Cina. La Via della Seta e il Coronavirus. Con l'analisi della Teo Intelligence per comprendere gli aspetti escatologici attuali. Cina. La Via della Seta e il Coronavirus. Con l'analisi della Teo Intelligence per comprendere gli aspetti escatologici attuali.

Cina. La Via della Seta e il Coronavirus. Con l’analisi della Teo Intelligence per comprendere gli aspetti escatologici attuali.

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Il “Dragone Rosso”, la Cina, ha già guadagnato una solida posizione nel mondo, per via del controllo che esercita nell’economia e nella finanza. Con le nuove vie della seta, quella terrestre e quella marittima, ha ormai lanciato il suo progetto espansionistico copiando il progetto del Nuovo Ordine Mondiale americano, ma a guida Cinese. La caduta del muro di Berlino nel 1989 ha decretato la fine del mondo in due blocchi contrapposti e bipolari, cogliendo, gli americani, la palla al balzo per iniziare a lavorare ad un mondo a guida unipolare e, quindi, con una visione anarchica dei nemici opponendosi alla loro organizzazione gerarchica, alfine di allineare sempre più nazioni alla globalizzare. Ma come tutte le cose, l’uomo, e così la storia americana, non è mai in grado di guidare gli ambiziosi progetti più grandi di lui entrando il tutto prima o poi, inevitabilmente, in crisi. Viviamo in una fase storica in cui una potenza a lungo dominante (gli Stati Uniti) deve fronteggiare una potenza emergente (la Cina).

Le guerre commerciali in atto, sono figlie anche della superficiale inclusione della Cina nel WTO permessa da Clinton nel 2001, senza pretendere impegni di trasparenza, reciprocità e allineamento ai parametri ecologici e di salvaguardia ambientali adottati nei trattati occidentali. Ma neanche è stata chiesta alla Cina nel WTO, di divenire una economia di mercato permettendole di fare dumping, vendendo i suoi prodotti nell’autonomia di stabilire in teoria tutti i prezzi che vuole, scompensando l’economia globale con salari a basso costo e merci a basso prezzo di mercato. In termini di commercio globale i consumatori di tutto il mondo ci hanno guadagnato con i prodotti cinesi a basso costo, ma i produttori locali sono sul lastrico costretti a chiudere o delocalizzare.

“La Cina ha distrutto l’America” è stato lo slogan vincente che ha trasformato Donald Trump nell’attuale presidente eletto e, la Cina, a sua volta, avrebbe distrutto l’America proprio nascondendo le sue truppe nel cavallo di Troia del Wto. La bilancia commerciale cinese – cioè la differenza tra import ed export – è risultata positiva nel 2018 per oltre 755 miliardi di dollari. La Cina ha esportato per 2.631 miliardi ed ha importato per 1.876 miliardi. Ma se letta al contrario in termini teorici la Cina, ipotizzando un blocco di un anno per colpa del Coronavirus, farà subire un danno all’occidente di 1.876 miliardi e la stessa avrà un vantaggio di 2.631 miliardi per non aver speso nelle importazioni, sfamando con mezzi interni il popolo che non si lamenterà perché sotto pressione dell’emergenza Coronavirus. Altresì, non fornendo merci ai produttori interni costretti a ridurre le lavorazioni e le relative distribuzioni, risulterà un apporto per rimanenze di liquidità interna a scapito del commercio estero, il cui scompenso sarà comunque attenuato dalla minore richiesta interna compensata dalla necessità emergenziale richiedendo minori consumi. Al contrario nelle nazioni industrializzate occidentali, ad economie globalizzate e di trasformazione, ricche ed opulente, l’identico anno mancante di materie prime, sarà devastante sotto tutti i punti di vista. Ma la Cina mira a ripartire prima di tutti sull’effetto Corovavirus, divenendo così molto competitiva e distruttiva nei confronti della debole economia occidentale.

Il “Dragone Rosso” è altresì avvantaggiato dal fatto di aver già guadagnato una solida posizione nel mondo globalizzato, per via del controllo che esercita sulla finanza, sulle materie prime, nell’espansionismo in Africa e nel mondo tramite le nuove Vie della Seta che, viste le condizioni analizzate, sarebbe più corretto chiamare “Vie della Vasellina”, un unguento da usare contro il dolore di una nuova via di sviluppo generata a favore esclusivo della Cina all’interno di un occidente sempre più in affanno e in declino. Più che un progetto da realizzare, appare agli analisti seri, come un progetto di imporsi psicologicamente al mondo come la superpotenza che intende dominare con una visione multipolare anzichè quella di un Nuovo Ordine Mondiale  unipolare a guida del Deep State USA.

