Viaggio nella Calabria che non può scomparire: Polia (Seconda puntata).

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Polia è un comune di poco più di mille abitanti della provincia di Vibo Valentia, costituito da quattro frazioni: Cellia, Poliolo, Trecroci e Menniti che, assieme alle contrade Lia, Faldella e Piano Bosco, rappresentano l’agglomerato urbano.

Le sue origini si fanno risalire all’VIII- V secolo a.C., ad opera di coloni greci che, già presenti nel territorio, cercavano nuovi territori e nuove vie di comunicazione. La città fu fondata, infatti, nel punto più stretto della Calabria, in cui Tirreno e Ionio distano meno di 50 Km, una posizione ideale per il trasporto delle merci dai porti di Squillace e Locri al golfo di Sant’ Eufemia, dove si trovavano le città di Terina e Hipponion e il porto della città di Napizia (Pizzo).

L’etimologia del nome è legata al termine greco polis ma i ritrovamenti di grotte primitive con oggetti di uso quotidiano al loro interno attestano, però, che la zona di Polia fu abitata fin dall’età preistorica. Quest’area del vibonese tra il 750 e il 525 a.C. fu colonizzata dai greci,

Il patrimonio culturale di questo picoclo centro lascia stupefatti. Innazitutto è impossibile non citare il sito troglodito di Trecroci, frazione di Polia, è uno dei luoghi calabresi meno noti, ma, forse, uno dei più affascinanti dal punto di vista paesaggistico e storico, che testimonia una continuità di insediamenti umani dalla preistoria all’età moderna. Le grotte con ingresso a “bocca di forno” che si aprono nelle pareti di arenaria della collina Polia, i manufatti di selce e i numerosi ritrovamenti fittili e metallici risalenti all’età del ferro, conservati al Museo Provinciale di Catanzaro ed al Museo Nazionale di Napoli, confermano come le grotte siano state adibite sia a sepolcro che ad abitazione.

Altrettanta consigliata è poi la visita alle chiese di questo piccolo centro: sette chiese, una per ogni frazione e tre dislocate tra la località Gigliara, Pedadace e Santa Croce. La più antica è quella dell’Immacolata a Poliolo, che risale al 1605. Fu danneggiata dai terremoti del 1783 e del 1908; al suo interno si conserva una statua lignea del XVII secolo, un messale di grande prestigio e si ammirano numerosi altari adornati da artistici capitelli e belle cornici. a chiesetta di Santa Croce sorge a 700 m di altezza. Costruita nel 1732, ricostruita negli anni trenta, è stata recentemente restaurata. In essa si ammira un’antica Croce scheggiata dalla moltitudine di fedeli richiamati dalla miracolosità del Sacro Legno. Si raggiunge percorrendo una comoda arteria che parte dalla frazione Cellia, lungo la quale è possibile ammirare una caratteristica Via Crucis in bronzo dell’artista Fortunato Gaccetta. Nella frazione Trecroci sorge invece la chiesa della Madonna di Loreto distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita sulla stessa piazza agli inizi del 1800. Il terremoto del 1908 arrecò gravi danni. E’ parrocchia dal 1958. Al suo interno, in una nicchia alle spalle dell’altare maggiore, si ammira una splendida statua in pietra della Madonna di Loreto. La chiesa della frazione Menniti risale al 1953; è dedicata a San Nicola di Bari. Ha una facciata decorata e abbellita da un bassorilievo di ceramica raffigurante il Santo Patrono. Sull’altare è posta la statua della Madonna del Buon Consiglio. Sul soffitto ligneo è conservato un pregevole affresco del pittore Carmelo Zimatore. La chiesa di Sant’Enrico Imperatore sorge a Cellia. Ricostruita nel 1933 conserva la statua lignea del Santo Patrono risalente al 1876 realizzata da Pietro Drosi. La chiesetta della Madonna di Loreto, in località Pedadace della frazione Lia, risale al 1958. La chiesetta della Madonna del Monte Carmelo è stata realizzata in località Gigliara del bosco montagna in occasione dell’anno giubilare del 2000.

