Santa Severina – un gioiello di origini bizantine in Calabria

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Duemilacinquecento anime di cui un migliaio nel borgo, Santa Severina, a trenta chilometri da Crotone rappresenta una tappa obbligata per coloro che si avventurano in quella parte di Calabria. L’abitato – con il nome greco di Siberene – è documentato già nel V secolo AC, anche se rimane ignoto, invece, quando il sito in questione ha cambiato nome. In merito vi sono due ipotesi e cioè la latinizzazione del nome in Severiana/Severina con l’appellativo di Santa aggiunta dai bizantini dopo la riconquista della città nell’886. Oppure una Santa Severina già venerata dai bizantini, alla quale essi avrebbero dedicato la nuova patria. E’ certo comunque che i bizantini vi costruirono un castrum sulla parte più elevata dello sperone roccioso del suo territorio e che nel IX secolo fu elevata a sede metropolita di Bisanzio. Espugnata dai saraceni nel 840 venne riconquistata dai bizantini guidati da Niceforo Foca nel 886. Nel 1075, dopo due anni di assedio fu conquistata dai normanni che vi avviarono la costruzione del castello e la latinizzazione della popolazione. Intorno al 1450 vi immigrarono gruppi di albanesi mentre la città passo in mano degli aragonesi nel 1496 i quali, la elevarono a contea. Nel 1503 Andrea Carafa, celebre condottiero, la ottenne in signoria, mentre nel 1510, ne furono scacciati gli ebrei. Diventata nei secoli a seguire feudo di diverse famigli nobili calabresi – Ruffo, Sculco, Gruther – fu anch’essa colpita dal terribile terremoto del 1783.

Agli inizi del novecento, quando il paese quasi abbandonato, vi giunse l’archeologo triestino Paolo Orsi che così scrisse: “Il Colle di Santa Severina, avulso e nettamente separato dalle propaggine del monte Fuscaldo, cinto ovunque di rupi scoscese o di ertissime scarpate, è una vera e inespugnabile fortezza naturale che si erge a breve distanza dal Neto, ne sbarra il valico e ne domina tutto il corso inferiore sino alla foce visibile dall’alta rupe”. In questo ambiente ha farla da padrone è il vento che ruggisce tra le antiche pietre di questo posto e non a caso una rosa dei venti accoglie il visitatore al centro della piazza del paese.

Il personaggio principale della storia paesana è forse l’arcidiacono Enrico Aristippo che ebbe rapporti con la corte di Guglielmo I° a Palermo e morì nel 1162, traduttore di numerosi classici come il manoscritto dell’Almagesto di Tolomeo, il Memone e il Fedone di Platone e il quarto libro delle Meteore di Aristotele.

Il borgo è veramente suggestivo e sorge su uno sperone di tufo che domina la vallata del Neto e quando la foschia sommerge la vallata stessa assomiglia ad una grande nave di pietra. A testimonianza della passata dominazione bizantina, rimane il quartiere della Grecia, nella zona orientale del paese, rimasto praticamente intatto dal punto edi vista urbanistico, dove le case delle famiglie più agiate sono tutte abbarbicate in cima allo sperone roccioso e quelle delle famiglie più umili sono scavate nella roccia stessa. Contiguo a questo rione vi è quello della Iudea – l’antico insediamento ebraico.

Tra i monumenti da visitare vi è di sicuro l’antico Battistero da cui si accede da una porticina della cattedrale che – stranamente – non è intitolata  Santa Severina ma a Santa Anastasia. Questo Battistero fu realizzato tra i secoli VIII° e IX° a base circolare con croce greca inserita. Vi è pi la Chiesa dell’Addolorata di epoca pre-normanna che sorge sui resti dell’antico vescovado e conserva numerosi elementi della vecchia cattedrale consacrata nel 1036 con l’interno a tre navate edificato nel XVII° secolo che custodisce un bellissimo altare barocco. Troviamo poi, tra i siti da visitare, la Chiesa di Santa Filomena, interessante esempio di architettura bizantino – normanna, costruzione dell’XI° secolo, formata da due cappelle sovrapposte a pianta rettangolare con una cupoletta adorna di madonnine e due portali ogivali normanni. Vi è poi la chiesa di Sant’Antonio che al suo interno racchiude due cicli di affreschi rappresentanti la vita di San Francesco di Assisi e quella di Sant’Antonio da Padova. Assolutamente da visitare poi, il Castello, acquistato nel 1905 dal comune che di recente lo ha riportato all’antico splendore. Opere di ingegneria militare tra le più belle della regione, è composto da un mastio quadrato con quattro torrioni angolari in corrispondenza dei quali si trovano quattro bastioni sporgenti. Cinto da possenti mura merlati e circondato da tre lati da un fossato. Contiene labirinti, sotterranei e scuderie con affreschi medievali, sale con magnifiche decorazioni a stucco e dipinti barocchi. Suggestiva la veduta dal Belvedere costruito nel 1535. Altra tappa obbligata, la Cattedrale che ha un impianto a croce latina a tre navate e della cui struttura originaria resta il portale. Castello e Cattedrale delimitano quello che gli abitanti del posto chiamano “il Campo” cioè l’antica piazza d’armi.

La città ospita poi un interessantissimo Museo diocesano di Arte Sacra, il Museo archeologico, la Biblioteca diocesana e l’Archivio storico vescovile, nonché un Centro di documentazione e studi sui castelli e le fortificazioni in Calabria. Tra gli eventi che la città offre vi è la Processione del Cristo morto, la Festa di Sant’Antonio in giugno e l’Estate Sanseverinese che offre ai turisti manifestazioni musicali, teatrali, cinematografiche e sportive. Nella seconda decade di settembre inoltre il Castello ospita una serie di concerti dei musicisti italiani inseriti nell’orchestra giovanile europea. I turisti e i visitatori inoltre possono effettuare escursioni lungo i sentieri di Monte Fuscaldo, gustare le primizie del luogo – salumi, formaggi e arance – e i piatti tipici tra cui l’immancabile “Pasta Chjna” cioè i rigatoni al forno, ripieni di formaggio, provola e salsiccia.

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