Sulla globalizzazione la Cina ha preferito la strategia dell’attesa dinamica, stando sull’altra sponda del fiume Eufrate, attendendo che il corpo del nemico passi esausto o morto. Le attività produttive in occidente sono state costrette a delocalizzare per mantenere profitti, ma, irresponsabilmente, senza provvedere a delocalizzare anche l’esportazione di modelli di sviluppo e di progresso a tutela dei lavoratori e degli ambienti di lavoro, eludendo la verifica sul posto dei fattori di rischio ambientale, sanitario e sociale che una normale Intelligence biologica interna aziendale avrebbe invece dovuto adottare con le opportune contromisure perché, altrimenti, come sta succedendo con la diffusione del Coronavirus cinese, il rischio aziendale diviene elevatissimo e, alla fine del 2020, si troveranno con una produttività grandemente ridotta e con un grave danno per le aziende stesse. Una strategia di stritolamento che l’establishment cinese, giocando in casa, conosce alla perfezione seppur irresponsabilmente, ma il fine di una egemonia dell’internazionale comunista cinese, giustifica i mezzi.

Xi Jinping, è un leader ambizioso, potente e spregiudicato, mentre Trump è a volte pragmatico, cinico, impulsivo e poco diplomatico; due caratteri e personalità diverse che se dovessero malauguratamente interrompere il dialogo sui dazi e sugli embarghi reciproci, potrebbero provocare conseguenze devastanti sullo scacchiere globale.

Storicamente, quando una potenza in ascesa interagisce con una potenza preesistente, la guerra è inevitabile. Cina e America sono ai ferri corti e molti commentatori paragonano i due come vittime della Trappola di Tucidide. Invece non è così perché se tra l’inferiorità di Atene e la superiorità di Sparta vi era una visione filosofica, politica e militare similare, tra America e la Cina è tutto diametralmente opposto.

La Trappola di Tucidide è espressione di una visione squisitamente occidentale e non cinese. Gli americani sono per una visione della politica internazionale anarchica, mentre i cinesi culturalmente legati alla tradizione del cosiddetto ordine confuciano, sono geneticamente  portati all’ordine gerarchico. L’analisi, quindi, della Trappola di Tucidide, non va fatta sulla strategia che ne sarebbe la causa, bensì sull’effetto che si verificò in una epidemia nella popolazione ateniese che, affollata per lungo tempo dietro le Mura, fu facile preda di un patogeno, un virus, che falcidiò la popolazione di Atene, uccidendo lo stesso Pericle, conducendola allo sfaldamento morale e a feroci lotte intestine. Una “catastrofe” dalla quale Atene non si sarebbe più ripresa. Quanto accadde allora induce a guardare la crisi attuale dal punto di vista della salute dei cittadini, ponendo domande se il Coronavirus possa essere un’arma per una possibile sottile e cinica guerra batteriologica? Un 11 settembre cinese utile a diffondere la propria influenza in territori nemici, diversamente militarmente invalicabili? La Cina potrebbe essere una vittima consenziente della Trappola di Tucidide? Tre domande emblematiche ma nello stesso tempo piene di tragiche probabilità.

A Wuahan vi è il centro sperimentale militare di ricerca sui virus e, ufficialmente, a partire dal 1° gennaio a Wuhuan è scoppiato il Coronavirus riscontrando inizialmente che meno del 10% dei casi identificati è stato al mercato generale. Oltre il 90% si è infettato per via interumana. Ma più del 70% dei casi non ha avuto contatti con persone che presentavano sintomi respiratori, è perciò assai probabile che in più del 70% dei casi la sorgente sia stata un soggetto asintomatico. Quindi, la quarantena potrebbe non  funzionare.

L’ambasciatore della Cina negli Stati Uniti Cui Tiankai, in risposta a poche e insignificanti voci, ha definito “assolutamente assurdo” il fatto secondo cui il nuovo Coronavirus sia stato progettato come un’arma biologica. Verrebbe maliziosamente in mente una vecchia locuzione latina: “Excusatio non petita, accusatio manifesta”. “A pensar male, si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” affermava un noto leader politico italiano della prima repubblica.