Chiesetta Santa Croce     Chiesa Maria Santissima di Loreto     Chiesa di Sant'Enrico Imperatore

Il paese è poi ricco di palazzi artistici di particolare bellezza che rievocano tempi passati:  palazzo Molè che adorna la piazza principale, realizzato ai primi del novecento, Palazzo Chiaravalloti, recentemente ristrutturato, il Plazzo della famiglia Magno e Palazzo Amoroso, posto a fianco della chiesa della Madonna il Loreto è palazzo Amoroso, adornato di classici capitelli ed edificato dopo il terremoto del 1783.

Arricchisce  infine il patrimonio artistico-culturale di Polia il Museo dedicato allo scultore Fortunato Gaccetta che è indubbiamente il genius loci di Polia. Il centro culturale è composto, inoltre, da una ricca Biblioteca, contenente circa 2.000 volumi, e da un’ampia Sala convegni nella quale si svolgono interessanti ed apprezzate manifestazioni culturali.

Gaccetta nato a Polia nel 1920, realizzò le sue prime opere nella Scuola Artigiana calabrese dove i suoi maestri furono Francesco Masdea e Domenico Penna. Alla fine degli anni trenta dovette interrompere il suo apprendistato per andare a combattere in Russia prima e in Germania dopo. Al ritorno dalla guerra si stabilì a Vipiteno dove conobbe lo scultore Giuseppe Callegari che, avendo notato le sue grandi doti, lo indirizzò a presentarsi presso l’officina del professore e scultore Antonio Benetton. Fu così che riuscì a perfezionare la sua arte e il suo stile anche attraverso una manifestazione interiore che si completa nella concretizzazione della profonda espressione del suo animo. Tra i riconoscimenti ricevuti dall’artista si ricorda la medaglia d’oro a Stoccolma nel 1964, il premio, nel 1967 alla Mostra Internazionale di Stoccarda; nel 1973 la nomina, dalla Santa Sede, a Cavaliere del Lavoro e nel 1990 quella a Principe dell’arte e Maestro della scultura da parte del Re di Spagna, Juan Carlos, per l’opera “I guerrieri di Spagna”.

Ma Polia è anche natura. Lungo i crinali delle Serre che circondano il paese ha infatti trovato il suo habitat naturale una pianta spontanea molto rara, la felce bulbifera (woodwardia radicans) E’ una felce gigante la cui origine risale al periodo Terziario ed appartiene alla famiglia delle Blachinaceae. È  tipica rappresentante di una flora tropical-montana che 70 milioni di anni fa caratterizzava le aree montuose di molte regioni del Mediterraneo e, poiché è una delle poche testimonianze di quell’antica flora, è oggi da considerarsi un vero e proprio “fossile vivente”. Con l’affermarsi del clima mediterraneo, però, questa felce ha notevolmente ridotto il suo areale trovando rifugio nelle zone umide e ombrose dove l’acqua è disponibile per l’intero arco dell’anno. Le sue fronde possono raggiungere la lunghezza di 3 metri e gli esemplari portano 2 o 3 fronde munite spesso all’apice della rachide di un bulbillo, capace di emettere radici e produrre una nuova pianta. Segnalata per la prima volta nel 1710 dal biologo Micheli, questa “regina” della flora preglaciale dalle foglie giganti, indivise e lunghe fino a 180 cm, è tipica delle regioni calde a forte piovosità. Polia detiene il primato italiano  per numero di esemplari presenti, con la più vasta colonia di woodwardia radicans.

