Cetraro centro turistico dell’Alto Tirreno cosentino.

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Cetraro (U Citràru in calabrese) è un comune italiano di 10.076 abitanti della provincia di Cosenza in Calabria e una delle tante possibile tappe che il turista può fare se viene in Calabria.

Diverse sono le teorie sull’etimologia. Il nome Cetraro è dovuto all’abbondante produzione di cedri o di limoni (in latino citrus e in greco kitron, κίτρον) che sono nelle campagne circostanti. Esistono altre etimologie più fantasiose: alcuni ritengono che l’origine del nome vada ricollegato al fiume Aron (in greco antico Ἄρων – in verità un torrente oggi dalla scarsa portata di acqua) che attraversa il suo territorio, cosicché Citra Aron sarebbe il paese “al di qua dell’Aron”. Secondo altri il nome avrebbe origini ebraiche: gli Ebrei che navigavano verso Santa Maria del Cedro per acquistare i cedri utilizzati per una celebrazione, giungendo nei pressi del promontorio cetrarese erano soliti indicarlo in greco come “Kata-rion” – ossia la meta del loro viaggio si trovava proprio oltre il promontorio.

Di origini antichissime, Cetraro probabilmente fu la prima città marittima bruzia. Il centro storico è ricco di viuzze, archi e suggestivi scorci. L’accesso alla città avviene attraverso le tre porte: di Mare, di Basso e di Sopra, che testimoniano il tempo in cui Cetraro era una cittadina fortificata. Alcuni dei principali monumenti si trovano in caratteristiche piazzette dai suggestivi nomi: “a giorgia”, un tempo sede del mercato, “miezzu a curta” posta al centro del borgo vecchio.

La città fu donata dalla duchessa Sichelgaita, seconda moglie di Roberto il Guiscardo, all’abate Desiderio IV Epifanio di Montecassino, per ringraziarlo dei buoni uffici prestati da quest’ultimo a Melfi allorché i Normanni si riconciliarono con il papa Leone IX. Dal 1086 al 1810 Cetraro fu retta dai Benedettini di Montecassino.

Durante la prima guerra mondiale, fu teatro del siluramento e affondamento del piroscafo Catania, da parte del sommergibile tedesco U-Boat U64, il 16 marzo 1917, alle ore 20:45 mentre durante la seconda guerra mondiale fu interessata da due bombardamenti aerei alleati, con l’obiettivo di distruggere la linea ferroviaria. I bombardamenti, effettuati dagli alleati per rallentare la ritirata tedesca e impedire a questi l’arrivo di forniture militari, avvennero il 27 agosto 1943 il primo e il 25 ottobre dello stesso anno il secondo.

Cetraro ebbe un periodo di grande sviluppo dopo la seconda guerra mondiale con la costruzione della fabbrica tessile Faini (dal proprietario Donato Faini), specializzata nella produzioni di costumi da bagno in seta. La fabbrica necessitò di molti operai, il che provocò l’emigrazione dai comuni vicini, generando l’espansione della frazione, della marina. Purtroppo l’avvento del lycra, materiale più economico che fece scendere il prezzi dei costumi, portò la Faini, che non seppe cogliere il cambiamento, al fallimento.

Tra i luoghi da visitare vi è la Chiesa di San Benedetto Abate che si trova a pochi passi dalla piazza principale (Piazza del Popolo) si trova, sita in via Roma. Costruita in seguito alla donazione di Cetraro per mano della principessa Sichelgaita a vantaggio dell’abbazia di Montecassino, la Chiesa era già esistente nel 1104. Ristrutturata durante la seconda metà del Settecento, è di stile barocco, con accesso mediante tre porte che segnalano le tre navate interne. Accanto alla chiesa si innalza un antico torrione, probabilmente una delle quattro torri della città, successivamente convertito in campanile. Dopo la donazione di Cetraro all’Abbazia di Montecassino, nel 1086, i Cassinensi risolsero di stabilire la loro sede temporale nel Palazzo Badiale (‘a curti’) e la loro sede spirituale in una nuova chiesa, intitolata al Santo fondatore dell’Ordine, che prescelsero di costruire in un luogo poco discosto dall’abitato d’allora, “in summitate acclivi!“. La Chiesa di S. Benedetto, di cui si fa menzione la prima volta in un documento del 1104, ebbe modo di consolidare nel tempo la sua peculiare funzione di casa spirituale cassinense, evolvendosi anzi ben presto in un ‘priorato’ con mansioni ed uffici cenobitici: “consta che nel cenobio di S. Benedetto di Cetraro, soggetto ai Cassinensi, vi fossero monaci, che giorno e notte adoravano Dio con le loro laudi” (E. Gattola). Una labile traccia dell’antico cenobio fu registrata da G. De Giacomo, nel 1929, allorché, riferendo di taluni lavori di restauro notò come “vennero fuori, dietro l’organo piccolo, un colonnato, forse del cortile, e un corridoio di comunicazione col refettorio“.

