Intelligence, Robert Gorelick (CIA) al Master dell’Università della Calabria: “Intelligence e mondo militare: due mondi agli antipodi”

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“L’intelligence nel mondo: uno sguardo americano”. È il titolo della lezione che Robert Gorelick, capo centro CIA in Italia dal 2003 al 2008, ha tenuto al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Gorelick ha portato il suo contributo con spunti, suggestioni, indicazioni ed esperienze dal vero.

Ha evidenziato in partenza che quello dell’Università della Calabria è il master in Intelligence più importante del nostro Paese.

Ha quindi illustrato l’impiego operativo di un “servizio di Intelligence” secondo tre direttrici: diplomazia parallela, azioni clandestine e raccolta delle informazioni segrete.

E con l’arte di rubare i segreti, stella polare di un Servizio, il docente si è collegato ai pilastri dell’Intelligence, la ricerca delle informazioni e l’analisi, elencando le principali modalità di raccolta: la SIGINT e l’ELINT per i segnali elettromagnetici ed elettronici; l’OSINT per le fonti aperte come Internet e social; la IMINT, esercitata mediante foto aeree e satellitari; la MASINT, ricerca di elementi tecnico-scientifici per rilevare, per esempio, esplosioni nucleari; la HUMINT, l’attività di spionaggio classica compiuta direttamente dall’uomo.

Esperto di Humint, esercitata fuori dalle ambasciate americane, sotto copertura e in solitaria, Gorelick ha descritto il cambiamento dello spionaggio avvenuto negli ultimi 25 anni.

E lo ha fatto fissando due punti cardinali: l’attentato alle Torri Gemelle e la guerra al terrorismo da un lato, la rivoluzione tecnologica dall’altro, fenomeni integrati tra loro, difficili da distinguere.

Prima dell’11 settembre, infatti, le agenzie di intelligence avevano obiettivi statali classici come il narcotraffico e la criminalità organizzata, con diplomatici e persone importanti come categorie dalle quali ottenere segreti.

Dopo gli attentati di Al Quaida, molti Stati hanno trasformato le priorità puntando sul terrorismo e sulla controproliferazione.

Infatti, le agenzie di Intelligence si sono dovute riorganizzare. Gli americani hanno integrato gli immigrati nei Servizi, si è reso necessario ricorrere anche agli avatar digitali piuttosto che alle coperture diplomatiche o commerciali per avvicinare scienziati iraniani o terroristi afgani, le tecnologie hanno rafforzato la Sigint orientandola da disciplina di intelligence ad attività di supporto della Humint.

Gorelick ha poi elencato le sei fasi del ciclo di reclutamento di una “fonte”: individuazione, avvicinamento, valutazione dell’effettivo accesso alle informazioni di cui si necessita, sviluppo attraverso la creazione di un legame profondo, reclutamento per rendere consapevole la fonte della sua attività di spia e la delicatissima gestione degli incontri per lo scambio di informazioni.

Il docente ha poi ricordato l’esperienza dell’Italia negli anni di piombo e il solido contributo alla controproliferazione offerto dal nostro Paese nell’ambito dei rapporti con la Libia, risultando preziosa la collaborazione di Alberto Manenti, allora responsabile della controproliferazione in Italia e poi direttore diventato dell’AISE dal 2014 al 2018.

Ha quindi affrontato il cambiamento dell’Intelligence attraverso l’evoluzione delle tecnologie.

Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1982, ha vissuto il periodo in cui lo spionaggio, metodo che risale alla notte dei tempi, era povero di tecnologie, così come quelli dei secoli precedenti rapportati al nostro.

Ha quindi sottolineato quanto fosse importante tutelare il rapporto tra agente e fonte, anello debole della catena di Intelligence, ricordando di aver usato travestimenti e documenti che si autodistruggevano, essendo stato anche tra i primi a utilizzare Internet in funzioni di intelligence.

Negli anni Novanta, i Servizi hanno introdotto le prime tecnologie abbandonando travestimenti e coperture ormai superati. All’epoca FBI e CIA costituirono addirittura un comitato ad alto livello, per riflettere sulla possibilità di proseguire le attività sotto copertura.

La lezione ha toccato poi il ruolo delle operazioni governative di intelligence svolte dalle società private, attività molto praticata negli USA e in Israele, soprattutto per la collaborazione tecnologica.

Le società private sono destinate, secondo Gorelick, ad avere una funzione sempre più importante in operazioni di Cyber Intelligence, ma anche di Humint molto sofisticate, che continueranno a rappresentare l’ambito più significativo anche nel futuro.

Nel prosieguo, ha citato una società americana, che opera anche per il governo italiano, capace di organizzare e correlare le informazioni in tempo reale per consentire all’analista di Intelligence di metterle a disposizione del decisore pubblico.

L’analisi delle informazioni grezze, lavoro che richiedeva un grande dispendio di tempo, ora è svolta dai software in tempi ristrettissimi.

D’altra parte, ha evidenziato, l’analista oggi può soffermarsi solo su cose veramente importanti.

Ha quindi illustrato le operazioni difensive, con particolare riferimento alla copertura, prima forma di tutela di ogni agente operativo, e al ruolo che la tecnologia ha avuto nella sua evoluzione.

Adesso, l’accesso in tempo reale alle informazioni, rende molto difficile per un agente operativo costruire una copertura in grado di resistere nel tempo.

