Bellissima e interessante iniziativa quella che si è tenuta oggi presso la sede dell’Ordine provinciale degli architetti (che non è certo la prima volta che si distingue in effetti, in attività di grande respiro culturale) e cioè la presentazione del libro dell’antropologo Vito Teti – “Quel che resta. L’Italia dei paesi tra abbandoni e ritorni”.
Dopo i saluti di Caterina Ostone che ha fatto le veci del presidente dell’Ordine arch. Nico Dontato (assente giustificato per altri impegni) ed ha presentato l’iniziativa in questione nata dalla collaborazione tra l’Ordine e la Fondazione dell’Ordine stesso, è toccato all’arch. Fabio Foti illustrare il progetto culturale alla base del programma di iniziative e appuntamenti definito per tutto l’anno in corso, sottolineando brevemente, alcuni aspetti del volume che lo hanno colpito tra i quali l’approfondimento della dicotomia tra agglomerati urbani (sempre più grandi) e lo spopolamento delle aree interne e la fatica del restare con l’idea dell’accoglienza sei nuovi poveri anche per il recupero di un nuovo senso dei luoghi.
E’ toccato poi al preside, prof. Giacinto Namia rileggere criticamente le opere di Vito Teti, soffermandosi sul concetto della “restanza” e su quelli che ha definito tre elementi essenziali del libro: le schegge, i vuoti e le ombre.
A seguire, il prof. Ottavio Amaro, docente di composizione architettonica presso l’Università Mediterranea di Rggio Calabria che ha invece sviluppato un interessante relazione partendo dalla condizione struggente dell’abbandono per poi evidenziare alcuni concetti chiave: il moderno incompiuto in Calabria; la cultura vincolistica che ha musesealizzato i centri storici; l’idea del progetto di Architettura legato alla trasformazione; il turismo come arte dei luoghi.
Infine l’autore del libro, il prof. Vito Teti che ha raccolto le molte sollecitazioni ribadendo alcuni concetti contenuti nel libro, ma anche declinando altri ragionamenti su diversi temi: l’impossibilità di poter recuperare tutti i centri storici della Calabria; il periodo storico della modernità saltato completamente dalla Calabria con il passaggio diretto alla post modernità; il non corretto rapporto tra antico e moderno; la politica che si deve interrogare oggi su quale modello di sviluppo serva alla Calabria. Vito ha concluso dicendo che “restare” non è un atto di eroismo, ma che abbiamo il dovere etico di pensare a come abitare diversamente i nostri luoghi.
“Particolarmente interessante alla fine- non ha mancato di rilevare lo stesso Fabio Foti – il dibattito che ne è scaturito con numerosi e qualificati interventi di colleghi che hanno impreziosito una giornata che rimarrà negli annali delle iniziative del nostro Ordine”.
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