Il virus è comparso cinicamente e in maniera propizia durante la fase di un momento storico che ha visto nei mesi precedenti l’acuirsi di movimenti di piazza per l’indipendenza e i diritti di Hong Kong e Taiwan. Un fatto di rilevanza strategica, politica e militare, che non è passato inosservato negli ambienti del Pentagono e alleati della Nato. Questi movimenti di indipendenza hanno molto irritato il presidente cinese, lo stesso che nel 2018 ad appena 65 anni, si è fatto nominare dal parlamento presidente a vita della Repubblica Popolare Cinese, cioè, un giovane Sovrano e Imperatore, con totali poteri politici e militari. Al presidente Xi Jinping per tale posizione da Sovrano assoluto, gli viene concesso di risolvere la grave situazione del Coronavirus, con il facile arresto di una decina di gerarchi di partito e militari, incolpandoli di non essere stati in grado di adempiere al proprio dovere, potendosi così concentrare esclusivamente sulla delicata strategia estera.

L’11 febbraio 2020 in piena diffusione del Coronavirus, si è votato a Taiwan con la scontata e ampiamente prevista vittoria della presidente uscente Tsai Ing-wen. Un trionfo politico al 57% che l’ha entusiasmata a tal punto da dichiarare “La Cina deve abbandonare la minaccia della forza. La Taiwan democratica e il nostro governo eletto democraticamente non cederanno alle minacce e alle intimidazioni: i risultati di queste elezioni hanno reso chiara questa risposta”. Alla domanda se il risultato sia stato il frutto di una scelta tra la Cina o gli Usa, Tsai ha replicato che l’esito elettorale è “una scelta per la libertà e la democrazia”.

Lo scontro è ormai frontale. La Cina si è concessa fino ad oggi su Taiwan e Hong Kong, con un compromesso di tolleranza tenendo fermo il principio di “una sola Cina” aderendo strategicamente alla riunificazione pacifica e al modello “un Paese, due sistemi”, salvaguardando con forza la sovranità nazionale e l’integrità territoriale, mentre invece dall’altra parte prevale la voglia di indipendenza dalla Cina. Pechino da una parte mira alla repressione dei diritti umani con il pugno di ferro su Hong Kong e, dall’altra, batte sul tasto del patriottismo con circospezione, cercando di evitare derive estremiste. Ma se saltasse il principio «una sola Cina», la superpotenza statunitense e il suo principale sfidante non avrebbero più le mani legate. Taiwan e Hong Kong cesserebbero di essere considerate da Washington questioni interne alla Repubblica Popolare. Crisi che potrebbe anche risolversi, extrema ratio, con la dura repressione delle manifestazioni hongkonghesi e con la dichiarazione d’indipendenza da parte di Taipei. A quel punto si aprirebbero scenari, anche militari, su cui nessuno può oggi esprimere certezze.

La sovrapposizione tra la propagazione del Coronavirus al di fuori dei confini cinesi e l’estromissione di Taiwan dall’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile e dall’Organizzazione mondiale della sanità ha l’effetto di tagliare fuori Taipei dalle decisioni e dagli aggiornamenti riguardanti una crisi che la riguarda direttamente. Pechino si mostra più interessata alla riaffermazione del principio “una sola Cina” che alla soluzione di un’epidemia scoppiata nei suoi confini internazionalmente riconosciuti.

Gli analisti strategici non possono non pensare che la Cina non permetterà mai di perdere la sovranità su Hong Kong e Taipei perché sanno che sarebbe l’inizio della sua fine. Per cui valutare l’ipotesi drammatica e disperata del “muoia Sansone con tutti i Filistei” tramite la diffusione del Coronavirus non accidentale, è da considerare una probabile soluzione, una ipotesi percorribile seppur con qualche correzione e salvaguardia interna. Accarezzare la diabolica idea di innescare in casa una guerra batteriologica alfine di apparire come la principale nazione vittima tra vittime minori in altre nazioni, è un fatto plausibile nella logica della strategia militare, consapevole del danno di vite umane, economico, commerciale e finanziario che tale ipotesi strategica può esercitare in casa, ma devastante  sarà nei paesi “nemici” occidentali già in crisi economica e finanziaria da oltre un decennio.

