Trump vince con 1,6 milioni di voti in meno della Clinton. Gli errori della destra e della sinistra.

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Era dalla sconfitta di Bersani nel 2013 – quella del giaguaro – che non vedevo una campagna così mal condotta. Seguo le campagne elettorali americane dal 1992, oltre ad aver studiato tutte le altre, e quindi a conti fatti mi son trovato da buon democratico a festeggiare quattro volte e a rompere il telecomando le altre due. A dire la verità sarebbero state cinque se nel 2000 Bush, non si fosse comprato la presidenza, con una sentenza scandalosa della Corte suprema che impedendo il riconteggio in Florida, sbarrò la strada della Casa bianca al democratico Al Gore. Del resto è meglio fare presidente un incapace che ha impelagato il paese in guerre disastrose come l’Irak, e ci ha cacciato nella più buia recessione dal dopoguerra, piuttosto che un democratico, non trovate?. Alcuni lo pensano purtroppo per loro.

Che Trump arrivasse a fare il Presidente non ci pensavo neanche io fino a quando nel luglio scorso, sull’Huffington post, Michale Moore non postò un interessante articolo in cui spiegava quello che poi sarebbe esattamente successo. Eppure neanche Trump sarebbe potuto diventare Presidente senza gli errori commessi da amici e avversari. Il primo errore è la sottovalutazione dell’avversario. Lo si è visto durante le primarie dei repubblicani ad esempio. Come si fa a candidare ben due ispanici  – Cruz e Rubio – e un’altra mezza dozzina di candidati e pretendere di non disperdere i voti? Trump ha avuto gioco facile a batterli separatamente conquistando la nomination. Se dalle prime avvisaglie del voto dei caucus o si sarebbero accordati su un nome terzo (magari un moderato come il governatore dell’Ohio, unico repubblicano a non aver disapplicato la riforma sanitaria di Obama nel suo stato o un “non falco” come lo speaker della Camera dei rappresentanti Paul Ryan) o avrebbero fatto immediatamente convergere i loro voti sulla figura più autorevole che era il senatore Cruz, Trump sarebbe già a casa sua.

Anche i democratici hanno fatto errori. Sento ancora Bersani dire che con Sanders si sarebbe vinto. Bersani ignora, appunto perché è un ignorante completamente a digiuno di politica estera che mai in America un candidato smaccatamente così di sinistra ha mai avuto la possibilità di giocarsi la presidenza.  Kennedy, Clinton e Obama stesso – che pur sembra un radicale ma non lo è – sono dei democratici centristi. Ma che la candidatura della Clinton fosse debole lo si era visto proprio dalle primarie. Se fatichi a spuntarla con uno come Sanders allora un esamino di coscienza te lo devi pur fare.

Il terzo errore è poi giunto nel vivo della campagna elettorale. I sondaggi non erano del tutto sbagliati. Anzi vi posso dire che si sono rilevati esatti al millimetro nell’80% degli stati.  Tranne in quei 4-5 stati in cui poi la partita si è giocata evolvendo a favore di mister Trump. Hillary avrebbe perso contro tutti i potenziali candidati repubblicani tranne Trump e ha fatto il capolavoro strategico di perdere anche con lui. Trump sapeva che non solo avrebbe dovuto tenersi gli stati tradizionalmente repubblicani ma strapparne almeno qualcuno dei blu (il colore dei democratici per intenderci) per poter vincere e così ha fatto, seguendo l’unica strategia che poteva portarlo alla vittoria. A Hillary bastava mantenere i suoi e tenersi stretta la Virginia uno stato repubblicano da otto anni passato ai democratici per via delle modifiche intervenute nella su composizione etnica e sociale. E invece cercando di cogliere allori in Florida e inseguendo chimere in Georgia, ha lasciato all’avversario la porta aperta in feudi come Pennsylvania, Michigan e Wisconsin che non votavano repubblicano dal lontano 1988 ma che avendo già eletto due anni fa dei governatori repubblicani e quindi avevano già dato qualche segnale di inquietudine elettorale.

L’altro errore è stato seguire Trump sul piano dello scontro verbale. Trump sa benissimo perché è un imprenditore che la pubblicità funziona. Ogni cavolata detta da lui e riportata dai media si è tradotto in un vantaggio doppio: pubblicità da un lato e il non dover parlare dei problemi reali dall’altro. Lo stesso tipo di campagna elettorale che ha condotto sempre Berlusconi.

