Roccella Jonica: una piccola perla dello Ionio.

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Ai piedi del costone roccioso che delimita le alture del  Bosco Catalano, Roccella Jonica – centro urbano del Reggino di 6300 abitanti circa – si presenta all’occhio del visitatore come una cittadina dove il moderno, rappresentato dalle tante strutture turistiche (la città nel 2016 si è aggiudicata i trofei di Bandiera Blu e Bandiera Verde delle spiagge, riconoscimento europeo assegnato dalla FEE), si fonde all’antico borgo fortificato dominato dalla presenza dell’imponente castello Castello angioino, dei Carafa e della torre medioevale.

Le origini di Roccella si confondono con quella della Magna Grecia, sarebbe l’antica Amphisya ricordata da Ovidio. Nel X secolo la città si chiamava già “Rupella”, quindi “Arocella” ed ora Roccella, per essere fondata sulla rocca. Il primo documento, sull’esistenza di Roccella Jonica, risale al 1270, quando a Gualtieri de Collepietro fu donato da Carlo I d’Angiò il Castello di Roccella di San Vittore. Questo documento, secondo gli storici, è il primo in cui il nome della città appare unito a quello del suo Santo Patrono, anticipando di due secoli la tradizione che voleva che alcuni naufraghi marsigliesi, di rientro in patria salvi, avessero inviato miracolose effigi a testimonianza della loro gratitudine per l’ospitalità ricevuta.
Unico centro, per lungo tempo, della costa jonica prossimo al mare, Roccella, subì gli attacchi dei Saraceni. Dal XIV secolo e fino alla metà del XV fu feudo dei conti Ruffo di Catanzaro. La nobile famiglia fu legata a Roccella per due motivi. Il primo è che la cittadina divenne capitale del principato, quindi centro e residenza dei ministri, auditori, erari e di una grande quantità di nobili che costituivano la corte dei Ruffo. Il secondo motivo è, invece, l’istituzione sul suo territorio del Priorato Gerosolimitano (in dialetto roccellese il pialato) che fu temuto in tutto il Mediterraneo. Il primo dei Ruffo a governare Roccella fu Pietro III, signore di queste terre e di Castelvetere, nel 1331. Seguì, poi, il figlio Antonio Ruffo fino al 1377. Il feudo fu da questi assegnato in pegno di dote al cognato Ruggero Sanseverino di Mileto. Dal 1409 al 1419, Nicolò Ruffo fu messo al bando dal regno e per questo Roccella arrivò nelle mani dei conti di Gerace. Recuperata, dopo il 1419, fu nuovamente governata da Nicolò fino al 1434, anno della sua morte. Il feudo venne ereditato da Giovannella Ruffo Colonna che, morta senza figli, nel 1435, lasciò i possedimenti a Enrichetta Ruffo di Calabria, sposa di Antonio Centelles, marchese di Crotone. Nel 1445, per essersi ribellato a re Alfonso, il marchese Centelles fu spodestato e i suoi possedimenti, tra cui Roccella, furono posti in demanio. In questo frangente, s’inserì nella storia del paese il siciliano Galeotto Baldaxi che rimase signore di queste terre fino a quando Antonio Centelles fu perdonato da re Ferrante, riprendendo possesso dei suoi averi. Nel 1446, però, il Centelles fu arrestato a Santa Saverina e rinchiuso nel carcere di Castelnuovo in Napoli, da dove non uscì più vivo. Suoi successori furono, poi, Jacopo Carafa seguito dal figlio Vincenzo che morì nel 1526. Fu, quindi, il turno di Giovanbattista Carafa fedele suddito di Carlo V nominato, dopo il 1535, Grande di Spagna e condannato a morte nel 1552. Altro feudatario di Roccella fu Girolamo Carafa fino al 1570. Per privilegio concesso da Filippo II, nel 1594, venne nominato primo principe di Roccella Fabrizio Carafa, alla sua morte nel 1629, fu nominato II principe il figlio Girolamo che morì nel 1652. Gli successe Fabrizio Carafa, III principe che governò la città fino al 1671. Successore di diritto nei possedimenti del padre fu Carlo Maria Carafa Branciforte, IV principe della Roccella e primo pari del Regno di Sicilia. Ereditò, poi, il feudo la sorella Giulia Carafa Branciforte, V principessa di queste terre, che sposò il cugino Federico Carafa di Bruzzano. Nel 1707, dopo una serie di transizioni e accordi, venne nominato VI principe di Roccella Vincenzo Carafa, che fu sostituito alla sua morte, da Gennaro Maria Carafa, VII principe. L’ultimo Carafa a detenere il titolo di principe del feudo di roccella fu Vincenzo Maria, dal 1774 al 1806, che governò il feudo fino all’eversione della feudalità. Col decreto del 4 maggio 1811, Roccella divenne capoluogo di Circondario comprendente i Comuni di Gioiosa e Castelvetere. Nel 1816 diveniva Comune nel Circondario di Castelvetere.

