La Santuzza è una rosa di Giuseppina Torregrossa, Feltrinelli

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Giuseppina Torregrossa eccellente scrittrice, dopo aver omaggiato Sant’Agata con il suo romanzo “Il conto delle minne”, con  l’ultimo  romanzo “la Santuzza è una rosa”, omaggia Santa Rosalia, emozionando come sempre i lettori.

Quando  nel1624 la peste ammorba Palermo, nasce il dipinto di van Dyck in cui santa Rosalia intercede per la fine della pestilenza.

Ed è proprio quello il momento in cui anche l’agiografia della “Santuzza” si consolida, scoprendola essere  diretta discendente di Carlo Magno.

La storia del dipinto, dell’ambizioso ritrattista, di Palermo e della sua Santuzza sono i protagonisti del romanzo.

La scrittrice scrive:”in vista di un mio viaggio a New York, per raggiungere mia figlia e le mie due nipotine, mi sono messa a studiare e ho scoperto che il più grande ritrattista del Seicento aveva soggiornato a Palermo durante la peste, e aveva assistito indirettamente al ritrovamento dei resti di Rosalia sul Monte Pellegrino. Dunque il quadro di van Dyck che dipinge santa Rosalia sembrerebbe frutto del caso o di una suggestione del pittore, che era rimasto in quarantena a Palermo per via della peste. Ma presto ho scoperto che c’era ben altro, e la testa mi diceva che dietro a quel dipinto ci doveva essere un piccolo intrigo… Questa storia nasce dalla rilettura di alcuni documenti e dalla mia inventiva. Non ho stravolto le notizie storiche: quelli sono fatti e i fatti sono fatti. Van Dyck ha dipinto santa Rosalia, e questo è un fatto. Ma il resto, cioè l’intrigo che ruota attorno al quadro e che mi sono divertita a costruire, è solo frutto della mia fantasia”.

Viciuzza e Rosalia si conoscono nei vicoli di Palermo eppure, nonostante la miseria che le circonda, quando scherzano e si confidano si spande attorno a loro un profumo intenso di rosa. Perché Rosalia non è solo una coetanea di Viciuzza, una ragazzina povera quanto lei, ma è la Santuzza che il popolo invoca nel bisogno. Viciuzza non ha una madre che le voglia bene e se sul suo piatto arriva qualche fava da farci una purea è grazia ricevuta, ma ha un candore che le privazioni non possono intaccare e che le vale il soprannome di “Babbasuna”. L’incontro con santa Rosalia nel 1614 intreccia un’amicizia che durerà tutta una vita. Intanto il gesuita padre Cascini, ignaro di questo legame speciale, è impegnato nell’“ideuzza” di dotare santa Rosalia di una genealogia illustre che la faccia discendere da Carlo Magno, per renderla accetta alla nobiltà e all’alto clero. E scomoda per la sua iconografia nientemeno che il fiammingo van Dyck. Fra spie vaticane e le ombre della Riforma protestante, è proprio questo gesuita malandato ma tenace a salvare Viciuzza dalla strada, con l’aiuto delle sue impareggiabili aiutanti, le suore Mano destra e Mano sinistra, e a trovarle sistemazione presso la grande pittrice Sofonisba Anguissola. Nel 1624, quando sopra Palermo si abbatte la peste con il suo fetore insopportabile, di santi – anzi, di sante patrone – ce ne sono ben quattro, ma nessuna sembra godere della fiducia del popolo. Solo la Santuzza può compiere il miracolo più grande e mettere in salvo la città e i suoi abitanti. Ed ecco che l’“ideuzza” di padre Cascini finalmente prende forma, con l’aiuto di una Viciuzza ormai più matura e consapevole.

Giuseppina Torregrossa (Palermo, 1956) è laureata in medicina e affianca alla sua professione l’attività di scrittrice dal 2007. Si è dedicata con vari ruoli e in differenti organizzazioni alla lotta al tumore al seno e ha preso parte alle Commissioni istituzionali sulla parità di genere e la parità dell’ordine dei medici.  Tra i suoi rom anzi ricordiamo: “L’assaggiatrice” è stato il romanzo con cui ha esordito e in seguito ha pubblicato titoli come “Il conto delle minne”, “Manna e miele, ferro e fuoco”, “La miscela segreta di casa Olivares”, “A Santiago con Celeste”, “Il figlio maschio” e “Cortile nostalgia”.

Giuseppina Torregrossa scrive inoltre articoli di divulgazione scientifica per diverse testate ed è presente in rete con il suo blog personale.

“Nel tempo libero scrivo storie di vita vissuta” è come definisce lei stessa il rapporto con la letteratura e la creazione dei propri romanzi.

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