Agosto

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Agosto è l’8° mese dell’anno nel Calendario Gregoriano e abbraccia il periodo più caldo dell’anno, in natura segna la fase di raccolta in particolare del grano, come suggerisce il fatto che gli antichi romani avevano consacrato il mese a Cerere, dea delle messi e della vegetazione.

Nei 31 giorni che lo compongono sono compresi i cosiddetti ”giorni della canicola” (dal 24 luglio al 26 agosto) durante i quali il caldo e l’afa raggiungono i livelli più alti. “Canicola” viene dal latino canicula, “piccolo cane”, nome dato alla stella più luminosa (Sirio) della costellazione del Cane Maggiore, che in questo periodo sorge prima del Sole.
I Cattolici celebrano l’Assunzione di Maria al Cielo il 15 del mese, noto come giorno di Ferragosto e ispirata a un’antica festività romana.
Imperdibile  in questo mese è la notte di San Lorenzo o “delle stelle cadenti”, dove si verifica il suggestivo fenomeno degli sciami meteorici: una pioggia di meteore che entrando a grande velocità nell’atmosfera terrestre si disintegrano in tanti piccoli corpi luminosi.

Quando si vede una “stella cadente” si deve subito esprimere un desiderio.

Ogni anno all’arrivo di agosto mio nonno diceva:”Agustu  rigustu è capu d’imbernu”

In effetti aveva ragione perché piano piano le giornate cominciano ad accorciarsi, già il tramonto è foriero di lontane nostalgie.

Al borbo natio si pensava all’inverno che iniziava a danzare nell’aria come un fantasma venuto dagli oceani del tempo.

Mia nonna e le sue vicine  ad agosto essiccavano i pomodori che sarebbero divenuti un ottimo contorno in inverno.

Il borgo natio e soprattutto i balconi si riempivano di “ferlazze” dove i pomodori adagiati sapientemente si “abbronzavano” al caldo sole.

Erano i giorni delle “buttigghie” e della “cunserva” cioè il sugo di pomodori e i pomodori tagliati a fettine e conservati nei barattoli .

Ogni famiglia li preparava per l’inverno, la sera quando si bollivano in un grande calderone “u bidoni” l’odore delle pannocchie arrostite danzava nell’aria.

Le massaie arrostivano insieme alle pannocchie anche i peperoni, che costituivano la cena, dopo un lunga giornata di lavoro.

Io adoravo le pannocchie arrostite e per me vedere le massaie intente a tagliare i  pomodori era una festa.

Nonna preparava le melanzane  nel “carneli” un recipiente di terracotta dove peperoni e melanzane venivano messe in salamoia.

In inverno si friggevano ed erano l’apoteosi del gusto, non ultimo la giardiniera di melanzane, anch’essa futuro contorno  invernale.

Le massaie essiccavano al sole anche i fichi dall’indimenticabile profumo.

Agosto al borgo natio era il papà dei profumi, dei colori  e della bellezza dei fiori tra gli ulivi.

Al podere del nonno l’odore della terra danzava nell’aria, ricordo una sera rientravamo a casa con papà, il rosso del tramonto danzava tra gli ulivi, massaro cesare rientrava con il suo carro pieno di fieno.

Nello studio di un dottore ho visto un dipinto che raffigurava una scena simile ed ho pianto, ricordando quel lontano pomeriggio agostano.

In questo mese , spesso ed in particolare verso l’11 agosto scoppiavano forti temporali, papà diceva che sono tipici ad agosto e ricordava quando Libero Melara il marito di sua cugina Santina Mamone era rimasto bloccato da un improvviso temporale estivo.

Io mi divertivo guardare dalla finestra i lampi che squarciavano il cielo, la pioggia che bagnava gli ulivi, sapevo che non sarebbe durato a lungo, che ancora il sole sarebbe ritornato a riscaldare il piccolo borgo e la mia anima.

