Ricordo ancora il mio anno sabbatico: 1988.
Avevo conseguito la maturità nel luglio del 1987, gli orali si erano svolti il 6 luglio, lo ricordo perfettamente.
Come non ricordare il Decadentismo con Baudelaire e Giovanni Pascoli e poi Manzoni, Leopardi e Verga.
La mia amata filosofia : la Critica della Ragion Pratica di Kant, Shopenhauer e Kierkegard.
Ho amato e amo infinitamente la letteratura , la filosofia e la storia.
Historia magistra vitae!
Purtroppo mi aveva infinitamente delusa il voto del diploma.
Dopo cinque anni “buttati” sui libri, senza mai aver bigiato la scuola, sempre presente, mi sarei aspettata qualcosina in più
Tutti i miei sacrifici erano finiti in una bolla di sapone o come si dice oggi “finiti a …”.
Allora le parolacce erano proibite, almeno nella legge di mio padre!
Non mi era servito a niente amare dal più profondo del mio cuore la filosofia e tutte le altre materie.
Sapevo a memoria i canti della Divina Commedia, ma non era servito a niente, tutto era finito con una grande delusione.
Alla delusione si unì il senso d’ incertezza, il vuoto e il dolore, perché è noto che “le disgrazie non arrivano mai sole”!
Non ultimo al borgo natio non c’era vita, non c’era il cinema, il teatro, non si svolgevano convegni , né dissertazioni filosofiche.
Non c’era niente di quello che io sognavo, nemmeno il mare!
Chiamai Mimma, quella che per quattro anni era stata la mia compagna di banco, eravamo sedute al primo banco, fila centrale perché io non volevo perdere le spiegazioni .
Mi sarei distratta, se non fossi stata seduta al primo banco.
La chiamai per consigliarmi, per parlare di futuro.
Mimma non ci pensava proprio ad andare all’università, desiderava sposarsi e avere dei bambini.
Bocciò tutte le mie proposte:
Viaggiamo insieme? No.
Affittiamo una casa a Messina? No.
Viaggiamo da Reggio Calabria? No.
Mimma voleva Sposarsi. Stop!
Andai ancora di più in confusione, non sapevo cosa fare.
Caddi in uno stato di profonda tristezza.
Persi l’appetito, mangiavo quasi sempre yogurt.
Fisicamente stavo bene, ma ero come smarrita.
Così decisi di fermarmi, non sarei andata all’Università, volevo riflettere, riposarmi, staccare, ricostruire ciò che si era rotto, spezzato, frantumato.
Fu così che il 1988 divenne il mio anno sabbatico.
Un anno caratterizzato dalla lettura di moltissimi libri.
Leggevo per il gusto di leggere, per l’amore della lettura, per il desiderio di sapere e non per prendere un buon voto.
Moravia, Freud, Buscaglia, Grazia Deledda, Dacia Maraini.
L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, Corrado Alvaro, Strati , Seminara, leonida Repaci.
Tantissimi libri che conservo ancora oggi nella mia libreria.
La lettura mi assorbì.
Trascorrevo le giornate leggendo, non uscivo mai se non per recarmi a Rizziconi in edicola per acquistare i settimanali e i cosiddetti “100 pagine 1000 lire”, libricini che naturalmente conservo ancora.
Intervallavo le letture con l’ascolto della musica alla radio: Anna Oxa con Quando nasce un amore; Le notti di maggio della Mannoia, Etienne di Guesch Patti, immancabili Venditti e Battito.
La notte invece ascoltavo musica classica.
La sera tardi ,quando tutti andavano a dormire, guardavo una telenovela giapponese:
”Il peccato di Hoyuki”, mi piaceva perché si vedeva il Giappone, era come un documentario, non solo per l’emozione che mi regalava una tristissima storia d’amore e ingiustizia.
Guardavo anche il Maurizio Costanzo Show, spesso tra gli ospiti c’erano scrittori, opinionisti, poeti ed io sonavo di diventare come loro.
Mi sentivo profondamente sola, nonostante avessi scelto io la solitudine.
Aspettavo il postino perché mi ero abbonata alla rivista Il Medioevo.
Al borgo natio si rincorrevano strane voci: “ero ammalata per questo non uscivo”.
Ma io stavo bene : ero malata d’amore per la lettura.
Trascorsi così l’inverno e anche la primavera, arrivò principessa estate con il suo caldo sole e le lunghe giornata caratterizzate dal canto delle cicale e le serenate dei grilli.
Io continuavo a leggere: libri, giornali, riviste e settimanali.
Convivevano in me due solitudini: quella cercata e quella imposta dagli eventi, o forse da un unico evento: l’addio all’amore.
Passò l’estate e arrivò l’autunno con il suo carico di magia, di colori e di sapori.
Avevo spesso mal di testa, avevo il cuore spezzato.
A volte mi sentivo avvolta in una nebbia che mi impediva di decidere, di vivere, di mangiare, di sognare.
Ricordo il sapore dello yogurt che mangiavo seduta vista uliveti: agrumi di Sicilia e albicocca.
Ma il mio cibo, quello che mi ha tenuta in vita sono stati i libri, gli appunti e le riviste.
L’autunno arrivò nella mia stanza, nel mio angolo dell’io.
Le foglie ingiallite cadevano sui miei libri e mi facevano compagnia.
L’autunno mandò via l’estate, ma non il mio mal di testa,
Un giorno per caso , non ricordo se alla bottega del borgo, seppi che Silvana la mia amica della Scuola Elementare, aveva deciso di iscriversi all’università a Messina.
Al contrario di Mimma che non aveva voluto.
Allora pensai :” Adesso se decido di iscrivermi non sarò sola!” La mia vita erano i libri, perché rinunciare alla laurea?
Questi pensieri si insinuarono nella mia mente piano piano, fino a diventare un chiodo fisso.
Un giorno l’emicrania durò più del solito, non riuscivo a leggere, la Mesulid ritardava il suo effetto più del solito.
Quando il dolore cessò era tardi, ripresi a leggere mentre Selene splendeva superba tra gli ulivi.
Sul mio tavolino c’erano libri, penne, matite , quaderni e il diario.
C’erano libri persino per terra.
Sull’ altro mobile c’erano i cosmetici, i miei profumi, anelli e collane in ordine sparso, la scatola delle Mesulid.
Mi guardavo attorno, dovevo reagire, lottare, per i miei sogni, per la cultura.
Dovevo iscrivermi all’Università! Il mio sangue Mamone prese il sopravvento su tutto.
Dovevo conseguire la laurea a tutti i costi.
Lo dovevo a me stessa, al mio sogno fatto d’inchiostro e quaderni, a mia nonna che mi aveva insegnato i primi rudimenti di storia, poesia e letteratura.
A mio Zio Luigi Mamone grande uomo di cultura,che da Pellegrina mi portava i panini con la mortadella e l’ovetto Kinder.
A zio Domenico grande avvocato a Livorno.
Anch’io come loro mi sarei laureata.
Quella notte sotto il dolce sguardo di Selene, finì il mio anno sabbatico!
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