La Rossa di Tropea nutrimento antico simbolo del Mediterraneo di Pino Cinquegrana

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Il colore rosso della Calabria è strettamente legato al principio della vita, che trova negli alimenti un valore nutritivo antico che indica coraggio, forza e persino moralità. La nduja, il peperoncino, la cipolla riproducono, in questo sentire, l’essenza di tanta vitalità, seppure la cipolla ha un colore più violaceo e, in questa dimensione, assume, quasi, una identità sacrale, di primordiale bellezza e generosità tratto distintivo delle genti delle terre di Calabria.

La cipolla è uno degli ortaggi che raccontano al meglio la storia umana fatta di tradizioni e ritualità, lavoro, di costumanze e cultura medica.  Gli Egizi la consideravano oggetto di culto, per la sua forma sferica e per i suoi strati che come cerchi concentrici rappresentavano la vita eterna. Era considerato viatico per i corpi. La rappresentavano nelle pitture tombali e, nel tempo, divenne simbolo del viaggio verso l’altrove per viandanti e pellegrini. Viene nominata da Omero nell’Iliade, in cui onora la freschezza e, prima di questo cantore greco, la cipolla veniva prodotta dagli Assiri, Sumeri, e Babilonesi. Una usanza del popolo greco era quella di offrire una cesta di cipolla allo sposo durante la cerimonia nuziale per augurare fecondità alla coppia. Essa assunse, nel tempo, quel sentire paremiologico che ci proietta in un mondo psicologico-comportamentale popolare:

Pani e cipuja, è mangiari d’à gnura.

[pane e cipolla, è il mangiare della signora]

E ancora:

Megghiu a casa tua pani e cipuja,

c’à casa d’atri carni di viteja.

[meglio a casa tua pane e cipolla/ che a casa di altri pane e carne di vitella]

Nelle terre calabre fu introdotta dai Fenici (come ormai comunemente acquisito), i bulbi di cipolla erano già noti nei tempi più antichi: nei resti degli insediamenti Cananei, databili a 6000 anni circa a. C.; gli atleti greci ne mangiavano in gran quantità per alleggerire il sangue, mentre per i gladiatori era un vero e proprio energizzante. Questo ortaggio era consacrato alla dea Latona, madre di Apollo e di Artemide, che l’aveva adottata perché soltanto una cipolla era stata in grado di stimolarle l’appetito quando era rimasta incinta. Secondo Artemidoro, se un ammalato sognava di farne una scorpacciata significava che sarebbe guarito. Anche se non mancano riferimenti negativi nella cultura popolare dovuti per lo più al suo aroma dovuto al disolfuro di diallile. Nei sogni, la interpretano infausta: di duvi vegnu portu cipuji (per indicare una minaccia) o ancora per parlare di persona che fanno il doppio gioco: aviri la facci comu a cipuja (avere la faccia come la cipolla). Ma anche a sottolineare una ragazza alta e snella si dice: pari na fogghia i cipuja (sembra – magra, snella – come una foglia di cipolla).

