“Russia gate” assolve Trump ma chi festeggia è Putin

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Il report di Mueller, che in pratica assolve Trump dall’accusa di “collusione” con Putin, nell’ambito del “Russia-gate”, consentirà alla Casa Bianca di raggiungere intese col Cremlino alla luce del sole. La notizia più importante non è solo quella che Trump non rischia più l’impeachment. No, la conseguenza immediata del “deposito” delle indagini sul cosiddetto “Russia-gate” è che, da domani, la politica estera americana non avrà più bisogno di lavorare sotto traccia, avventurandosi in giri di valzer, tuffi carpiati e intese “dette e non dette”. La cosiddetta “diplomazia parallela”, che sigla accordi “asimmetrici”, ma poi li sbugiarda (sulla carta), vedrà la riproposizione di un asse privilegiato tra Mosca e Washington, cioè tra Donald Trump e il suo vecchio compare d’anello: Vladimir Vladimirovich Putin. E tutto questo senza che il Presidente Usa rischi le terga, esponendole al fuoco incrociato dei suoi millanta nemici.

Il capo della speciale Commissione d’indagine, Robert Mueller, dopo avere spidocchiato per due anni tutti i documenti possibili e immaginabili, non è riuscito ad “affondare” la corazzata repubblicana, durante la sua personalissima battaglia navale, per la quale faceva il tifo tutto l’universo democratico. E non solo. E’stato solo capace di colpire qualche nave di medio tonnellaggio, diversi pescherecci, tre o quattro sciabiche e un paio di caicchi. Ma il cuore della flotta trumpiana è rimasto a galla. E ora ci sarà bisogno di erba per cento cavalli, per tacitare le sparate di un Presidente che si sentiva sotto attacco, ma che ne è uscito col pedigree immacolato, come quello di un novizio francescano.

Insomma, alla fine di cotanta indagine del piffero, Trump fa la figura di Braccio di Ferro dopo una scorpacciata di “boites” di spinaci. Certo, la stampa americana ha più di una colpa. Avendo spacciato per “rumors” terribili (e attendibili) quelle che ora sembrano solo chiacchiere curtensi. Da vecchie comari. E siccome ogni rivoluzione fallita apre la strada a una restaurazione di cemento armato (come la “cabeza” di Donald), da ora in poi possiamo aspettarci di tutto e di più. Come userà la Casa Bianca questa sorta di semaforo verde sull’autostrada che porta al Cremlino? Noi ci aspettiamo che ingrani la quarta e che, senza più fastidiosi ostacoli “domestici”, raggiunga con Putin intese a tutto tondo. Globali e tali da farle spendere di meno in “sicurezza” e di massimizzare, invece, gli introiti della sua guerra mondiale commerciale con la Cina.

Nel mondo tripolare che si va delineando, e dove l’Europa è destinata a fare la figura del due di coppe quando la briscola è a bastoni, se Washington e Mosca riusciranno a spartirsi in anticipo i pani e i pesci, Pechino dovrà inseguire trafelata. E anche “trifolata”, data la notevole potenza di fuoco (finanziaria e mercantile) dei vecchi nemici, che si confrontavano a colpi di bombe atomiche. E che ora, invece, guardano agli “stock exchanges”, al mercato delle “commodities”, dei “raw materials” e al contrabbando di tecnologie di ultima generazione con un occhio di sguincio, ma concupiscente.

Metteteci pure l’energia e, per parafrasare a sghimbescio la fantasia di Hans Christian Andersen, alla fine tutti vissero “infelici e scontenti”. Cioè, e lo ribadiamo, energia, materie prime, semilavorati, prodotti complessi (hardware e software informatici, chimica fine, meccanica di precisione e via discorrendo) sono le chiavi per spartirsi il pianeta. Specie quando il concorrente più temibile si chiama Cina. Capito, ora, perché gli accordi dell’Italietta sulla Via della Seta hanno fatto imbufalire i padroni del vapore? Quindi, ricapitoliamo. Le indagini di Sherlock Holmes-Mueller, che sembrava stesse approcciando i misteri delle brughiere di Dartmoor, descritti nelle pagine del Mastino dei Baskerville, sono più prosaicamente diventate un quiz da Settimana enigmistica. Un divertissement.

Chi aveva sperato di accendere il fuoco sotto la poltrona di Trump, nello Studio Ovale, adesso deve cambiare strategia.Il Presidente è attaccabile su molti fronti, ma su quello legale bisogna soppesare i fatti col bilancino del farmacista. Gli Stati Uniti non sono l’Europa. Anche la presunta “ostruzione” in atti giudiziari sembra avere un background deboluccio. Gli scambi di favori “diplomatici” col Cremlino ci sono stati e, adesso, ci saranno meglio di prima. Medio Oriente, Africa (in funzione anti-cinese) Asia Centrale, Sud-Est asiatico e bacino del Mediterraneo sono le macro-aree di crisi dove le “cointeressenze” tra Mosca e Washington potranno trovare terreno fecondo d’intesa. Altro che Russia-gate…

in collaborazione con remocontro.it, fonte Piero Ortega

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