Febbraio 1669: quando il Papa voleva comprare Nicotera e raderla al suolo dopo l’uccisione del Vescovo.

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Nel secolare scontro che spesso, un po’ in tutta la penisola, contrappose la chiesa con i poteri laici, si inserisce un famoso quanto oramai purtroppo quasi dimenticato episodio storico che riguarda anche la nostra città di Nicotera.

Siamo nella metà del XVII° secolo. La città tirrenica vibonese – secondo quanto ci riferisce l’Adilardi nel suo “Memorie storiche su lo stato fisico di Nicotera” conta 439 fuochi e Ferdinando Ughelli che scriveva ai tempi del vescovo Mons. Cribartio ci dice che la sola città contasse duemila abitanti. La presenza della Chiesa si faceva sentire sopratutto nel campo dell’educazione, dato che con decreto di Papa Innocenzo X° del 19 febbraio 1654 era stato eretto – sotto il vescovato di Mons Ercole Coppola – il Seminario.

Nell’apatia del laicato quindi, la chiesa si ergeva contro i Re, i principi e sopratutto con i baroni locali e già pochi anni prima – giusto per citare un episodio – un Sinodo Diocesano aveva scomunicato il Governatore della città che si era permesso di percuotere e arrestare un canonico. Ma non sempre la Chiesa era in grado di opporsi alle pretese dei nobili. A svelarlo infatti, è un altro episodio, quando cioè venne sottoposto alla Sacra Congregazione dei Riti, il caso della Principessa dell’Ariccia che, per l’indolenza del Vicario Capitolare, si arrogava l’uso del baldacchino. Abuso che la stessa Congregazione sanzionò con un Rescritto emanato il 28 settembre 1658.

Ebbene, morto il vescovo, il cosentino Francesco Cribario (1658),  gli successe Mons. Francesco Biancolella. Di famiglia distinta, cittadino e canonico di Aversa. Prese la laurea in ambo le leggi e fu destinato alla sede vescovile nicoterese, il 22 agosto 1667.

Sotto il suo vescovato, la lotta tra le fazioni si intensificò e coinvolse anche la chiesa locale. Un primo grave episodio – che ci riporta sempre l’Adilardi – accadde il 7 giugno 1668 quando alcuni gli buttarono giù, nottetempo, la porta del suo palazzo.

Tutta questa situazione derivava – secondo il Corso – dagli uggiosi rancori esistenti tra i sacerdoti di Filocastro Giuseppe Razza, Erario della Duchessa delle Noci, signora utile di Nicotera e Giuseppe Corso, Erario del Duca di Monteleone, signore di Filocastro. Monsignor Biancolella invece di ergersi tra le parti commise l’errore di prendere con sé il Corso invece di sollevarlo dall’Ufficio di Vicario, cosa che indispettì molto i Razza i quali, sobillati dalla Duchessa abbatterono, come si è detto innanzi, la porta dell’Episcopio.

Resisi poi più audaci – nonostante il processo istruito contro di loro presso la Curia vescovile – pervennero così all’idea di attentare alla vita del Corso stesso.

Era il mattino del 7 febbraio 1669, quando sia il Vescovo che il Corso, reduci dalla Santa Visita, stavano transitando in lettiga per la strada detta allora dell’Annunziata. Giunti alla cosiddetta Porta di Mezzo, vennero aggrediti a colpi di fucile. Il caso volle però che il Corso rimanesse solo ferito alla spalla mentre il Vescovo fu colpito in pieno petto. Fu il popolo a soccorrere il prelato, il quale però giunto nel palazzo vescovile, ormai moribondo, spirò.

Saputo dell’incredibile accaduto, Papa Clemente IX° con Breve del 20 febbraio 1669 commise al Vescovo di Ferentino, l’istruzione del processo emanando Bolla di scomunica contro gli uccisori del prelato e inviando sul posto, quale Commissario Apostolico, Consalvo De Filippis.

Fu proprio costui a salvare la città in quanto il pontefice la voleva comprare e raderla al suolo. Per fortuna, puniti gli autori del misfatto, lo stesso Papa Clemente IX° fece grazia alla città e promosse a questa sede il frate Francesco Aricò da Monforte.

 

 

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