Vile attentato contro testimone di giustizia.

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Ennesimo vile attentato, ieri sera, contro Franco Gaetano Caminiti, responsabile di un Punto Enel e di un’agenzia postale. Un uomo che con le sue coraggiose denunce ha fatto arrestare decine di malavitosi. Una escalation di violenza la sua, dopo che il sei del mese, aveva ricevuto da Malta una lettera con minacce di morte e il 15 dello stesso mese, si era trovato delle cartucce nei pressi della sua autovettura.

Ma ieri sera l’antistato ha alzato il tiro e per poco non ci è scappato il morto. Se non fosse stato uno pronto di riflessi e lesto a nascondersi sotto la sua auto, al sopraggiungere dei killer, probabilmente Franco Gaetano Caminiti non sarebbe più nell’elenco dei vivi.

Già tempo fa con una petizione pubblicata su change.org, l’associazione nazionale di volontariato ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione’, nelle persone di: Antonio Turri (Presidente), Valeria Grasso (Responsabile delle politiche per l’assistenza alle vittime delle mafie – Imprenditrice e testimone di giustizia) e Letizia Giancola (Referente per le tematiche e le istanze inerenti i testimoni di giustizia) avevano chiesto formalmente un’audizione in Commissione parlamentare antimafia, al fine di sottoporre all’attenzione della stessa la storia di Franco Gaetano Caminiti, destinatario, da 20 anni, di reiterate minacce e intimidazioni da parte della ‘ndrangheta.

La drammatica vicenda di Caminiti – si leggeva nel testo della petizione – ha inizio nel 1993, quando decide di aprire una sala giochi a Reggio Calabria dopo essere stato licenziato da un’azienda privata. Fin da subito, la cosca del luogo mette gli occhi sull’attività e gli chiede di venderla per 30 milioni di lire. Il deciso rifiuto dell’imprenditore ottiene in risposta una lunga serie di minacce e atti vandalici (55 in 20 anni) che si concretizza prima, nel 2009, nell’incendio dell’attività (a causa del quale il figlio è rimasto in rianimazione per mesi), e poi, nel 2011, in un tentato omicidio ai suoi danni, in perfetto stile mafioso, dal quale si è salvato per miracolo restando ferito ad un braccio. In seguito, grazie alla sua testimonianza, la Procura di Reggio Calabria ha ottenuto, in secondo grado, la condanna per gli imputati nel Processo ‘Azzardo’, nato dall’inchiesta condotta contro presunti esponenti della cosca Latella: Vincenzo Nettuno, Gennaro Gennarini e Terenzio Minniti. I tre malviventi pretesero che Caminiti installasse nella sua sala giochi un software illegale per il poker online, attraverso il quale riciclare i proventi delle attività illecite e gestire i guadagni del gioco d’azzardo ai danni del fisco, grazie ad un sito web mediante il quale i giocatori avrebbero effettuato pagamenti non tracciati. Di fronte al suo netto rifiuto, i tre estorsori lo minacciarono di far intervenire i Latella; Caminiti, però, registrò gli atti intimidatori, sporse denuncia consegnando i filmati alle forze dell’ordine e confermò le accuse nel processo. La sua testimonianza è stata ritenuta dai giudici ‘lineare e asciutta, senza alcuna enfatizzazione dei fatti’, come scritto nelle motivazioni della sentenza di condanna per tentata estorsione aggravata. L’associazione ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione’ ritiene che quella di Franco Gaetano Caminiti sia quindi una situazione anomala: grazie alla sua testimonianza, sono stati condannati a 4 anni e 6 mesi i suoi estorsori, ma, ciononostante, non gli è stato riconosciuto lo status di testimone di giustiziaprevisto dalla legge e, di conseguenza, lui e la sua famiglia non sono è stati ancora sottoposto al relativo programma di protezione ormai non più procrastinabile.

“Non ho mai preteso nulla dallo Stato – aveva allora dichiarato Caminiti – solo che mi si riconoscesse il diritto a lavorare e condurre la mia attività”.  Ma tutto tace e Caminiti ieri ha rischiato la vita, salvo per un pelo ma fino a quando?  Allo stato – che c’è e che si batte – un solo perentorio invito in calabrese: “Annacamundi” (facciamo presto) !!!!!

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