Nell’antica Roma, strofinavano il corpo con la cipolla al fine di rassodare i muscoli.  Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, fa riferimento alla cipolla rossa, indicandola come rimedio per curare svariati mali e disturbi fisici. Nella cultura cinese nell’ideogramma cinese (cōng), alla base è posto l’elemento del cuore per il suo aspetto salutare. Nel Medioevo questo bulbo si considerava un rimedio quasi miracoloso contro il colera e la peste. Quel cibo dei poveri basato su aglio, cipolla, porri, legumi, formaggi, zuppe. Il famoso Jacobus Sylvius (Jacques Dubois). Essa fu fortunato rimedio tra gli antichi apotecari ed erboristi, per la cura delle verruche e per le punture delle api. Grazie alle sue qualità diuretiche veniva usato anche per eliminare i vermi intestinali e anche come espettorante. I primi accenni alle cipolle rosse, coltivate lungo la costa tirrenica calabrese, risalgono ai viaggiatori europei, venuti in Calabria tra il XVIII e il XIX secolo (i viaggiatori del Grand Tour) che introdussero in Europa il mangiare salutare del Mediterraneo.  Tra i più autorevoli osservatori del commercio della cipolla rossa di Tropea è stato Giuseppe Maria Galanti, inviato in Calabria in qualità di Visitatore del Regno di Napoli che nel 1792. Egli annotava: “… le cipolle poi sono abbondantissime e se ne fa un’estrazione di molti bastimenti all’anno”. Anche nel Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani sottolinea che nel territorio di Tropea “abbonda di frumento aranci e cipolla” Nel 1859 in una monografia su Tropea del cav. Benedetto Stragazzi, a cura di Filippo Cirelli, è descritto il colore, la forma e l’esatta zona di produzione della cipolla ed è sottolineato che dal porto di Tropea: Si caricano pure molte cipolle rosse ma di colore incarnatino e bislunghe che chiamasi pargalesi (pergalisi o parghelesi. (Dalla vicina Parghelia, sino al 1807 casale di Tropea). In tempi più moderni, l’antropologo ed etnologo Vito Teti descrive le condizioni dell’agricoltura nel circondario di Tropea: nel corso dell’Ottocento agli agrumi e alla cipolla rossa si erano aggiunti agli ortaggi americani” e, in precedenza, Saverio Di Bella aveva sottolineato che “accanto al grano tra i prodotti dell’agricoltura del circondario erano (e sono ancora oggi) soprattutto: cipolla, agrumi, fichi, vino, ortaggi, peperoncino rosso. La cipolla rossa è ricca di vitamina C, vitamina E, ferro, selenio, iodio, zinco e magnesio, la cipolla si propone come elisir di lunga vita. Inoltre, questo straordinario bulbo rosso è coltivato, oltre che Tropea, Parghelia, Briatico e Pizzo Calabro anche in alcuni terrazzamenti del Monte Poro. Le cipolle contengono, inoltre, sali minerali come calcio, fosforo, iodio, ferro, fluoro e potassio, vitamine A, B1, B2, B5, PP, C, E, ma  è anche ricca di flavonoidi e di proteine. Nel campo della nutrizione, la cipolla viene indicata nella prevenzione anti–tumorale, nel contrasto della formazione dei trigliceridi, del colesterolo e, non ultimo, delle aggregazioni piastriniche rendendo il sangue più fluido ed aiutando quindi a prevenire trombi, coaguli ed ulteriori malattie cardiovascolari. La cipolla, inoltre, essendo diuretica è stata sempre usata per combattere le malattie delle vie urinarie quali i calcoli renali, vescicali, le cistiti e le prostatiti sia mangiandola che bevendone il decotto. E, ancora, è utile contro la gotta per aumentare la diuresi ed infine è consigliabile ai diabetici, per la presenza dell’ormone vegetale della glucochinina caratterizzato da spiccate proprietà antidiabetiche. Consumata cruda, elimina i batteri patogeni presenti nello stomaco e nell’intestino, favorendo la secrezione biliare e, quindi, il processo di digestione, ma non è consigliabile a quanti soffrono di iperacidità o di ulcera gastroduodenale. Lo sciroppo di cipolla con un po’ di miele è il rimedio naturale, che cura efficacemente varie affezioni delle vie respiratorie quali bronchiti, tonsilliti e faringiti. Alla cipolla si legano storie multiple della tradizione contadina. Durante le giornate della trebbiatura non doveva mancare la limba con abbondante insalata fatta di pomodori e molta cipolla rossa, che onorava su balle di paglia la tavola imbandita durante la pausa del lavoro. Altre portate erano la buona fagiola rossa, da consumare comunque con la scofana (foglia della cipolla rossa) con funzione di cucchiaio che, a sua volta, andava consumata con lo stesso cereale per esaltare il gusto che lo rendevano fresco ma anche con funzione energizzante. Ecco perché sulle balle di paglia, centrali erano anche le cipolle pronte ad essere scofanate (sfogliate).  La rossa di Tropea, Parghelia e tutto il litorale fino ad Amantea, veniva coltivata, come riportato da Bruno Giordano, lungo quasi tutto il litorale tirrenico. Quest’area, come riportato da Giordano e ripreso da Pino Vita (2014), si presta bene per il microclima perfetto alla sua coltivazione. A partire dagli anni trenta del Novecento diventa prodotto ricercato per il grande commercio persino nelle Americhe. La zona di produzione della Cipolla Rossa di Tropea Calabria abbraccia la fascia costiera medio-alta tirrenico calabrese, interessando così le province di Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia. La cultivar predilige terreni freschi, di medio impasto e abbastanza sciolti, prospicienti il mare. Si seminano [le semenze] da febbraio ad aprile, appena germogliano si riparano dal gelo e, raggiunta l’ordinaria grandezza, bisogna che ad esse si tagliano le cime. Diverse sono le qualità delle cipolle: bianche, gialle e rosse a pera. Precoce o tardiva (maggio-giugno) per lo studio territoriale e commerciale