Il docente ha allora evidenziato come la protezione della fonte rappresenti la priorità di ogni agente d’intelligence.

La costante evoluzione della technologia, come il posizionamento di rilevatori per la presenza di uranio in Paesi in cui è difficile praticare la Humint e l’utilizzo dei satelliti, saranno invece semrpe di più il fulcro delle operazioni offensive.

Ha di conseguenza ricordato le operazioni di influenza dell’opinione pubblica, vantaggiose sotto il profilo dei costi e dell’impiego com’è avvenuto con la campagna no-vax durante il Covid o con il referendum sulla Brexit.

Gorelick ha affrontato il mutamento degli obiettivi d’Intelligence, influenzato dalla tecnologia e dalla lotta al terrorismo.

Con riguardo alle necessità del futuro, il docente ha analizzato la possibile costituzione di un’agenzia d’Intelligence unica europea, fondando il suo ragionamento sul tema della fiducia.

I tre Servizi più potenti, americani, britannici e israeliani, mostrerebbero reticenza a scambiare informazioni con un organismo unico come quello europeo per la criticità della dispersione delle informazioni.

Si è poi soffermato sul dibattito italiano sulla riforma dei Servizi, soffermandosi in particolare sul modello che prevede un’unica agenzia o due, rispettivamente distinte per l’interno e per l’estero.

Ha espresso perplessità sia sotto il profilo operativo, per i modi di lavorare molto diversi, sia su quello ideologico, visto che il Servizio unico è tipico, in genere, dei Paesi autoritari.

Secondo il suo parere, l’Italia ha necessità di affinare la capacità di Intelligence clandestina, con agenti che operino fuori dalle ambasciate e sotto copertura, promuovendo la cultura dell’Intelligence al pari di Israele, USA, Gran Bretagna, Cina e Russia, dove gli agenti vengono assunti nelle università e nel privato, e non prevalentemente dalle FF.AA. o FF.PP.

Gorelick ha esemplificato la tesi citando la differenza degli obiettivi tra un agente di polizia e un agente dell’Intelligence: entrambi raccolgono fonti, ma mentre il primo ha l’obbligo di riferirle al magistrato, il secondo le usa per analizzare la situazione e può farne un uso anche a distanza di anni.

In sostanza, nella sua interpretazione, la cultura militare è quasi l’opposto della cultura dell’Intelligence.

Il docente ha poi risposto alle domande degli studenti, toccando vari temi.

Si è parlato del ruolo chiave nell’ambito dei Servizi delle 18 agenzie di Intelligence del governo statunitense e delle attività di coordinamento del Capo Stazione CIA nelle ambasciate americane.

Ha fatto poi riferimento alla collaborazione tra Servizi e, nello specifico, della liberazione – nel 2005 in Iraq – della giornalista italiana Giuliana Sgrena che vide protagonisti CIA e SISMI. A tal proposito, Gorelick ha ricordato Nicola Calipari, funzionario SISMI tragicamente scomparso subito dopo la liberazione della giornalista, e le attività di coordinamento svolte con Marco Mancini, altro dirigente SISMI, per il rimpatrio della salma.

Ha quindi affrontato il tema delle quote rosa nei Servizi, tabù di un tempo per via del rischio sessuale, oggi superato. Quindi ha accennato ai rapporti della CIA con i contractors, elemento imprescindibile per l’impiego in aree ad alto rischio operativo.

Sul tema delle superpotenze, Gorelick ha delineato uno scenario complesso: da un lato ha evidenziato la supremazia militare degli Stati Uniti, unica potenza in grado di dispiegare un imponente apparato bellico a livello globale. Dall’altro, analizzando il soft power, ha messo in luce il primato economico della Cina e l’influenza culturale esercitata da Stati Uniti ed Europa.

Le ultime domande hanno riguardato invece il poligrafo, meglio noto come “macchina della verità”, prassi prevista per gli agenti di Intelligence, le fonti reclutate e lo spionaggio industriale.

Su quest’ultimo punto il docente ha affermato che la CIA non si occupa di spionaggio industriale per l’impossibilità di condividere le informazioni con le imprese, abitudine consolidata nelle Agenzie francesi e cinesi, queste ultime particolarmente attive in Italia, soprattutto in Toscana e nelle Marche.

Alla fine della lezione, Caligiuri ha sintetizzato i punti salienti, proponendo l’espressione “i 10 comandamenti di Gorelick”: 1. assumere operatori nelle università e nel privato; 2. conferire importanza al controspionaggio; 3. lavorare sempre più fuori dalle ambasciate operando con coperture perenni; 4. prestare attenzione allo spionaggio aziendale, soprattutto da parte di alcuni Paesi; 5. pensare alle priorità del futuro per affrontare le metamorfosi del mondo; 6. tornare agli obiettivi strategici, piuttosto che svolgere azioni paramilitari e raccogliere informazioni tattiche, concentrandosi su quelle più segrete; 7. coordinare, piuttosto che centralizzare, incoraggiando la collaborazione tra operativi e analisti e tra Servizi nazionali e Paesi alleati, così da aumentare la cultura dell’immaginazione e della creatività; 8. constatare che, in alcune aree del mondo, terrorismo e criminalità convergono come nel caso del sud America; 9. lavorare con i privati nel settore delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale per tutelare la sicurezza nazionale in aree geografiche dove è difficile operare; 10. utilizzare il poligrafo per verificare la qualità delle fonti e l’azione degli agenti.

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