Si è svolto presso lo Spazio Open  a Reggio Calabria  un incontro sul tema “Le Costituzioni inattuate nel rapporto con la nostra Costituzione del 1948”.

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Si è svolto presso lo Spazio Open  a Reggio Calabria  un incontro sul tema “Le Costituzioni inattuate nel rapporto con la nostra Costituzione del 1948”.

Evento fortemente voluto e organizzato dall’Associazione Culturale Anassilaos nel Centenario della  Carta del Carnaro, promulgata l’8 settembre del 1920 a Fiume durante gli ultimi mesi dell’impresa fiumana.

Ha relazionato il Prof. Antonino Romeo.

La  conversazione è disponibile  a partire da oggi sul sito facebook di Anassilaos e su You Tube.

La nostra Costituzione del 1948, quella francese del 1946 e la Grundgesetz, la “Legge fondamentale” tedesca del 1949, nacquero – ha affermato il relatore – tutte dalla volontà di voltare pagina rispetto al totalitarismo che aveva reso possibili gli orrori della Seconda Guerra mondiale. In questo senso ha detto bene Piero Calamandrei che il fondamento della nostra Carta va ricercato nell’antifascismo, inteso come mondo valoriale opposto a quello totalitario e rivolto, invece, a valorizzare e tutelare i diritti della persona prima che quelli dello Stato ed a collocare lo Stato stesso in una rete di rapporti con le organizzazioni sovranazionali, per limitarne gli obiettivi di onnipotenza. Pur partendo da questo dato di fondo, però, è anche vero che nella Carta del 1948 è possibile ravvisare tracce di quelle “Costituzioni inattuate”, emanate cioè in articulo mortis da regimi politici prossimi all’estinzione, ma desiderosi di lasciare un segno della loro progettualità politica. Già la Costituzione della Repubblica partenopea del 1799 affermava che gli eletti rappresentavano la Nazione e che non avevano vincoli di mandato; riconosceva l’autonomia del potere giudiziario, stabiliva che nessuno poteva essere sottratto al suo giudice naturale, escludeva la censura sulla stampa e sanciva l’inviolabilità del domicilio. Ancora più evidente è il rapporto con la nostra Carta della Costituzione della Repubblica romana del 1849, dove si afferma che la sovranità appartiene al popolo e che il popolo di Roma è organizzato in Repubblica democratica. Si esclude la pena di morte o provvedimenti di confisca, si riconosce libertà di culto, si tutela ogni forma di libertà personale e si attribuisce alla Repubblica il compito di promuovere il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini. Di particolare interesse poi è la Carta del Carnaro, presentata da D’Annunzio a Fiume nel settembre 1920, perché stabilisce l’assoluta uguaglianza di tutti i cittadini, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione”; attribuisce alle donne il diritto di voto, le equipara agli uomini per il servizio militare, riconosce l’autonomia dei Comuni, legittima la proprietà, ma ne riconosce la funzione sociale e pone ad essa dei limiti. Anche la Repubblica Sociale Italiana cercò, senza riuscirvi, di darsi una Costituzione, ma nel progetto redatto da Carlo Alberto Biggini si trova un sorprendente articolo 7 che anticipa quasi alla lettera il corrispondente articolo della nostra Costituzione sulla regolamentazione dei rapporti con la Santa Sede. E’ interessante notare come l’articolo 39 della nostra Carta, quello sui sindacati e sulla contrattazione collettiva, e l’articolo 99 sull’istituzione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il CNEL, trovino il loro fondamento nella precedente normativa corporativista del fascismo. Tutto questo per dire che, sia pure in un quadro di grande e decisiva novità, nella nuova Italia libera e repubblicana si sviluppavano filoni e concetti che venivano da altre esperienze, perché l’identità di un popolo è data sì dalla sua storia, ma questa va considerata nella sua interezza, senza preclusioni e cesure: sono molteplici i fili di un arazzo, non tutti hanno la stessa consistenza e la stessa visibilità, ma tutti concorrono insieme a realizzare l’immagine complessiva.

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