vino molto rinnova la forza (iliade VI). Nel mondo greco il vino era bevuto allo stato puro e spesso proprio per non essere causa di malori o insani comportamenti si invita ad aggiungere dell’acqua. Anche il concetto dell’uso del vino cotto raffreddato con la neve, che in Calabria si faceva fino agli anni Cinquanta del Novecento era bel noto in epoca greca da bere in vasi refrigeranti detti psykter.
L’anfora, la pelike, l’hydria sono altra tipologia di contenitori usati maggiormente nel periodo greco per il trasporto commerciale del prezioso liquido che arricchiva la tavola di ogni dove. Secondo il mito, la prima tavola per commensali di rango fu apparecchiata dalla bella Persefone con cipolla, vino e farina di orzo. A partire dal V e IV secolo a. C. si apre la ricerca per la coltivazione di vitigni in particolari aree che meglio fruttano i grappoli con filari regolari su terreni pianeggianti e collinari e, così facendo, ogni territorio si identificava con proprietà particolari tipologiche del vino prodotto. La tradizione riteneva i migliori vini quelli dell’Egeo e come riporta Plinio (Como, 23 – Stabia, 25 ottobre 79) i vigneti italiani godevano di pari fama al punto che in Calabria molti vini hanno la loro storia autoctona dalle terre elleniche. Vedi il nicoterese!
A spalliera (spajera) o a pergola (a pergulitu) vengono ricordati per la loro tipicità quelli cosentini, e di Temesa, quello di Reggio Calabria veniva fortemente raccomandato. Come scrive Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia: duo sunt liquores humanis corporibus gratissimi, intus vini, foris olei (due sono i liquidi più gradevoli per il corpo umano, il vino per l’interno e l’olio per l’esterno). Un pensiero che sintetizza pienamente l’importanza alimentare che durante il periodo romano hanno rivestito tali coltivazioni i cui prodotti i segni tangibili della dieta Mediterranea ricca di percorsi che aprono alle diverse vie del vino dei territori calabresi.
Pino Cinquegrana – Antropologo,
Componente del Comitato Scientifico Accademia Internazionale Dieta Mediterranea Italiana di Riferimento
Città di Nicotera
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