Ad un danno generale massimo ipotizzato a base 100, se il livello in una Cina con sole regole interne è 10, corrisponde un danno 50 in un occidente organizzato e regolato da norme e trattati con alleati e organizzazioni atlantiche. Una prima ipotesi già grave economicamente e politicamente, ma se il danno in Cina sale a 30 il danno in Occidente è 90, cioè un crollo economico, finanziario e bancario, assicurato. La Cina ha immense risorse investite in titoli di Stato occidentali e azioni in societarie strategiche e nessuna pressione politica, stante l’attuale gravità sanitaria interna cinese, potrà essere sufficiente per far desistere la Cina dal non rinnovare gli acquisti a scadenza. Ciò provocherà un crollo di liquidità e di indebitamento spaventosi in tutto l’Occidente ma non in Cina che rientrerà della sua liquidità, vedendo però vantaggiosamente piegare ad uno ad uno, le nazioni a forte indebitamento specie se in Titoli di Stato: Grecia, Italia, Spagna, Francia, Germania, ecc. La Cina sarà disposta a rompere il vaso comune della globalizzazione per investire in una alleanza tra paesi BRICS, consapevolmente convinta che alla fine sarà l’unica a raccogliere i maggiori cocci e a ricomporre il vaso ripartendo così, da un punto di forza egemone?

La domanda è intrigante, ma la risposta è drammaticamente positiva. Lo scenario attuale è tutto a favore della Cina di Xi Jinping. Una situazione che, se realizzata, non mancherà di allettare la Russia, specie se dovesse non essere rieletto Trump, creando un fronte bipolare incredibilmente forte e solido contro l’Occidente, l’America e la Nato. In Occidente, di sicuro, non mancheranno i “Giuda Iscariota” pronti a vendersi per 30 denari a favore del blocco Cina-Russia, individuabili tra quelli già compromessi in complotti e strategie da super élite mondiali, ritenendosi tanto furbi e immortali, quanto utili idioti. Dal punto di vista della Teo Intelligence, tutta l’analisi è drammaticamente in linea con le sacre scritture che profetizzano il Dragone Rosso cinese e l’Orso russo alleati per imporsi su 1/3 dell’umanità, non prima di aver attraversato l’Eufrate, un evento già fatto tramite l’instaurazione appunto, della suddescritta Via della seta, meglio definita se intesa come Via della Vasellina” per il blocco occidentale inetto e corrotto. Una analisi escatologica che riguarda l’Occidente monoteista e unipolare e non la Cina atea e comunista ma economicamente multipolare che, forse, subirà il fato senza rendersi conto dell’esistenza di un mondo spirituale che, anche se ignorato, aleggia inesorabile in maniera nefasta sulle scelte di Xi Jinping. Il vero nemico sta in quella manina nascosta e nefasta con la quale opera il Deep State deviato e pervasivo che mira a dominare la scena globale per destabilizzare. Uno Stato canaglia negli Stati corrotti con mire escatologiche e di dominio nello scibile umano del quale, Xi Jinping, Putin e Trump potranno liberarsene se capiranno che è solo e soltanto questo Deep State deviato e pervasivo, il loro vero nemico che incombe sull’intera umanità. Molti sono i segni e i gesti che lasciano intendere ad una intesa in tal senso tra questo triumvirato, ma altrettanto forti e imponderabili sono le mosse del Depp State che comunque arranca alla luce dei recenti scandali del Russiagate e del Pizzagate che vedono coinvolte le figure apicali dell’establishment legato al Deep State coinvolgendo governi e governanti che presto dovranno rendere conto delle proprie malefatte.

Davanti ad una emergenza mondiale sanitaria, la superiorità militare di chicchessia, in questo contesto, viene messa in disparte perché ininfluente. Il Coronavirus può uccidere indiscriminatamente migliaia e milioni di esseri viventi, ma come tutte le armi batteriologiche, non serve per distruggere obiettivi militari o per vincere una guerra. Non è un’arma strategica ma un’arma di terrore, di panico e fascinazione, come fu il Cavallo di Troia, che fece e farà fare alle popolazioni emotivamente assoggettate, un primo lavoro di indebolimento e penetrazione nelle difese interne, per poi passare al lavoro sporco finale di devastazione e di destabilizzazione in casa altrui per imporre una cyber dittatura per il controllo mondiale.

Un progetto che si scontra con la visione escatologica di un mondo che deve assistere alla Parusia e non al sopravvento del male.

Continua.

Fonti varie

Antonio Leonardo Montuoro, Analista di Teo Intelligence – Socio del SOCINT-Società Italiana di Intelligence

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