I pescatori calabresi delle diverse marinerie del Tirreno (Vibo Marina, Briatico, Tropea, Cetraro, Bagna Calabra etc, ) e dello Ionio, parallelamente alle altre iniziative che vedranno coinvolte le varie organizzazioni nazionali nella giornata di giovedì 15 , saranno al porto di Vibo Marina per protestare contro le politiche del Governo e dell’Unione Europea che mettono a rischio la propria esistenza e quella delle tante economie collegate alla produzione ittica quali il commercio, la ristorazione, il turismo, la cantieristica, per non parlare del patrimonio di cultura e tradizioni che la pesca rappresenta.
Il settore soffre di problemi già noti, dovuti alla vetusta dei mezzi e dotazioni, barche con età media di 27 anni, scarse possibilità di investimento e di innovazione (l’elettronica quasi assente), alta età media degli operatori e scarso ricambio generazionale. Ma come si può chiedere ai giovani di investire il loro futuro in un’attività usurante, poco remunerativa e altamente a rischio chiusura da parte della UE che basa la gestione solo in termini di chiusure spaziali temporanee e definitive a discapito delle comunità di pescatori e delle produzioni nazionali che già sono insufficienti per il mercato interno. Molte problematiche attuali più pressanti sono simili a quelle degli agricoltori coi quali si è creata una naturale alleanza nelle proteste, ad esempio, il forte aumento del carburante, la principale voce di spesa soprattutto per attività quali lo strascico o la circuizione. Sul tirreno calabrese, la situazione è veramente insostenibile. Molte imbarcazioni hanno deciso di interrompere le attività di pesca allo strascico. Il prezzo del carburante che era di 0, 40- 0,50 €/lt, è attualmente triplicato. Il rincaro comporta a cascata problemi quali la diminuzione dei tempi di pagamento concessi dai rifornitori, dovuta a sua volta dalla minore elasticità dei fidi che gli stessi distributori hanno, a causa dei maggiori importi.
L’importazione selvaggia dei prodotti ittici dall’estero. Tali prodotti rappresentano 80% del consumo, non garantiscono al consumatore le stesse tutele dei prodotti nazionali, comportano gravi conseguenze per il commercio e la valorizzazione del prodotto locale. Persino la realizzazione dei piatti tipici tradizionali viene ad essere insidiata. Molto c’è, inoltre, da dire anche sulla loro sostenibilità, sono comunque prodotti pescati, spesso sono le stesse risorse (importate da paesi quali Libia Egitto, Tunisia etc,) ma pescate senza le restrizioni cui sono soggette i pescatori UE, vale a dire con attrezzi qui vietati, maglie delle reti più strette, senza vincoli di tempo e con ovvi maggiori costi e impatti legati alla conservazione e trasporto (il 10% delle importazioni viene dalla Cina).
Relativamente ai prezzi, a fronte dell’aumento dei costi e cali delle catture non si sono avuti particolari rialzi. Ad un aumento iniziale al dettaglio ha comportato, una diminuzione delle quantità acquistate e il passaggio degli acquisti verso il prodotto ittico di importazione. In Calabria in maniera paradossale invece di aumentare, si sono registrati cali. Le politiche Ue finiscono per favorire le importazioni dall’estero, le limitazioni programmate puntano a tagliare le aree di pesca con scadenze al 2024, 2027 e 2030. Sono a rischio tremila pescherecci (uno su tre)
A livello locale vanno considerate le incongruenze nelle scelte di gestione con gravi ripercussioni, con errori quali la chiusure del Golfo di S. Eufemia che, per un mero errore di trascrizione delle coordinate, oltre alle multe comporta la diminuzione delle aree disponibili alla pesca e conseguente maggiore pressione di pesca in queste aree disponibili, consumi maggiori per raggiungere aree più lontane, minori rese. Il tutto mentre restano non tutelate le aree per cui la misura era pensata. La necessità di concordare e rivedere i periodi di fermo biologico ne stabilito che non in tutti gli areali risponde ancora alle esigenze delle aziende né a quelle di sostenibilità delle principali specie target.
Le proposte suggerite dagli operatori sono che le regole per la salvaguardia della risorsa ittica, largamente condivise dai pescatori, non devono intaccare la salvaguardia della sostenibilità economica; La sostenibilità ambientale deve andare di pari passo con quella economica, perché il rischio è un ulteriore crollo della capacità di pesca italiana. Nel nostro Paese i pescherecci sono solo 12 mila, un quarto di 15 anni fa; Molti problemi sano evidenziati da decenni, occorre che, finalmente la politica si decida a lavorare con noi e un tavolo tecnico per valutare varie possibilità; Effettuare lo sconto direttamente “alla pompa”, con un ristoro, quindi, indirizzato ai rifornitori/ compagnie. Ciò anche per bloccare le dinamiche che portano alla riduzione dei tempi di pagamento; Concertare il fermo pesca in base alle condizioni locali; Occorre che in primis le amministrazioni locali facciano squadra, per sostenere in maniera unitaria le iniziative parlamentari che prevedono aiuti per il settore e iniziative politiche.