Rimane da capire una cosa: vi è stata un’effettiva sterzata a destra in America come sostengono gli sciocchi come Salvini? Assolutamente no. I numeri ci dicono che l’elettorato è diviso come una mela e che anzi la Clinton ha preso unmilione e seicentomila voti in più del suo avversario. Non solo Trump ha preso un pò più degli stessi voti 61.864.000 che ha preso Mitt Romeny (60.933.000) nel 2012. (Hillary invece ne ha presi 2,5 milioni in meno di Obama). Infine se 14000 voti si fossero spostati su di lei in Wisconsin insieme a altri 7000 in Michigan e soprattutto insieme ad altri 34000 in Pennsylvania, adesso alla Casa Bianca ci sarebbe lei.  E va notato come, a parte la Florida, presa da Trump per un 1%, tutti gli stati più evoluti degli USA, dalla California, al New York, dal Massachusetts all’Illinois, sono rimasti dei bastioni democratici con grandi distacchi sui repubblicani. Guarda caso sono anche gli stati dove il livello di coesione sociale e di integrazione razziale è il massimo. Mi sembra quindi chiaro che, in questi stati dove Sanders aveva primeggiato, il suo elettorato non abbia votato la Clinton. Al minimo non ha  fatto campagna, non ha fatto proselitismo e certo questo, nelle aree non urbane dove la destra è tradizionalmente più forte, alla fine può aver fatto la differenza. Ma se ciò è accaduto è colpa della Clinton e non dell’onesto e combattivo senatore del Vermont.

Comunque ormai è andata. Cosa ci dobbiamo aspettare ora? Personalmente non mi aspetto nulla. Gli unici due presidenti repubblicani degni di ricoprire quella carica – Lincoln e Garfield – guarda caso sono stati uccisi e ci sono forti sospetti che gli stessi repubblicani non li abbiamo poi pianto molto. Per quanto riguarda gli altri Grant era un ubriacone, Hayes vinse solo dopo una contestatissima battaglia sui seggi in alcuni stati e venne difatti soprannominato “Sua Fraudolenza”, Taft era un incapace tanto che lo stesso repubblicano Teddy Roosevelt lo sfidò  fondando un terzo partito e facendolo perdere, Harding e Coolidge prepararono il terreno alla crisi del 1929 che il loro successore Hoover fu incapace di arginare e finì cacciato a  furor di popolo, Nixon si dimise per non essere incriminato, i Bush sono stati un altro pietoso fallimento. Togliendo quindi Eisenhower (figura però più di eroe di guerra prestato al partito che membro effettivo dello stesso) e Reagan che certo almeno aveva una sua visione per quanto contestabile, e soprattutto  a parte Teddy Roosevelt (il più progressista dei presidenti di destra) i repubblicani non hanno mai espresso molto. Trump ovviamente merita il beneficio del dubbio. Di tempo ne avrà poco: tra due anni si vota per il rinnovo della Camera e per un terzo del Senato e gli americani non sbagliano mai due volte.

Vediamo comunque quello che fa: il suo programma del resto è ancora appena abbozzato. Potrebbe rivelarsi una sorpresa dicono alcuni osservatori di destra. Beh certo tutto può accadere. Scusanti per fallire non ne ha, avendo anche il pieno controllo del Congresso e ritrovandosi con una disoccupazione che è al 5%, e una Borsa che è cresciuta del 147%, preziosa eredità lasciatagli da Obama. Una cosa pero è certa. Non bisogna pensare che gli oltre cinquanta milioni che l’hanno votato sono tutti matti o dei pericolosi fascisti. E’ solo un popolo spaventato dagli effetti della globalizzazione e della modernità. L’America di oggi è molto meno bigotta e più libera di quella di trent’anni fa. Trump che non è uno della “destra religiosa” né tantomeno un chierichetto lo sa bene. E speriamo che non se lo scordi.

Ma devo comunque dire per onestà che mi ha già negativamente colpito la lista di nomi che circola in merito al suo gabinetto. Spero peschi di meglio perché anche tra i repubblicani ci sono veramente tante persone veramente molto preparate. Temo inoltre che sul fronte della politica estera l’intesa con la Russia possa andar bene solo se Putin si smarca dall’abbraccio dalla Cina altrimenti l’apertura va a tutto vantaggio dei cinesi e dei russi. Reagan almeno questo lo sapeva bene perché glielo aveva imparato Kissinger.

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