la felce  pietra della leggenda

Il bosco montagna rappresenta poi una zona turistica per eccellenza. Si eleva dai 700 ai 1000 m. di altezza. Ha un’estensione di 414 ettari di faggi secolari, fitte abetaie, giovani pini larici, esemplari di rovere e ontani, agrifogli che sorgono lungo i torrenti; è ricco di sorgenti e di fontane, di acque fresche e ricercate (Gigliara, Fontana del Prete, Povè, Acqua Fredda). Nel mese di giugno si possono trovare saporite fragoline. In autunno è facile raccogliere gustosi funghi porcini, prataioli, ovuli, chiodini. Popolato da tante specie animali, un vasto assortimento di uccelli, volpi, lepri, cinghiali e una particolare lucertola macchiata di giallo-nero: la salamandra. Il bosco è bello in qualsiasi stagione dell’anno; in inverno, quando è carico di neve, in primavera quando comincia a vestirsi di foglioline verdeggianti, in autunno quando le foglie diventano rossicce e i suoi viali color rame, ma soprattutto d’estate quando è pieno di villeggianti che trascorrono tranquillamente le giornate, nella frescura degli alberi secolari, a respirare aria pura e a bere le fresche acque dalle sue belle fontane. La montagna è particolarmente attrezzata: si trova, infatti, un ampio Chalet comunale aperto al pubblico, la torretta di avvistamento, panche, tavoli, sedili in legno, un parco giochi dove i bambini possono tranquillamente giocare. Sulla spianata antistante la faggeta, a circa 700 m di altezza, sorge l’elegante Ostello della gioventù che dispone di oltre 50 posti letto e di una visione panoramica che abbraccia l’intera valle dell’Angitola fino al Mar Tirreno, al Castello Normanno di Vibo Valentia, all’Aspromonte e all’Etna.

Tante anche le manifestazioni che animano la vita di questo borgo: la festa di Sant’Enrico imperatore, nella frazione Cellia, il 13 luglio, la Festa del Buon Consiglio, nella frazione Menniti, la II domenica di agosto, la Festa di San Rocco, che si tiene nella frazione Trecroci, il 16 agosto, la festa dell’Immacolata che si tiene invece nella frazione Poliolo, la quarta domenica di agosto, la Festa di Santa Croce, che si tiene nell’omonima località, la terza domenica di settembre, la Festa di Loreto, che si svolge nella frazione Trecroci, la quarta domenica di settembre e poi ancora l’estempoanea di pittura e la Mostra dell’artigianato artistico oltre ad alcune sagre.

Polia, un tempo paese di grandi artigiani, oggi ricava molti prodotti dalle coltivazioni agricole. E’ esistito un secolare artigianato del legno che produceva sedie ed oggetti torniti ricavati, questi ultimi, da uno strumento rudimentale chiamato tornio, quali: zufoli, rocche da filare, la vite, canne per la zampogna, trottole, lavamani, pedine per dame, ecc. ecc. Grande interesse suscitano le proprietà curative dell’acqua imbottigliata presso lo stabilimento Certosa. Dall’allevamento dei maiali si ottiene il salame casereccio ricercato in tutta la Provincia. Nel bosco si trovano grandi quantità di funghi e vasta disponibilità di legname. Il primato, comunque, è detenuto dalla produzione e diffusione dell’olio d’oliva.

Tutta questa ricchezza che è patrimonio non solo di Polia come è logico ma di tutto il vibonese è a rischio per la grave crisi demografica che ha colpito anche questo borgo. La popolazione è scesa dai 2798 abitanti del 1961 agli attuali 1014 con una perdita netta del 63.7%. Questo calo che non è esagerato definire drammatico, ha poi comportato una profonda trasformazione della composizione strutturale della popolazione di Polia. Il suo indice di vecchiaia ad esempio – dato dal rapporto tra popolazione con meno di 14 anni di età e gli over 65 – ha raggiunto la stratosferica cifra di 425.9 punti (contro una media italiana di 165.3 punti) e il paese tallona Joppolo nella classifica di centro urbano del vibonese con la maggiore percentuale di anziani presenti: il 30.07% (contro una media italiana del 22.3%). Polia inoltre detiene – sempre nel vibonese – un altro record negativo: con il 7.01% è il paese con la più bassa percentule di giovanissimi.

Ma perdere Polia, alla luce dei suoi tesori sarebbe un crimine imperdonabile e costituirebbe un vulnus a tutto il vibonese.

 

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