Il genius loci è sicuramente Raffaele Ursini (1851 – 1944) pittore specialista di affreschi che qui nacque e v isse e che iniziò la sua carriera artistica molto giovane, a Napoli con Davide Gravante nella bottega del Morelli e quindi a Venezia con Pompeo Moltenti. Tornò poi a Napoli dove studiò con Marinelli, frequentando l’Accademia di belle arti. Le sue opere avevano come tema principale la vita popolare dell’epoca, marinai al lavoro, donne dedite alla recita del rosario, carovane di zingari, e i paesaggi dei luoghi visitati, in particolar modo paesaggi di mare, legati al suo paese di nascita. Fece più di 50 tele, oggi conservate in collezioni private, e alla Pinacoteca civica di Reggio Calabria. L’artista produsse inoltre numerosi affreschi a soggetto religioso, presso chiese e palazzi nobiliari a Roccella Ionica, e nei paesi circostanti. Artista girovago, girò l’Italia e successivamente si trasferì per breve tempo anche a Buenos Aires in Argentina, fino al ritorno in patria nel suo paese natale.

Percorrendo le strade del centro storico, si trovano numerosi palazzi signorili di interesse storico come il palazzo Englen (oggi Tassone), costruito probabilmente alla fine del XVIII secolo ed uno degli edifici più imponenti del Borgo, appartenne alla nobile casata Englen, originaria di Acquaro d’Arena (CZ), che si trasferì a Roccella verso la fine del ‘600, divenendo una delle maggiori esponenti del seggio nobiliare cittadino. L’esterno della costruzione dai toni sobri, desume l’opera di maestranze serresi mentre tutte le rifiniture litiche, dal portale alle mensole sono in pietra. Troviamo poi il palazzo Placido, che probabilmente risale al XVIII secolo, si eleva su tre livelli e al cui piano terra si nota un piccolo patio con una graziosa vasca. Interessante il pozzo arricchito con motivi ornamentali tardo-barocchi. Vi è poi Villa Alicastro (ubicata su un dirupo) già esistente alla metà del ‘700, da quanto risulta da uno Status Animarum del 1750, e dimora della famiglia dei baroni Manfrè e Villa Carafa (oggi Lorenzoni) che nasce come aggregazione dell’attigua chiesetta del Priorato Gerosolimitano, probabilmente nel XVII secolo: un edificio a due di cui, il piano terra è destinato alla zona di servizio, mentre al piano superiore, cui si accede mediante una scala di granito, sono disposte le camere da letto e i vari saloni. Troviamo poi palazzo Congiusta che rispecchia lo stile architettonico della villa-masseria, ed è stato costruito per volere del dottore medico Domenico Congiusta, come rileva la data scolpita sulla chiave di volta del portale litico d’ingresso. La casa è circondata da diverse costruzioni minori, che costituivano gli alloggi dei contadini, Vi è un frantoio con meccanismo animale e pietre da macina.

Il Castello è situato su un promontorio roccioso a 104 m.s.l.m. e sovrasta l’intero paese. Fondato in periodo normanno da Gualtieri De Collepietro, successivamente la proprietà passò alla famiglia Ruffo per diverse generazioni, poi a Galeotto Baldaxi (il Baldassino o Bardassino delle cronache), un personaggio noto per le sue imprese militari durante la guerra di re Alfonso. In seguito, al marchese di Crotone Antonio Centelles e, infine dal 1479 al 1806, alla nobile famiglia Carafa della Spina, dalla quale è stato in parte rimaneggiato e restaurato. Questo edificio monumentale, potente nella sua struttura, costituì un’inespugnabile baluardo, resistendo agli assalti del corsaro turco Dragut Pascià, nel 1553.  Numerosi sono i ruderi del nobile palazzo, conservante un magnifico portale litico, sormontato dallo stemma, in pietra calcarea ed eroso dal tempo, dei principi Carafa della Spina. Superato il portale d’ingresso (un tempo ponte levatoio), l’attenzione è attratta da un balcone monumentale con mensole scolpite e figurate (mascheroni).  Il palazzo è arricchito al suo interno da un cortiletto, in selciato, con otto canali a forma di stella. Dal cortile si accede, tramite la scala principale, ai piani superiori, dove c’erano gli appartamenti privati dei principi, mentre a pianterreno si accede ai locali destinati a vari usi (cucine, magazzini, ecc). All’interno del cortile si può vedere un pozzo incassato nella parete e, lungo la stessa, la porticina d’ingresso all’elegante scala a chiocciola, in pietra calcarea. Attigua all’edificio è la Chiesa Matrice di S. Nicola di Bari, in stile jonico barocco. La chiesa aveva un piccolo soccorpo, chiamato catacombe e pregevoli altari in marmo policromo, posti tutt’ora nella nuova chiesa Matrice, due dei quali sono stati dichiarati monumenti nazionali. La chiesa è contigua al palazzo dei Principi Carafa.

