Passando da Piazza Cavour davanti a quell’immobile che doveva essere destinato a “Casa della cultura” si poteva scorgere spesso una figura imponente dal viso buono e dagli occhi gentili.
Quasi nessuno sapeva il suo cognome che era Stilo. Per tutti era semplicemente “Gennarino”. Lui invece si chiamava Cosimo. In passato, aveva lavorato presso uno dei fotografi presenti nella nostra città e da tempo, ormai, “Gennarino” aveva eletto quel posto quasi ad una sorta di luogo preferito, ringraziando chi spesso gli offriva qualcosa, con un semplice ma efficace “Ti voglio bene”.
Nella sua mente, a volte, le cose reali si mischiavano con cose del tutto immaginarie ma anche nella sua “condizione” non smetteva di pensare ai più deboli come Lui, proponendo ai passanti di turno, aiuti per i bambini del terzo mondo o la realizzazione di case di cura e l’apertura dell’ospedale civile cittadino che – chissà perchè – per “Gennarino” era un vero e propio pallino.
Dobbiamo però ammettere che “Gennarino” sia anche il paradigma di quello che è diventata la società nicoterese dove sempre più spesso ci accorgiamo delle persone quando queste ci abbandonano. “Gennarino” era molto spesso davanti ai nostri occhi, ma nessuno – ne enti e istituzioni – nè i cittadini, si sono mai chiesti se, ad esempio, fosse stato possibile aiutare di più la famiglia che se ne prendeva cura. Qualche settimane fa, per l’ennesima volta, chi scrive, non a caso, suggerì a tal proposito e a chi di dovere, di apprestare una seria “anagrafe delle criticità sociali” quantomeno per mappare i fenomeni di indigenza, malattia grave, e tutte le altre situazioni di bisogno presenti, su un territorio comunale come il nostro, dove la parola “sociale” sembra essere quasi sconosciuta.
Intanto però – Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (“Mentre a Roma si chiacchera, Sagunto viene espugnata e cade”) – e “Gennarino” non ha retto all’infarto che oggi ce lo ha portato via, mentre si trovava presso l’abitazione del fratello, in via Borgo. Lui non sarà così più al suo solito posto, a farci sorridere e dove dispensava a tutti la sua profonda umanità.
Che il buon Dio possa accogliere la sua anima e fargli trovare quella pace che egli merita. A lui dedichiamo questa poesia del concittadino Francesco La Malfa che vive a Milano, scritta a settembre dello scorso anno:
Jennarì
Jannari’ vende il saluto
“ti voglio bene”
ad un angolo di strada,
dove nel volo all’alba
uno stormo di colombi
taglia il cielo.
Il vento del tempo
ha raso i sogni di gioventù,
senza più ricordi e desideri.
Consola la nostra vita
di avventura terrena,
fatta più di addii che di promesse.
A sera uno stormo di falchi
in volo dal castello
taglia l’orizzonte del mare.
Passiamo in silenzio
a cercare con gli occhi
un “ti voglio bene”
da un angelo di strada.
Ciao Jannari’: ” ti voglio bene”.
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