si rimanda a Bruno Giordano, Bollettino di Informazioni Commerciali Stati Uniti d’America – produzione e commercio d’importazione delle cipolle – Istituto Nazionale per l’esportazione, Roma 1933, n. 37. Nel Medioevo, la cipolla era considerata efficacissima contro i malefici delle streghe e le opere di spiriti diabolici. Ma bisognava raccoglierla, a luna calante, quando era sottratta all’influenza malefica di Ecate e del suo corteo. I pitagorici se ne astenevano perché cresceva quando la luna era calante ed eccitava la sensualità, credenza espressa anche l’epigrammista e poeta latino Marco Valerio Marziale: “Quando hai moglie vecchia e membro molle non ti resta che mangiar cipolle”. Che fosse un cibo afrodisiaco lo conferma anche Ateneo di Naucrati quando riferisce un’usanza nuziale dei Traci: Ificrate, sposando la figlia del re Cotys ricevette fra gli altri doni nuziali un vaso pieno di cipolle. Per combattere malocchio: bastava mangiare cipolle bollite, bevendone anche l’acqua.  In epoca Medioevale questi ortaggi rappresentavano un alimento d’uso comune, e anche se la maggior parte dei medici antichi non gli avevano attribuito particolari qualità stimolanti, durante il Quattrocento e Cinquecento acquisirono grande fama di cibo afrodisiaco con la proprietà di crescere e decrescere all’inverso delle fasi lunari. Il suo succo era utilizzato per lenire la tosse e guarire le bronchiti. Nel caso di punture d’insetti, verruche, foruncoli, ascessi o ustioni si interveniva applicando sopra la parte interessata alcune fette di cipolla cruda. Come altri prodotti della terra, l’ortaggio era soggetto anche ad interpretazioni simboliche e superstizioni. Nell’esegesi biblica identificava il dolore prodotto dal peccato (irritavano gli occhi) e la falsità (molti strati del suo involucro). La cipolla viene usata anche per alleviare il prurito ed il bruciore causato dalle punture di insetti, strofinando sulla parte coinvolta parte una fettina di cipolla cruda. Secondo studi recenti, le cipolle rosse sono le più efficaci per ridurre il colesterolo cattivo, mantenendo intatto quello buono, ed allontanare il rischio di sviluppare malattie cardiocircolatorie. Con le sue proprietà antibatteriche ed antifungine, la cipolla cruda è un rimedio efficace per combattere i parassiti intestinali senza alterare la flora batterica. Lo zolfo in essa contenuto aiuta a prevenire e combattere le fermentazioni intestinali. La cipolla, cotta, ha effetti digestivi e lassativi ed agisce favorendo la regolarità intestinale. In caso di mal di denti, ascessi, afte o infiammazioni gengivali, è utile applicare sulla parte dolente della cipolla cruda tritata. Essa sprigionerà delle sostanze dalle proprietà antisettiche che aiuteranno a combattere eventuali infezioni e ad alleviare il dolore. Nella cosmesi, la tradizione annovera la cipolla tra i rimedi naturali più efficaci per stimolare il microcircolo della cute. Contro la caduta di capelli, applicare della cipolla tritata sul cuoio capelluto per almeno 20 minuti prima di passare allo shampoo. Il terreno sabbioso, la vicinanza al mare, le numerose ore di luce, l’escursione termica a favore (in inverno massimo tra gli 8 e i 10 gradi), le polveri vulcaniche (zeolite), la cui proprietà regolano l’umidità sulla superficie delle piante svolgendo anche le difese immunitarie delle piante, costituiscono la naturale complicità per la dolce rossa di Tropea, unica nel suo genere a cui sono state dedicati convegni e ricerche nazionali e internazionali. Il terreno che dovrà accogliere il bulbo del prezioso ortaggio, dopo l’aratura, viene fresato e sistemato affinché le donne, a mani nude, segnano – a distanze ormai consolidate dall’esperienza, la terra con la piantina che diverrà la cosmica cipolla per la quale da tempo è rinomata la stessa nobile città vocata alla Madonna nera della Romania. All’uomo la predisposizione dei solchi ben concimati con letame, alle donne per lo più il compito della piantagione d’u varvinu (pianticella della cipolla), predisponendosi avanti al proprio cammino dei plateau di piantine, quasi fossero i piatti del giardino di Adone.   Piegata la schiena, queste donne, continuano per ore il faticoso lavoro, la scerbatura dei campi che ospitano il sacro bulbo (fidihjari –togliere l’erbaccia vicino alle piante), ad estrarre il prodotto maturo per essere consumato in mille modi e in mille piatti che rendono la gastronomia calabrese a base di cipolla di Tropea persino con la nutella, resa caramellata e quant’altro. Donne anziane che trasmettono alle più giovani, sedute accanto, la realizzazione delle trecce, di richiamo all’idea della treccia del mito classico, per esaltarne la bellezza. Un rimando, anche, a quell’identità meridionalistica le cui donne, come divinità, si intrecciavano i capelli per esaltare il proprio volto.  Qualcuna sembra domandarsi perché questa fotografia. Donne tutte con i capelli raccolti o coperti da un cappello. Stiamo raccontando la regina dell’essenza calabrese da consumare per vivere meglio e a lungo per come già Ancel Keys faceva riferimento durante la sua indagine di lunga vita dei nicoteresi, sede della Dieta Mediterranea di riferimento. Immerse le mani nella terra, quasi un rito sacrale e, impugnata la cipolla, con delicatezza viene estratta e lasciata sul solco a fasci, di richiamo alle gregne. Poste in cassette di plastica e caricate sui trattori, la cipolla viene trasportata in spazi aziendali dove la procedura della selezione (grandi/piccole) rimane sempre un compito femminile, fino a costituire mazzetti da sistemare nelle giuste cassette pronti alla vendita.

 

 

 

 

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