L’aspetto esteriore della chiesa settecentesca ha subito delle mutazioni nel tempo che ne hanno alterato l’autentica essenza. La costruzione, a metà dell’Ottocento, dei palazzi gentilizi prospicienti il sagrato ha precluso l’originaria veduta d’assieme del prospetto frontale dell’edificio, consentendone solo una residuale veduta di scorcio; la definizione, intorno al 1890, della “traversa interna all’abitato della strada n° 110”, operata dal Ministero dei Lavori Pubblici, ha comportato l’eliminazione della doppia scalèa centrale che ascendeva verso il portale maggiore; l’ampliamento della sagrestia, intorno al 1850, e della canonica, nel secondo dopoguerra hanno di fatto occultato buona parte dell’abside e del piè di croce, che s’ergevano prima, in tutta la loro evidenza architettonica. Il prospetto attuale si vale, pertanto, del fronte principale – tripartito da un ordine di doppie lesène che s’innalza nel terzo medio per concludersi nel timpano triangolare – e di quel che emerge, nel panorama urbano, della lunga nave centrale, ancora ammirevole nella sua austera nudità muraria. La torre che incombe sul fianco, già attestata nel 1540 come ‘lo campanaro di S. Benedetto’ (Iozzi), è, con ogni evidenza, l’unica superstite delle torri urbiche che contrassegnavano, nel Medioevo, il profilo concitato del castrum Citrarii’ Interno L’interno è a croce latina, col transetto destro mancante della tribuna absidale. La navata centrale, soprelevata sulle altre, è coperta da volta a botte con duplice filare di finestre lunettate, culminante, dopo l’arco di trionfo, in un ampio catino che circoscrive il presbiterio; le due navi laterali hanno a una copertura a crociera ribassata su pianta quadrata. L’organizzazione dello spazio è demandata ad una serie di pilastroni che definiscono cinque campate per parte, in fondo alle quali sono delle nicchie che ospitano arredi ed opere d’arte.

L’apparecchio decorativo, elaborato tra la fine del 700 e la prima metà dell’Ottocento, dovizioso di cornici, stucchi e cartigli, ha un suo innegabile punto di forza nel palco di cantorìa, di singolare esuberanza plastica, fatto sistemare, a metà dell’Ottocento, dall’Arciprete don Giuseppe Lanza. Opere d’arte Percorrendo la navata sinistra si vedono due bei candelabri in legno, ottocenteschi, opera d’artieri regionali, lavorati a motivi floreali ed impreziositi da tre teste di cherubini; addossati alla parete sono, quindi, due antichi confessionali in legno, intarsiati con motivi di foglie e a girali. Nel vano seguente, in un’apposita cornice a stucco, è sistemata una tela ad olio raffigurante la Madonna con anime del Purgatorio, opera di Francesco Basile da Borgia (CZ), eseguita nel 1793. Altri lavori del Basile, in Calabria, sono tra l’altro registrati in Belmonte Calabro (Chiesa dell’Assunta) ed a Squillace (Arcivescovado). Subito dopo, è collocato il gruppo ligneo della Madonna del Rosario (sec. XIX). “La Vergine, con grossa corona in mano, veste una tunica rossa a fiori e manto azzurro stellato, raccolto in vita”.

Vi è poi la chiesa di Santa Maria delle Grazie, conosciuta come “chiesa del Ritiro” dal nome dello spiazzale in cui è situata, risale al 1454. Di stile rinascimentale, contiene al suo interno una pala marmorea dello stesso periodo. Di notevole importanza è il portale in tufo, che risale invece al Cinquecento. Al suo interno si possono notare diversi elementi del tardo barocco. Durante le incursioni di Turchi e Saraceni, la chiesa è stata più volte saccheggiata e quasi distrutta tanto che della struttura originale è rimasto ben poco. Dopo un periodo di abbandono venne restaurata agli inizi dell’Ottocento. La chiesa è affiancata da un convento medievale che ospita oggi l’istituto delle suore di San Giovanni Battista, fondato nel 1912 da Suor Crocifissa Militerni.

Altro luogo da visitare assolutamente è la Chiesa di San Pietro ApostoloNel secondo decennio del Seicento, l’Università di Cetraro chiese più volte alla Provinciale dell’Ordine dei Cappuccini d’istituire un loro convento a Cetraro. E finalmente nel 1618 la richiesta fu accolta. In tale anno, infatti, frate Francesco da Paola, superiore della Provincia di San Daniele, fece istanza al vicario cassinese, don Benedetto Sanguino, per ottenere l’autorizzazione a fondare il convento. E questi il 28 agosto 1618 rilasciò il proprio assenso. Gli accordi intercorsi con l’Ordine monastico prevedevano che il suolo fosse comprato a spese dell’Università; e che gli oneri di fabbrica fossero ripartiti per due terzi, a carico dell’Università, e per un terzo, a carico di Giovanni Falcone, esponente d’una delle famiglie più in vista del paese. Stabilita quindi ogni cosa, con una processione solenne, cui concorse popolo e clero, ed alla presenza del vicario, don Benedetto Sanguino, e del sindaco di Cetraro, Giovanni Bernardino Abramante, si pose la prima pietra.

 

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