Agosto rappresentava tre appuntamenti imperdibili : la visita alla Madonna dei Poveri a Seminara ,a San rocco d’Acquaro la mattina presto e la sera a vedere il cantante e i fuochi d’artificio spettacolari a San Rocco a Palmi.

Era e lo  è ancora  lo stesso San Rocco, ma mia nonna la pensava come don Luca Asprea: ”San Rocco d’Acquaro è sempre San Rocco d’Acquaro”.

Zio Ciccio arrivava da Roma per andare solo ed esclusivamente a San Rocco d’Acquaro.

Ma era ed è lo stesso identico San rocco di Montpellier.

Il 15 agosto dalla Piana di Gioia tauro  e anche dal borgo natio, partivano carovane per andare a San Rocco a piedi.

Io li guardavo passare sotto casa e li invidiavo, perché avrei voluto unirmi a loro, ma papà non voleva.

Ero il 1986, ho pianto dalla delusione.

A Palmi  è emozionante vedere la processione dove molti fedeli, gli spinati, sfilano in veri e propri involucri fatti con spinossissimi rovi in segno di ringraziamento per la grazia ricevuta.

A Seminara  è meraviglioso vedere i giganti Mata e Grifone, che rappresentano un principe saraceno che durante un’incursione in Calabria si era innamorato di una bellissima ragazza calabrese.

Le due figura portate da due uomini mimano la scena del corteggiamento con una danza ritmata dalla cosiddetta banda pilusa, cioè composta da  strumenti derivanti dalla pelle della  pecora: tamburi, tamburelli e zampogne.

La Madonna dei Poveri è così denominata perché si narra che, dopo il suo miracoloso ritrovamento, risultò impossibile da sollevare a tutti coloro che ci provarono tranne che a un gruppo di povera gente, che portò così in trionfo per le vie di Seminara questa regina dalla pelle nera.

Ogni anno è un’infinita ed indescrivibile emozione assistere all’uscita della chiesa della statua per la processione con il palio e i giganti.

Una Madonna che dispensa grazie a chi la invoca.

E poi il mare della Tonnara, lo scoglio dell’Ulivarella, Pietrenere e la leggenda di donna Canfora..

Donna Canfora era una giovane donna di grande bellezza, amata da tutti, molto ricca ed estremamente generosa con i bisognosi che, rimasta vedova troppo presto, decise di onorare la memoria del marito deceduto dedicando a lui la propria vita.  La sua fama iniziò a diffondersi non solo nelle contrade vicine ma arrivò oltremare giungendo fino ai porti più lontani.

I saraceni non poterono resistere a tale notizia e sotto le mentite spoglie di mercanti di stoffe pregiate, tappeti, pietre preziose e raffinate maioliche, giunsero al porto allestendo un mercatino a bordo  della loro imbarcazione. Tutte le donne del posto si recarono a curiosare e anche Donna Canfora, pur se titubante a causa di uno strano presentimento, si fece convincere dalla sua cameriera di andare ad ammirare tale mercatino ricco di rarità.  Giunta sulla spiaggia, la folla fece largo per farla passare e facilitarle la salita a bordo della nave, dove il capitano, accogliendola con un sorriso, la invitò  a seguirla per mostrarle la merce esposta.  Immediatamente, fece un cenno alla ciurma che si precipitò ad issare le vele e levare l’ancora..  La gente in spiaggia iniziò a urlare, Donna Canfora, capito l’inganno e resasi conto del rapimento, chiese di essere lasciata un attimo sola per dare l’ultimo saluto alla sua terra. Dirigendosi a poppa, guardò gli amici disperati, chiese perdono a Dio alzando gli occhi al cielo e si lanciò in mare gridando:

“Impara o tiranno, che le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”

Donna Canfora annegò tra le onde e nel punto in cui sparì, il mare prese i colori indaco, blu, turchese e smeraldo, delle sue pesanti vesti, in quella nota come Costa Viola.