Oltre ai monumenti, la storia di Roccella la si coglie poi ancora percorrendo alcuni caratteristici vicoli del Borgo, la parte alta del paese, dove si trovano numerose testimonianze della civiltà contadina (come le tipiche abitazioni, i frantoi, ecc) o visitando i borghi marinari come i rioni Zirgone e Sant’Antonio. Le tradizioni popolari contadine e marinare sono annualmente valorizzate da due feste ad esse dedicate, in cui si rivive l’atmosfera dell’antica Roccella. Tra gli itinerari consigliati, molto suggestivo quello che si snoda lungo la pendice nord della rocca, precisamente da Via Torrente Zirgone fino al Castello. Il percorso, reso agevole da una scalinata, parte dal torrente, dove sorge il Santuario della Madonna delle Grazie. Lungo l’itinerario in questione si trova, in una splendida cornice naturale, il Teatro al Castello, nel quale ogni anno si svolgono importanti manifestazioni e spettacoli, tra i quali il notissimo Festival Internazionale del Jazz “Rumori Mediterranei” che ogni anno raduna esperti del settore e curiosi.

Di notevole interesse sono, inoltre, le chiese di San Nicola ex Aleph, la nuova chiesa Matrice.

Per tradizione la festa più attesa dai roccellesi è la Festa della Madonna delle Grazie, che si celebra ogni anno la prima domenica di luglio e la cui funzione religiosa, si svolge durante la Novena al Santuario, mentre il mercoledì precedente la festa, nella Chiesa Matrice. Domenica pomeriggio la statua della Madonna viene trasportata dai marinai di Roccella per le vie del paese e poi, in mare, dove viene seguita con devozione da un gran numero di barche. Troviamo poi la festa del Santo Patrono della città, San Vittorio, che viene celebrata la seconda domenica di agosto e durante la quale il Santo viene portato per le vie del paese, illuminato a festa. Altre ricorreneze sono: la festa di San Francesco, che si celebra l’ultima domenica di maggio; la festa di San Giuseppe, la prima domenica di agosto; La festa di Maria Santissima Addolorata, che si tiene la terza domenica di settembre; la festa della Madonna del Rosario, che cade la prima domenica di ottobre. A Pasqua si volge poi caratteristica “ncrinata ‘i Pasca l’ ‘inchinata di Pasqua”, cioè l’incontro fra Gesù Risorto e la Madonna, mediato da S. Giovanni. La sacra rappresentazione si svolge la mattina di Pasqua, in Largo S. Giuseppe, nel rione Croce. San Giovanni, posizionato in via G. Bruno, per tre volte, si reca dalla Madonna, coperta da un manto nero, per comunicarle la notizia della Resurrezione di Cristo. Le due statue, quella della Madonna e quella del Cristo, si trovano distanti circa 300 metri, in una posizione tale da non potersi vedere, anche perché la strada è incurvata a dosso e rende praticamente impossibile la reciproca visione. L’ultimo viaggio di S. Giovanni viene fatto di corsa e a metà percorso la statua si arresta, mettendosi di lato, per consentire al Cristo e alla Madonna di potersi incontrare. La corsa di queste due statue avviene accompagnata dalla banda musicale e da un fragoroso applauso di giubilo dei presenti, e anche perché dopo pochi passi la Madonna viene liberata dal suo manto nero presentandosi nel suo celestiale splendore.

 

L’economia locale è basata principalmente sul turismo le cui presenze registrano un aumento esponenziale tra maggio a settembre, grazie al mare limpido e pulito, al clima mediterraneo, caldo, secco e ventilato, e al fascino della Cittadella Medioevale“, nonché dei succitati monumenti e luoghi d’interesse storico culturali. Roccella Jonica ottiene poi ogni anno importanti riconoscimenti con il trofeo, “Bandiera Blu” della FEE a testimonianza della qualità della pulizia sia del proprio mare, che delle proprie spiagge. Tra le attività più tradizionali e rinomate vi sono quelle artigianali, che si distinguono per la lavorazione della terracotta, finalizzata alla realizzazione di giare e di cuccume.

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