Garibaldi a Nicotera e la figura del garibaldino Saverio Adilardi.

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Il 5 maggio 1860, Garibaldi, salpava con i Mille, dalla scogliera di Quarto, alla volta della Sicilia, territorio da sempre infido per i Borboni e in perenne stato di agitazione. Una mossa a sorpresa – con la copertura del Re Vittorio Emanuele II° e dello stesso Cavour – per completare il disegno unitario con l’annessione allo stato sabaudo delle regioni centro-meridionali. Vittorioso a Calatafimi, entrò a Palermo e dopo aver vinto una forte resistenza borbonica in quel di Milazzo, il 21 Agosto 1860, passava fulmineo lo stretto di Messina prendendo di slancio Reggio Calabria e iniziando così la sua marcia di avvicinamento verso Napoli, per giungere alla quale, dovette per forza di cose seguire il secolare tragitto che dai tempi dei romani congiunge Reggio stessa a Capua in Campania (l’antica via Popilia) che passa proprio a pochissima distanza dalla nostra città.

A Nicotera (dove un certo fermento antiborbonico si era già manifestato nel 1848 nel quadro della insurrezione calabrese conclusasi tragicamente, come ci ricorda il Corso, con l’eccidio civile presso il Ponte delle Grazie, in data 27 giugno 1848), la notizia dell’avvenuto sbarco dei Mille sulle coste calabre non fece altro che aumentare il clima di eccitazione soprattutto della componente liberale della cittadina tirrenica che annoverava figure di spicco alcune delle quali – come Saverio Adilardi – già da tempo in contatto con gli ambienti vicini al Generale nizzardo. Tanto che lo stesso Adilardi aveva partecipato, il 16 luglio del 1860, ad una riunione segretissima tenutasi all’Aspromonte per concertare la partecipazione dei volontari calabresi alla spedizione, sedendo per l’occasione, accanto al generale Stocco, a Plutino, a Piccolo, a Francica, a Cascina, a Sarlo e a Medici, rappresentando nobilmente la sua città.

Grande così fu la gioia, allorquando nella mattinata del 26 agosto 1860 – una domenica – la gente del posto scorse intorno alle dieci di mattina una nave a vapore che si avvicinava alla nostra Marina. Il Corso stesso ci fa rivivere questa scena scrivendo che “un grido di gioia eruppe allora da tutti gli astanti, i quali per diversi sentieri accorsero alla marina stessa per andare incontro ai giovani avventurosi dalla smagliante camicia rossa, piantando sulla spiaggia la bandiera sabauda”. Garibaldi col grosso delle truppe ed in compagnia di Bixio e di Turr, in quel momento, sopraggiungeva proveniente da Rosarno e preso mischiatosi col popolo e con i volontari sbarcati alla Marina, ascendeva a Nicotera superiore, dove, giunto in Piazza di Santa Caterina, così parlò dalla casa del sindaco Carlo Cipriani: “All’erezione di una grande edificio, qual è l’indipendenza d’Italia, ci vuole associazione di popolo, costanza di propositi, sacrificio di passioni. Tre sassolini formano la base, il quarto completa la piramide”.

A notte avanzata il nostro, ricevette per messaggio del maresciallo Vial, accampato presso Pizzo calabro, il Colonnello Bertolini e l’indomani mattina ripartì in direzione di Mileto e Monteleone dove sarebbe giunto all’imbrunire del 27 agosto.

Tra i volontari che seguirono Garibaldi nel proseguimento della sua grande impresa, come dicevamo, spicca la figura di Saverio Adilardi.

Egli nacque a Nicotera il 14 aprile 1829 da Gregorio e da Maria Teresa dalla nobile famiglia Toro (la cui sorella, Margherita, religiosa e scrittice, è visibile ancor oggi nel ritratto custodito presso la pinacoteca vescovile) e rimasto orfano di padre, ancora in fasce, venne allevato dallo zio paterno, il  canonico Carlo Cesare, il quale gli diede una educazione umanistica avviandolo agli studi presso il Seminano cittadino. Giovanissimo, convolò a nozze con la nobildonna Innocenzia Cipriani da cui ebbe numerosa prole, dopodiché lo troviamo subito impegnato nella diffusione delle idee mazziniane, sia a Nicotera che nei paesi vicini, ottenendo numerose adesioni al movimento liberatore dalla tirannide borbonica.

Il ritratto di questi anni ci porta a scoprire una persona schietta e di grande ingegno, formatosi nella culturale liberale. Partecipò poi alla rivolta di Reggio Calabria e nel 1848, – quale luogotenente dell’esercito calabrese formato dal Governo Provvisorio della Calabria – si distinse nella battaglia di Filadelfia. In seguito, sebbene fosse rigorosamente sorvegliato dalla polizia borbonica, prese parte alla rivolta di Mileto capeggiata da Antonio Calcaterra, rischiando una dura condanna.

Nella notte del 18 agosto 1860, informato da un messo segreto, si recò con altri patrioti, tra i quali il nicoterese avv. Giuseppe Cipriani, alla foce del fiume Petrace, per attendere un importante carico di fucili imbarcato su una nave clandestina guidata da Luigi Caruso, riuscendo ancora una volta ad eludere la sorveglianza della polizia borbonica.

Il 26 agosto 1860, dopo avergli presentato i legionari nicoteresi a Marina di Nicotera e consegnati i disertori borbonici  della 15esima linea, al sergente Vito Antonio Tassa, l’Adilardi ricevette dal Garibaldi, il grado di capitano e venne assegnato al comando di una Compagnia di Cacciatori calabresi al servizio del generale Stocco. Partecipò poi alla resa di Soveria Mannelli e prosegui con le camicie rosse alla marcia trionfale verso il Volturno dove si sarebbero spente le ultime speranze dei Borboni. Infine, scoppiata una rivolta a Napoli, vi fu mandato da Garibaldi stesso per placare gli animi dei partenopei e prepararne così l’ingresso in città, che avvenne poi il 7 settembre 1860.

Rientrato dalla campagna garibaldina, Adilardi, nel vuoto politico-istituzionale seguito alla caduta della dinastia borbonica, accorse a Rombiolo per liberare quel comune da una banda di briganti che devastavano la zona, poi a a Coccorìno per sedare una sommossa contro il Sindaco di Joppolo e a Limbadi per evitare una guerra tra le fazioni cittadine, iniziando infine, una campagna a favore del plebiscito per l’annessione all’Italia delle regioni meridionali.

L’anno dopo, a unificazione avvenuta, fu prescelto dal Governatore di Monteleone a fare parte del Comitato di ricognizione per la formazione della Guardia Nazionale e successivamente fu nominato capitano della seconda compagnia, indi con regio decreto del 5 Ottobre 1864, ricevette la nomina di Sindaco della città, incarico che tenne fino al 1869.

Durante gli anni della sua sindaca tura, essendo stato soppresso il Seminano Vescovile, ottenne dall’Ispettore scolastico provinciale, Vincenzo Chiodo, l’istituzione in città del Ginnasio, deliberata nei due consigli comunali del 7 e del 19 marzo 1866, scontrandosi con l’autorità ecclesiastica del tempo. Inoltre fondò il teatro comunale, costruì il cimitero e realizzò la prima rete idrica e fognaria cittadina.

Si spense a Nicotera il 3 aprile 1895 e al pari di tanti altri che illustrarono la città, meriterebbe di essere ricordato degnamente, almeno nella toponomastica cittadina.

 

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