Inascoltato l’esperto analista di Intelligence Prof. Mario Caligiuri: “Contro il terrorismo occorre una grande sinergia tra cyber-intelligence e human-intelligence”

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Occorrono, per altro, “meccanismi di selezione delle informazioni, che colleghino, da un lato, le capacità delle tecnologie, per estrarre e a raccogliere fonti e quantità d’informazioni sempre maggiori, ma, dall’altro, occorre la capacità di filtrare queste informazioni, e, soprattutto, di interpretarle per tempo. Occorre altresì, una grande sinergia tra cyber-intelligence e human-intelligence”, come  già disse l’esperto di sicurezza e intelligence Mario Caligiuri, professore straordinario all’Università della Calabria, a poche ore dall’attacco di Londra sul ponte di Westminster del 23 marzo. Ed oggi risuonano profetiche alla luce dell’attentato di Manchester costato la vita a 22 morti e 120 feriti, triste bilancio della duplice esplosione avvenuta poco dopo le 22,35 alla Manchester Arena, al termine del concerto di Ariana Grande. L’esplosione sarebbe avvenuta nell’area foyer del Manchester Arena, uno dei più grandi stadi al coperto in Europa. La stragrande maggioranza degli spettatori vittime sono giovani. Anche in questo caso, il terrorista era già noto ai servizi segreti e polizia britannica.

Sembra grottesco ma, se rileggiamo l’intervista del Prof Caligiuri rilasciata il 23 marzo 2017, in occasione dell’attentato a Londra, risulta ancora attuale, infilando ancora più il coltello nella ferita ancora aperta, che mette a nudo una sconfitta evidente dei servi segreti britannici.

La Polizia, poco dopo, ha confermato che il fatto viene trattato comeun incidente terroristico‘. Secondo fonti dell’intelligence, si sarebbe trattato di un attacco suicida.Dunque, l’intelligence britannica si è fatta cogliere in contropiede? Lo abbiamo chiesto a Mario Caligiuri, professore straordinario all’Università della Calabria,  tra i primi a introdurre lo studio scientifico dell’intelligence in Italia, promuovendo master e centri di ricerca.

Professore, si può parlare di un fallimento dell’intelligence britannica?

Fino a un certo punto. Assegnare tutte le responsabilità degli attacchi esclusivamente all’intelligence è profondamente sbagliato, perché insieme all’intelligence operano molte altre forze dell’ordine, che sono preposte anche a prevenire interventi di questo tipo, come Scotland Yard, l’Esercito etc…

La campagna ‘Counter Terrorism Policing’ , con lo slogan ‘don’t worry, don’t delay, just act’, invitava la popolazione a segnalare alla Polizia tutti i fatti che potrebbero sembrare sospetti.  Sappiamo, però, che più informazioni non sigificano un miglior lavoro d’intelligence, ne facilitano la prevenzione e l’individuazione di futuri attacchi sul territorio in considerazione. L’allarme dilagante di attacchi, la securitizzazione a livello globale del terrorismo islamico e le conseguenze sociali che ne comporta, possono influire negativamente sul lavoro d’intelligence?

No questo problema va posto in chiave di ordine generale diverso, io scomporrei il tema. Da un lato la collaborazione dei cittadini è, come sempre, intelligente e fondamentale, lo è per il contrasto alla criminalità organizzata, lo è per prevenire qualunque tipo di crimine, dalla corruzione all’evasione fiscale, e lo anche per il terrorismo. L’aiuto dei cittadini è, quindi, fondamentale e importante. Il tema di eccesso di informazioni è un’altra questione. Le notizie per prevenire l’attentato, che ha cambiato la storia di questo secolo, l’11 Settembre, si conoscevano già, però è stato difficile, ed è sempre difficile, monitorare per tempo le informazioni sensibili, perchè sono molte e saranno sempre di più. Occorrono, quindi, dei meccanismi di selezione delle informazioni, che colleghino, da un lato, le capacità delle tecnologie, per estrarre e a raccogliere fonti e quantità d’informazioni sempre maggiori, ma, dall’altro, occorre la capacità di filtrare queste informazioni, e, soprattutto, di interpretarle per tempo. Occorre una grande sinergia tra cyber-intelligence e human-intelligence.

Come si può garantire un’analisi d’informazioni qualitative, anzichè quantitative, che, come abbiamo visto, non portano alcun risultato positivo?

Questo deriva dalla qualità dei sistemi tecnologici utilizzati per estrarre le informazioni di probabile rilevanza, e dalla capacità degli analisti di poterle interpretare in maniera adeguata. Bisogna lavorare in questa direzione, ma non è molto semplice.

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