Se chiudo gli occhi rivedo la mia famiglia sulla  Fiat 127 andare a Palmi la sera, passeggiare tra le bancarelle che profumavano di noce di cocco e zucchero filato, che papà puntualmente ci comprava; sento ancora le canzoni cantate dal cantante di turno, e sogno ancora pensando ai bellissimi fuochi pirotecnici , la “botta scura” era favolosa.

Allora i fuochi più belli, erano quelli  palmesi.

Don Saro diceva che gli emigranti lasciavano Palmi subito dopo i fuochi d’artificio.

A proposito di emigranti, in agosto il borgo natio si riempiva di gente che arrivavano: dall’Australia, dal Canada, dalla Francia, dall’Argentina e dal Nord Italia; ritornavano le famiglie che ai primi del novecento e negli anni 50 avevano lasciato il borgo in cerca di fortuna.

Erano tutte amiche e comari di mia nonna e per me  il loro ritorno era una festa, perché portavano tanti regali: magliette carinissime, dolciumi, ma soprattutto una signora che abitava in Francia mi portava “lo zucchero a quadretti”,  zucchero in zollette,  che io adoravo e  piccole bottiglie di profumo di diverse essenze.

Io li chiamavo i profumi francesi e adoravo cambiare essenza tutte le mattine e tutte le volte che uscivamo.

Leggevo tra gli ulivi , trascorrevo lunghi pomeriggi  leggendo di tutto.

Ricordo un agosto in particolare, in compagnia dei libri di Corrado Alvaro, avevo appena finito di leggere “Quasi una vita”, emozionandomi non poco.

E poi la filosofia di Nietzsche, Kierkegaard e  la dissertazione filosofica del Marquese de Sade.

Ma per leggere la dissertazione filosofica del De Sade, dovevo leggere la Nuvelle Jastine, che mi fece stare male , perché io ho sempre aborrito la violenza di qualsiasi genere.

Avevo appena finito di leggere  e ho sentito delle voci provenienti dalla strada, era la processione di Santa Teresa del Bambin Gesù, allora il mio cuore nel vedere la nostra Teresina si è riempito di felicità.

Appresa la dissertazione filosofica, ho regalato il libro di De Sade insieme ad altri libri letti per non farmi mancare niente, perché la cultura deve essere ad ampio raggio a 360 gradi.

Ma torniamo ad agosto, alla musica che ascoltavo dalla mia radio, che papà mi aveva portato da Reggio Calabria.

Ricordo agosto 1982 mi piace tanto Le Louvre di Diana Est.

Associo ad agosto i Carmina Burana, scoperti una notte che non riuscivo a dormire, e Il vento caldo dell’estate di Alice.

Immancabili le canzoni di Madonna.

La musica ha sempre accompagnato le mie estati, insieme ai libri.

Vivevo di libri e musica.

La fine di agosto mi portava tanta tristezza , avrei dovuto lasciare le lettura per ritornare a scuola.

Ai tempi dell’Univeristà ricordo che il 18 agosto riprendevo a studiare per dare esami.

Ma non era ancora finita l’estate , le cicale cantavano ancora e i grilli insistevano con le loro serenate, mamma diceva che a settembre finchè non sarebbe iniziata la scuola, potevamo ancora andare a mare.

Mi consolava così.

Ancora oggi agosto mi mette un po’ di tristezza, ma non è ancora finita l’estate perché la cicala canterà ancora, il grillo continuerà a fare le serenate.  San rocco d’Acquaro e la Madonna dei Poveri mi stanno aspettando.

Loro sanno che andrò a trovarli per pregare , sognare e sperare di incontrare la signorina dai lunghi e fluenti capelli neri che sta ancora  aspettando il  suo principe  capitano, per raccontargli di Mata e Grifone, di Donna Canfora , della Madonna nera , di San Rocco e del suo cuore che nonostante i dolori, i lutti, le amarezze e le delusioni batte forte ancora.

 

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